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Marino BIGARONI

San Damiano - Assisi
La chiesa prima di san Francesco

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Trascrizione, impaginazione e link: M. Mastrorilli, 2001 -

V. DIMENSIONI DELL'INTERVENTO DI S. FRANCESCO A S. DAMIANO

A conclusione di quest'indagine sul complesso architettonico di S. Damiano, provo ad ordinare i nuovi elementi emersi nella sintassi di una nuova lettura quale è venuta emergendo a mio avviso, provando e riprovando. Lettura che oltre a dare le dimensioni dell'intervento di s. Francesco, ne rivela anche i propositi innovatori che incideranno profondamente nell'architettura chiesastica dei secoli successivi.
È mio convincimento anzitutto che l'intervento di Francesco a S. Damiano fu duplice, o meglio, avvenne in due tempi. Un primo restauro il santo lo curò subito dopo aver udito dal Crocifisso le parole: « Va', Francesco, ripara la mia casa ». Esso però non poté che limitarsi ad un semplice riadattamento piuttosto sommario e d'urgenza. Non aveva allora né il denaro, né ancora la fiducia dei cittadini per fare di più. Di modesta portata sarà stato anche l'intervento alla Porziuncola e a S. Pietro. Più tardi però tornò ad operare a S. Damiano: quando nel 1211/12 si trovò a dover provvedere a Chiara e Agnese. Allora l'intervento fu radicale; si trattò di adattare lo stabile e renderlo idoneo ad una comunità femminile per la quale non sarebbero bastate capanne di stuoie o di rami d'albero imbottiti di felci, come per i frati della Porziuncola. Fu allora che egli chiese ai cittadini che ormai avevano cambiato opinione su di lui e i suoi compagni [91].
È in questo contesto che vanno ricercati gli interventi di Francesco a S. Damiano.
Da tutto quanto s'è detto sopra è stato appurato che:
  • è la chiesa intera (A + B) da farsi risalire ad un tempo molto anteriore, almeno come impianto;
  • l'Oratorio di s. Chiara fu luogo di un'antichissima devozione popolare;
  • sottostante all'Oratorio doveva esserci un altro sacello;
  • il Dormitorio è una semplice soprelevazione più tarda.

[91] Il convincimento di questo duplice intervento è suffragato dal fatto che quando nel 1211 Chiara fuggì da casa, a S. Damiano il monastero non esisteva ancora, se il santo la dovette ospitare prima a S. Paolo delle Abbadesse, poi a S. Angelo di Panso. Furono dunque necessari altri lavori.

Da questo scaturisce che S. Damiano in origine fu una chiesa articolata secondo il solito modulo romanico: presbiterio, cripta, navata. Questa la chiesa che Francesco trovò, su questa struttura intervenne quando volle ricavarne un monastero. Articolata com'era non rispondeva agli scopi a cui doveva servire. Gli occorreva un coro chiuso, non un presbiterio, d'altronde troppo piccolo allo scopo. La chiesa per semplicità doveva essere del tipo delle più povere cappelle rurali sparse ovunque nei dintorni di Assisi (Porziuncola): un unico vano absidato senza altre divisioni o distinzioni. Modulo questo già adottato nei monasteri femminili delle campagne (S. Paolo delle Abbadesse, S. Croce dei Galli, S. Donato di Flebulle, ecc.). Entro una chiesa siffatta il popolo si sarebbe trovato a suo agio, raccolto davanti all'altare senza divisioni, dove il sacerdote, quasi uno di loro, officiava per l'assemblea. Non a caso poi anche le cappelle delle tante Confraternite fiorite nel sec. XIII, ancor prima delle grandi chiese dei Mendicanti, saranno tutte e sempre di questo tipo [92].
L'innovazione fu dura da recepire almeno per le grandi chiese come le basiliche di Assisi, per le quali si ricorse per un certo tempo all'iconostasi; ma un secolo dopo ci si sbarazzò anche di questa.
In concreto, Francesco nel secondo suo intervento a S. Damiano rialzò il pavimento della cripta; ne abbatté le navatelle, sostituite da volta a botte; eliminò il duplice ordine di scale: dal presbiterio e per la cripta; ricavò al piano superiore l'Oratorio in corrispondenza con il catino originale dell'abside, avendo cura di rialzare un poco il livello del pavimento da quello che era stato l'antico presbiterio; coprì l'Oratorio così ricavato, di volticina ovoide e lo mise in comunicazione con il dormitorio tramite una porticina e dei gradini, secondo le consuetudini monastiche [93]. Ci si convince meglio di questa trasformazione osservando la forma povera ed irregolare delle volte aggiunte, in evidente contrasto con le perfette curvature del catino e dell'abside.
Francesco per ottenere un'unica aula (presbiterio-navata) non solo rialzò la parte (A) di m. 1,20, ma dovette abbassare di altrettanto il piano della navata (m. 1,20), inclinando anche un po' il pavimento che dalla porta corre verso l'altare. Si venne così a creare l'« anomalia » che tuttora si vede dell'affossamento del pavimento della chiesa; ma se ne viene così anche a spiegare il motivo. La copertura della navata, che prima doveva essere a capriate [94], fu sostituita da volta a botte archiacuta, perché potesse sostenere il Dormitorio, ricavato sopra con l'innalzamento dei muri perimetrali della chiesa (B). Nel tutto, anche nel taglio delle finestre e delle porte del Dormitorio, non si nota la minima sollecitudine estetica, niente all'infuori della pura e semplice funzionalità.
Da questa lettura risultano spiegate tutte le « anomalie » notate dal Cristofani e dal Bracaloni, ed altre ancora, quale la diversità di natura dei materiali impiegati ed il diverso uso di essi come è dato notare nella parete nord tutta ancora visibile.

[92] A. FORTINI, La lauda in Assisi e le origini del teatro italiano, Assisi 1961, 50-53.
[93] Già le consuetudini monastiche prescrivevano: « ut dormitorium iuxta oratorium constituatur ubi supervenientes monachi dormiant »; cfr. Reg. s. Benedicti abb. Anionensis, in « Corpus consuetudinum monasticarum, publici iuris fecit K. Hallinger », Siegbur 1963, 530.
[94] Lo si arguisce dal fatto che sul lato sinistro della chiesa si scorgono tre strettissime feritoie, poi ostruite all'interno dalla volta.

Quanto dunque vediamo oggi della chiesa di S. Damiano è tutto e niente di più di quanto risultò dall'intervento e dalle trasformazioni operate da Francesco di un preesistente impianto architettonico romanico-monastico. Questa è la chiesa restaurata da lui, questo l'Oratorio, questo il Dormitorio costruito per le Povere Dame. Ma è anche molto di più, se è uscita così dalle mani e dalla volontà del santo: è il prototipo delle chiese francescane quali le intese e le volle lui, tipo di quelle tante chiese mendicanti che « sorsero dapertutto col favore dei liberi comuni e del concorso dell'intero popolo che trovò in esse l'espressione della propria esuberante vita democratica consacrata da quelle democratiche Religioni » [95]. Evidentemente Francesco seguiva già una sua idea chiara di come dovesse essere una chiesa per il popolo del suo tempo. Una chiesa a sala unica, dove clero e popolo si potessero radunare insieme in comunione di preghiera e di parola: parola più popolare che scolastica, più morale che dottrinale, più esortativa che esegetica; diretta ad « annunciare ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria ». Già quando ebbe in dono la Porziuncola dall'abate di S. Benedetto: « gavisus est inde plurimum b. Franciscus de loco fratribus concesso et maxime propter nomen ecclesie matris Christi et quod ita paupercula erat » [96]. Così la Compilatio Assisiensis, che più sotto aggiunge, riferendo le parole del santo: « non enim debent fratres facere fieri magnas ecclesias occasione ibi populo predicandi » [97]. Nel Testamento poi ordina: « Caveant sibi fratres, ut ecclesias et habitacula et omnia alia quae pro ipsis construuntur penitus non recipiant nisi essent sicut decet sanctam paupertatem » [98]. Questo spirito postulò « una concezione figurativa diversa - dice il Bonelli - da quella tradizionale nell'architettura chiesastica, originando una nuova poetica. Ed ecco sorgere la chiesa mendicante vera e propria, fortemente caratterizzata » [99]. Un intervento così immediato ed occasionale di Francesco a S. Damiano, non lascia spazi a riferimenti culturali a moduli cistercensi, se non in quanto essi erano già stati recepiti dai piccoli monasteri benedettini femminili sparsi nei dintorni di Assisi [100]. Ma è certo che questo tipo di chiesa che si ripeterà in tanti eremi francescani, meriterà una migliore attenzione da parte della letteratura specializzata. Si costaterà, come dice C. Bozzoni, che la basilica del santo in Assisi « non può essere convincentemente considerata neppure quale modello (per riduzione del programma monumentale) delle più numerose costruzioni a nave unica senza volta » [101].
A S. Damiano non ci sono ornati, oggetti, modanature od altre suggestioni d'arte, ma c'è l'impianto essenziale e primigenio della chiesa francescana, nudo e semplice: documento autentico su pietra delle dure intenzioni di Francesco, scaturito dal suo cuore, come la Regola ed il Cantico di Frate Sole.

[95] L. BRACALONI, L' arte francescana, Todi 1924, 108.
[96] M. BIGARONI, Compilatio Assisiensis, dagli scritti di fr. Leone e Compagni, I ed. integrale dal ms 1046 di Perugia, Assisi 1975, 128.
[97] Ivi, 148.
[98] J. BOCCALI, Opuscula, 150.
[99] R. BONELLI, Introduzione, a Francesco d' Assisi, Chiese e Conventi, Milano 1982, 8. Si segnala, come di grande interesse, l'intera voce che qui per brevità viene appena citata. Anche l'intero volume è stato curato con rara competenza e ricchezza di documentazione.
[100] Cfr. M. BIGARONI, I monasteri benedettini femminili di S. Paolo delle Abbadesse, di S. Apollinare in Assisi e S. Maria di Paradiso prima del Concilio di Trento, in Aspetti di vita benedettina nella storia di Assisi, Assisi 1981, 170-231.
[101] C. BOZZONI, Le Tipologie, in Francesco d'Assisi, Chiese e Conventi, 144.