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Il Convento di San Francesco dei Minori Osservanti
si erge maestoso su una collina ad Est dell'abitato di Tursi a 260 metri s.l.m.
La sua fondazione fu voluta dal vescovo, nativo di Tursi,
Giacomo Casciano, con l'appoggio finanziario fornitogli dal conte
Niccola, fece richiesta al Pontefice Eugenio IV, che con bolla del 1441
ne autorizzava la costruzione.
Alla pratica costruzione, oltre alla munificenza del conte Niccola, concorse
anche la generosità di tutti i Tursitani.E' stato uno dei primi conventi francescani
della Basilicata esso fu anche uno dei più
importanti. L'importanza di questo istituto religioso
è confermata dal soggiorno che in esso ebbe il Ministro Generale dell'Ordine
dei Minori, Francesco Lichetto, il 3 settembre 1519 in occasione della sua prima
visita alla provincia monastica di Basilicata, istituita due anni prima nel 1517.
Fin dalle sue origini ha ospitato un noviziato, un professorato, uno studio di
filosofia e teologia, vi si è contata sempre la presenza di circa 20 frati e di
oltre cento allievi fra novizi e studenti vari.
Nel 1609 venne ampliato nella parte che guarda a Sud-Est e dotato di un'ottima
biblioteca con i proventi derivanti dall'alienazione dei beni che i nobili
tursitani Possidonio Rota e suo figlio Francesco avevano lasciato al convento.
Tale lascito ricevette anche il beneplacito del cardinale Pompeo d'Aragona,
protettore dell'Ordine dei Minori Osservanti e del Vicario Generale dell'Ordine
stesso, padre Angelo di Aversa. Nella prima metà del secolo XVII, il convento
diventò seminario di tutte le arti liberali.
Il numero dei frati nel convento fu quasi sempre costante fino al 1806,
quando, durante la dominazione dei Bonaparte, vennero soppressi gran parte
degli ordini religiosi. I frati, il 14 febbraio del 1807, abbandonarono il
convento, che fu poi occupato dai soldati francesi, che vi dimorarono per
alcuni anni e bruciarono la famosa biblioteca.
I religiosi vi poterono tornare nel 1818 in seguito alla riconquista del
Regno delle due Sicilie da parte di Ferdinando IV. Il terremoto del 1857
causò gravi danni al convento, che fu poi restaurato a spese della Mensa
Vescovile di Tursi, sotto la direzione del maestro muratore Emanuele Vozzi.
Dopo l'unificazione del Regno d'Italia, il convento accolse anche i briganti
che, con la solidarietà dei frati, vi trovavano sicuro rifugio. Ancora una
volta soppresso con la legge 7 luglio 1866, il convento venne adibito dal
Comune a luogo di sepoltura dei defunti e ciò durò fino al 1894, quando il
Comune stesso si dotò di un vero e proprio cimitero.
Intanto, il Sindaco del tempo, Giacomo Ginnari Satriani, vendeva il convento
con annesso terreno a Monsignor Daniele Virgallita arcidiacono della
Cattedrale di Tursi con atto
stipulato in Tursi l'8 aprile 1892 dal notaio Giuseppe De Stefano.
Verso la fine del 1894 monsignor Virgallita, dopo aver apportato
le necessarie riparazioni, chiamò nel convento le suore "Margheritine
Francescane" che si occupavano dell'educazione delle fanciulle orfane, di
altre in particolare stato di bisogno e anche delle figlie delle principali
famiglie. Agli inizi di questo secolo, andate via le suore, tornarono i frati
Minori Osservanti, i quali vi stettero sino al 1909. Intanto, monsignor
Virgallita, a causa dei troppi debiti gravanti sul convento, aveva dovuto
alienarlo: una parte al fratello don Pasquale De Vito da Grassano, il 9
aprile 1901 e la rimanente parte al sacerdote don Rocco De Felice.
Successivamente, il 28 luglio del 1926, il sacerdote De Felice vendette
la sua parte al già citato De Vito che divenne unico proprietario del
convento e dell'annesso terreno. Restavano di proprietà della Chiesa la
cappella, il campanile ed alcuni vani detti "Casa del Virgallita
Durante il suo episcopato turbinato (1947-1957), monsignor Pasquale
Quaremba si è rivolto spesso agli eredi del De Vito per acquistare
alla Chiesa il convento. All'epoca l'edificio era ancora in buone
condizioni, necessitando solo di piccole riparazioni. Da allora,
fino agli anni Sessanta, unico segno di vita del convento è stata
la festa di Sant'Antonio celebrata ogni anno il 13 giugno dal parroco
della Chiesa di Santa Maria Maggiore in Rabatana, don Salvatore Tarsia,
con vasta partecipazione di popolo. In quegli anni il convento conservava
ancora arredi sacri, qualche statua ed erano completamente agibili e funzionanti
la chiesa, il campanile ed il coro. Atti vandalici ed il logorio del tempo hanno
malridotto l'intero plesso sino al crollo della parete Sud ed hanno prodotto grosse
lesioni in altre parti. Al momento esiste un progetto di recupero e restauro del convento
approvato dalla Regione Basilicata.
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