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Marino BIGARONI

San Damiano - Assisi
La chiesa prima di san Francesco

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Trascrizione, impaginazione e link: M. Mastrorilli, 2001 -

II. QUALE S. DAMIANO TROVÒ FRANCESCO?

S. Damiano, com'è noto, è la chiesa dove Francesco, vagando per luoghi solitari alla ricerca di conoscere la volontà di Dio, entrò per pregare ed udì la voce: « Va', Francesco, ripara la mia casa che, come vedi, va tutta in rovina » [10].
Era essa, per età, fatiscente, come ci dice il Celanese: « quae fere diruta erat et ab omnibus derelicta » [11].
Mal comprendendo l'invito, il santo si pose a restaurarla: « Intellexit enim de illa ecclesia sibi dici, quae prae nimia vetustate casum proximum minabatur » [12]. Per ottenere le pietre necessarie faceva il cantastorie per la città [13].
Quale fu la portata di questi restauri? È quanto si vorrebbe sapere, tanto più oggi che si assiste ad un rinnovato interesse per gli studi francescani.
Già il Cristofani scriveva: « il più scrupoloso esame non sa darci note sufficienti per rispondere con sicurezza ai predetti quesiti; che anzi dalle nostre e dalle altrui osservazioni rampollano dubbi, ai quali è impossibile trovare una soluzione » [14].
Ma questo è proprio vero?
La Trium Sociorum dice: « Quantum vero laboraverit in opere supradicto, longum et difficile esset enarrare » [15]. Il Celanese precisa: « domum construxit Deo, illamque non de novo facere tentat, sed veterem reparat, vetustam resarcit, non fundamentum evellit, sed super illud aedificat, praerogativam, licet ignorans, semper reservans Christo: fundamentum enim aliud nemo potest ponere praeter id quod positum est, quod est Jesus » [16]. Stando dunque al Celanese, Francesco non eresse dalle fondamenta quella chiesa, né aggiunse alcuna parte nuova ab imis, ma si limitò a restaurare quanto era fatiscente, ed a soprelevare su paramenti esistenti, dando di ciò una ragione teologica: perché Cristo è il solo fondamento della sua casa [17]. Questo rilievo esegetico ha pregiudicato la notizia; cosicché gli storici non diedero molto peso all'affermazione celaniana. Fr. Tommaso invece scriveva, come si vedrà, per cognizione di cose, e sapeva che Francesco si era limitato ad un restauro della chiesa; anche perché al suo tempo le strutture originali della chiesa dovevano apparire più evidenti di quanto non lo siano oggi. Al paragone biblico il Celanese ci fu tirato dal prurito letterario, come sembra insinuare quel « licet ignorans »; quasi volesse dire: il Santo eseguì un semplice restauro, ma inopinatamente il fatto acquistò questo significato.

[10] Leggenda di S. Chiara, 10; II Cel. VI, 10, in AF X.
[11] II Cel. VI, 10, in AF X; I Cel. IV, 18, ivi; Leg. M. II,I; Leg. Jul. a Spira, I, 6, ivi.
[12] TH. DESBONNETS, Leg. 3 Soc., ed. critique, in AFH 63 (1974) V, 13.
[13] TH. DESBONNETS, Leg. 3 Soc. VII, 21.
[14] A. CRISTOFANI, Storia, 47.
[15] TH. DESBONNETS. Leg. 3 Soc. VII, 21.
[16] I Cel. VIII, 18; cfr. An. Per. I, 7; Leg. M. II, 7.
[17] Cfr. L. BRACAL0NI, L'arte francescana, T0DI 1924, 27-28; ID., S. Francesco architetto secondo Paul Sabatier, in CF 5 (1935) 353-369.

Anche altre fonti francescane dicono che Francesco, a S. Damiano, non fece altro che restauri [18]. L'opinione comune però tra i francescanisti moderni è che egli abbia costruito dalle fondamenta almeno il corpo anteriore della chiesa (B).
Prima ancora che mi capitasse per le mani l'opuscolo del Cristofani, ero restato colpito da certi particolari architettonici, per lo meno strani, di questa chiesa, non conducibili in ogni caso alle consuete spiegazioni accolte anche dal Bracaloni, che pure aveva notato questi particolari e li aveva qualificati come « anomalie ». Quando conobbi che queste « anomalie » avevano sorpreso e turbato i sonni anche del Cristofani, mi convinsi che una nuova e più attenta lettura del complesso non solo era possibile, ma andava fatta. Si sarebbe potuto offrire una spiegazione plausibile almeno, se non irrefragabile, di quelle « anomalie », fattesi ancora più vistose oggi, a seguito di certi lavori di restauro e qualche sondaggio fatto di proposito. Dopo matura riflessione, confronti e sopralluoghi ripetuti, le ipotesi - quelle di fondo almeno - son divenute per me convincimenti tanto sicuri da persuadermi a farne oggetto di uno studio corredato di disegni e rilievi che avessero reso il discorso più convincente e chiaro; e dare una spiegazione di quelle « anomalie » non tutte per il vero così ardue da intendere.
Del resto neppure il Cristofani si era lasciato distogliere dalle difficoltà dell'impianto, né si era accontentato delle voci della tradizione.

[18] Cfr. II Cel. VIII, 13; Leg. M. II, I; Leg. Minor V; Leg. S. Cl. 10; An. Per. I, 7.

IPOTESI DEL CRISTOFANI

Il Cristofani, a seguito di pazienti investigazioni, ritenne « che il prolungamento della nave (la parte B) fosse stata opera di qualche secolo appresso » s. Francesco. Lo arguì dal fatto che « Tutto il tratto più elevato della volta pende manifestamente alla forma archiacuta, laddove quella più bassa e contigua all'abside è perfettamente semicircolare ».
Altro indizio, per il Cristofani, che il corpo antistante della chiesa (B) sia stato aggiunto più tardi, è la « negletta e barbara maniera in cui è stata costruita la facciata, in contrasto con il regolare e adorno finestrone sferico che si apre al centro di essa. Secondo lui ciò che persuade ancor più a ritenere aggiunto il corpo anteriore (B) sarebbe il fatto che la porta attuale è più alta di « oltre cinque palmi sul pavimento » della chiesa, come del resto si può tuttora vedere.
Lo studioso fa ancora rilevare che il pavimento della chiesa è curiosamente inclinato verso il presbiterio, fatto, dice lui, davvero inconsueto in un tempio romanico [19].
Per lui dunque la sola chiesa esistente al tempo di s. Francesco era il corpo più corto (A), dove oggi è collocato il coro ligneo cinquecentesco; ma la chiesa era ad un livello più basso. L' altro corpo (B) non solo non esisteva, né fu costruito da Francesco, ma sarebbe addirittura « opera di qualche secolo appresso » [20].

[19] Tale inclinazione non è poi così inconsueta, se si nota anche nella basilica inferiore di s. Francesco in Assisi, che ha egualmente il pavimento inclinato verso l'altare maggiore.
[20] A. CRISTOFANI, Storia, 49.

IPOTESI DEL P. BRACALONI

Il Bracaloni parte dalle conclusioni del Cristofani, ma « senza discutere l'ipotesi non sostenibile, che la fabbrica sia posteriore a s. Chiara, poiché verrebbe a sovvertire tutta la storia del monastero di S. Damiano, col rendere impossibile l'esistenza » [21]. È invece convinto « che l'ingrandimento fatto di S. Damiano e più l'innalzamento del corpo della chiesa, debba precedere il restauro compiuto da s. Francesco nel principio della conversione » [22]. Al di là di questa pregiudiziale, il Bracaloni accoglie gran parte delle ipotesi di Cristofani. È anch'egli convinto che S. Damiano non sia opera tutta di getto, ma che sia stata fondata e poi ingrandita in tempi diversi, come mostra « l'altezza diversa e la diversa struttura delle volte nel corpo della chiesa, il dislivello del pavimento e la strana posizione elevata della parte maggiore » della chiesa. Egli però ritiene che l' ampliamento sia stato già operato prima di s. Francesco, come lo dimostra la finestra del denaro aperta nella parte lunga della chiesa (B), di cui viene documentata l'identità « da un affresco che ne illustra il fatto » [23]. Altra prova per lui sarebbe la presenza di un prete, mal comprensibile se la chiesa fosse stata così piccola [24]. L'autore crede inammissibile che Francesco « abbia egli alzato quella parte dell'edificio [chiesa e dormitorio sovrastante]... per mancanza di mezzi da parte sua » [25].
La strana « anomalia » del livello del pavimento così affossato sotto la quota del terreno antistante il Bracaloni la spiega con il fatto che, quando fu allungata la chiesa, per conservare in qualche modo il piano della primitiva chiesina retrostante, si fu costretti a portare il piano del pavimento così al disotto della soglia della porta. Si sarebbe anzi cercato di compensare questo dislivello rialzando in parte anche il pavimento della primitiva chiesina retrostante (A): « Nella copertura non era disdicevole tenere la nuova volta dinanzi più alta della preesistente di dietro » [26].

[21] L. BRACALONI, Storia, 36.
[22] Ivi.
[23] Ivi, 38. Vedi anche uno studio in proposito del medesimo in AFH 6 (1914) 18-19.
[24] La ragione non mi sembra così probante; allora per giustificare la presenza di un presbitero bastava, in una cappella, la consistenza del beneficio.
[25] L. BRACALONI, Storia, 39.
[26] L. BRACALONI, Storia, 28. In una copia della Storia di S. Damiano, in suo uso il Bracaloni annotava a penna: « Scavandosi il piancito per collocazione dell'organo nel 1929, a 70 cm. sotto il livello della chiesa attuale si sono trovate pietre murate a mo' di soglia che furono probabilmente dell'antico piancito sottostante ».

Egli è pure d'accordo con il Cristofani che « l'incorniciatura ad arco nella porta deve essere appartenuta all'altra facciata che chiudeva la chiesina primitiva ». Non è altrettanto sicuro (come lo è il Cristofani) che il rosone della facciata sia stato aggiunto più tardi. « Tuttavia - dice - non è inverosimile che prima del rosone la facciata di S. Damiano potesse avere una di quelle finestrine arcuate e strette, colla strombatura interna, quali si trovano in altre chiese romaniche ». Fa sua anche l'opinione che lo stanzone (Dormitorio) sovrastante la chiesa (B) fosse costruito antecedentemente a s. Chiara « ma nessun argomento si ha per asserirlo ». Quanto poi al documento citato dal Cristofani, del 1233, ed oggi perduto, secondo il quale il comune di Assisi in quell'anno avrebbe fatto, a sue spese, degli ampliamenti a S. Damiano [27], il Bracaloni dice che « non sarebbe affatto inverosimile che si fosse voluto fare dal comune di Assisi, per le monache di S. Damiano, ciò che si era fatto per i Frati Minori presso la Porziuncola » [28].
Il Bracaloni conclude: « Avuto riguardo perciò all'epoca da assegnarsi alla tavola del prodigioso Crocifisso, avuto riguardo al momento storico della nuova vita religiosa e civile dopo il millennio, non esitiamo ad affermare che la nostra chiesa di S. Damiano ebbe il suo notevole incremento qualche decennio dopo il mille » [29].

[27] L. BRACALONI, Storia, 34. L'intervento del comune, se ci fu, non poté riguardare la soprelevazione del Dormitorio, perché esso in quanto tale fu parte essenziale del primitivo monastero, con la porta, come si dirà, così posta in alto.
[28] Il Cristofani si riferisce ad un documento dell'arch. com. di Assisi, indicandolo nel « libro membranaceo, l. A, f. 33 »; ma già quando scrisse il Bracaloni questo libro era irreperibile.
[29] L. BRACALONI, Storia, 39.

Ricapitolando, ecco i punti più importanti che emergono dagli studi del Cristofani e del Bracaloni:
  1. Il Cristofani e il Bracaloni sono d'accordo nel ritenere che la chiesa di S. Damiano fu costruita in due tempi successivi. Per il Cristofani però solo la parte più bassa (A) sarebbe anteriore a s. Francesco, mentre la parte (B) deve ritenersi « di qualche secolo appresso ». Il Bracaloni è convinto che entrambi le parti (A + B) risalgono a prima di s. Francesco, anche se le due parti (A e B) sono frutto di due epoche diverse.
  2. Per entrambi gli autori il dislivello pavimento-porta fu causato dall'allungamento dell' edificio.
  3. Il portale della chiesa attuale fece parte della chiesa primitiva.
  4. Il rosone della facciata, per essere di tanta regolarità « e adorno di sì ricca e ben divisata cornice », il Cristofani lo crede opera posteriore alla facciata di « parecchi decenni ». Il Bracaloni consente.
  5. La porticina sul retro dell'abside, sul lato destro, visibile dal coretto di s. Chiara, segna il piano della primitiva chiesetta, rialzato al momento dell'ingrandimento della chiesa (Bracaloni).
  6. La volta della parte bassa (A) è a tutto sesto per il Cristofani; « accenna all'acuto », per il Bracaloni.
  7. L'affresco dell'abside è anteriore a s. Francesco (Bracaloni).
  8. La chiesa apparteneva al vescovo di Assisi, tanto per il Cristofani quanto per il Bracaloni.
Abbiamo già detto che non ci occuperemo delle altre parti del convento o meglio del complesso architettonico, né riferiremo quindi in proposito le opinioni del Cristofani o del Bracaloni.