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Marino BIGARONI

San Damiano - Assisi
La chiesa prima di san Francesco

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Trascrizione, impaginazione e link: M. Mastrorilli, 2001 -

IV. DORMITORIO DI S. CHIARA

Dall'Oratorio, per una porticina ad aprire verso il basso, i cui battenti giravano su cardini in pietra e potevano essere assicurati da una spranga, si sale ad uno stanzone lungo e largo quanto la sottostante chiesa (B). È stato sempre indicato come dormitorio delle monache; illuminato da due spaziose finestre rettangolari, come s'è visto. In fondo si apre una porta, alta sul prospetto della facciata della chiesa indicata come porta del monastero. Opinioni queste da verificare.
Questo vano strutturato così stranamente sopra la chiesa e che si apre sulla facciata per una porta alta circa m. 5 dal suolo, suscita non poche perplessità. Come mai il dormitorio fu così fabbricato sopra la chiesa, quando sarebbesi potuto costruire comodamente in un'area adiacente ad essa? Come mai questa porta così alta e scomoda per i servizi coll'esterno?
Che le monache avessero un dormitorio comune dove riposare tutte insieme, si evince anche dal Cp. V della regola di S. Chiara. Il Bracaloni fa osservare molto a proposito che allora un tale uso di dormire in luogo comune era tenuto anche dai frati, e lo fu fino almeno alla fine del sec. XV [79]. La regola che Innocenzo IV diede alla b. Isabella di Francia nel 1259 prescriveva: « Omnes sorores sanae tam abbatissa, quam aliae, in communi dormitorio iaceant; et quaelibet per se lectum habeat ab aliis separatum » [80]. La prescrizione poco dopo (1263) fu estesa a tutte le Clarisse nella regola di Urbano IV con le stesse parole [81]. La prescrizione curiale sembra ribadire una vecchia tradizione.
Dalla regola di s. Chiara si arguisce che i luoghi essenziali del monastero erano: il dormitorio, il refettorio, la chiesa e l'infermeria, proprio quanti ne restano ancor oggi a S. Damiano. Quanto alla collocazione così in alto del dormitorio non si hanno prescrizioni in proposito. Si sa che era consuetudine anche per i cittadini allora di ritirarsi di notte al piano superiore della casa [82].

[79] Cfr. Fr. SALIMBENE, Cronica, a cura di G. Scalia, Bari 1966, 430. La prescrizione era già nella Regula Monacorum di s. Isidoro e di s. Benedetto, cfr. « Atti 7° Congr. Studi dell'Alto medioevo », 1982, 678.
[80] BF, III, 65.
[81] BF, III, 65.
[82] Nelle case medioevali si accedeva al piano superiore per una porta abbinata a quella della bottega, ma alquanto elevata dal suolo per facilitare all'interno lo sviluppo delle scale. Vi si accedeva per due gradini o tre di legno che la mattina venivano calati sulla strada. La soglia era ad angoli rientranti forse per difendere i cardini inferiori della porta, o per obbligare chi usciva a tenersi al centro, per evitare di cadere fuori dei gradini di legno esterni.

Dalle diverse regole per le Clarisse si trova solo la prescrizione che la porta del monastero, quella che dava sull'esterno, dovesse essere collocata il più alto possibile. Alessandro IV, nella regola data alla b. Isabella (1259) esemplata in parte su quella di S. Damiano, prescriveva: « Volumus prorsus ut porta in excelso existat, ad quam per scalam ligneam ascendatur, quae catena ferrea elevetur in sero et cum clavi firmetur et mane de die lucescente tribus praesentibus deponatur » [83]. Questa regola, il 27 luglio 1263, fu corretta da papa Urbano IV così: « Volumus prorsus ut porta in excelso existat, ad quam per scalam ligneam ascendatur quae catena ferrea elevetur in sero et cum clavibus firmetur et mane de die lucescente tribus praesentibus deponatur. Concedimus tamen iis, quod habeant aliquam portam inferiorem per quam gravia onera inferantur utpote dolia vini et similia, seris et clavibus adhibitis cum custodia diligenti » [84]. Lo stesso papa, tre mesi dopo (18/10/1263), elaborò una regola per tutte le Clarisse, nella quale ben tre capitoli sono dedicati alla custodia della porta. Questa regola, oltre a ribadire quanto era stato prescritto prima, aggiunge, per la porta in basso: « Sitque muro a parte exteriori muratum [ostium] ita quod non possit aliquatenus aperiri, vel persona aliqua inde loqui. Possit tamen necessitatum dictarum tempore ipsius ostii murus dirui et ostium aperiri » [85]. Da questa costituzione le Clarisse furono dispensate per la prima volta sullo scorcio del sec. XVI da papa Alessandro VI con lettera del 22 maggio 1495, indirizzata al Vicario dell'Osservanza [86]. Ma il Capitolo generale dei Frati Minori Conventuali celebrato a Terni l'11 ottobre 1500, stabiliva ancora: « qua (porta) secundum regulam sit in altis cum scala mobili noctuque elevata, vel saltem con ponte noctu elevato » [87].
Che la porta in alto ci fosse anche a S. Damiano ci viene detto dalla Chronica XXIV Generalium dove, a proposito della morte di s. Agnese si legge: « In transitu vero sanctae Agnetis multitudo virorum et mulierum congregata ob devotionem sanctae in scala monasterii tunc sancti Damiani ascendit, expectans de eius sanctitate consolationem aliquam spiritualem haberi; et factum est subito, ut soluta ferrea catena, qua scala iugiter sustentabatur cum omnibus supersantibus in terra caderet et spatulis, brachiis ac capitibus congragatos allidens, etiam ligna structurae cum quodam impetu ceciderunt » [88].

[83] BF, III, 65.
[84] BF, II, 477.
[85] Id. II, 509.
[86] Cfr. WADDING, Ann., t. XV, 618-19: « pro potiori cautela vobis quoad habendum ostium praedictum de cetero in sublimi parte Monasteriorum vestrorum cum scala levatoria, et tenendum ostium inferius muro a parte exteriori muratum non teneamini, liceatque vobis habere ostium, quod in institutis seu modificationibus praedictis vobis conceditur in sublimiori parte Monasteriorum vestrorum, in aliquo loco inferiori commodo et convenienti, et praeter illud, etiam aliud ostium pro cuiuslibet rei et personae intromissione aperiri oporteat, et in eo ostiolum parvum, quae quidem ambo ostia sint clavibus, seris et repagulis... munitae... eadem auctoritate concedimus ».
[87] Nove reformationes Sanctionum seu Constitutionum Fratrum Conventualium Ordinis Minorum, edite per... Capitulum Interamne, die undecima octubris celebratum. A. salutis M D., Rome, c. LXXXVIII.
[88] AF, III, 178.

La porta alta descritta per i monasteri di Clarisse, come s'è visto, dovette essere in uso già nei piccoli monasteri femminili di campagna, a causa dei tanti pericoli che quell'isolamento comportava. Basti osservare alcune chiese superstiti nei dintorni di Assisi, residuo di monasteri femminili, e si vedrà alta sulla facciata oltre la porta della chiesa, un'altra porta [89]. Dunque, lungi dal meravigliarsi di questa collocazione a S. Damiano del dormitorio sopra la chiesa, ci si convincerà che questa fu la consuetudine, prima ancora che norma canonica, per i monasteri femminili; e lassù il luogo più adatto dove aprire « in sublimi quanto magis poterit » anche la porta esterna del monastero.
A S. Damiano pare che ci fosse anche l'altra porta in basso di cui parla la bolla di Urbano IV. Una Leggenda Italiana del sec. XVI, ma che riferisce una sintesi di buone fonti allora conosciute sulla vita di s. Chiara, dice in occasione della morte della santa: « Et acciò che el sommo Pontefice più facilmente potesse entrare ad quella, fu rotto el muro della parte di sotto del monastero la quale apertura el papa solo con quattro frati Minori entrò nel monastero, lasciando li signori Chardinali e Vescovi de fuori » [90]. Evidentemente si trattò del muro che, come abbiamo visto, serrava la porta a pian terreno dal di fuori. Questi particolari dimostrano che la soprelevazione della chiesa per ricavarne il dormitorio fu fatta quando S. Damiano divenne monastero femminile. Non prima (Bracaloni) perché mai era stato monastero femminile, non dopo (Cristofani) perché quando le Clarisse abbandonarono quel luogo esso restó in mano ai frati Minori, e quegli accorgimenti non furono nelle loro consuetudini. Per di più il soprelevamento assolveva ad un principio di semplicità e di povertà assai consono allo spirito e alla natura dell'intervento di Francesco.

[89] Così a S. Croce dei Galli, S. Donato di Flebulle, S. Caterina, S. Apollinare e S. Paolo oggi dentro le mura; soprattutto a S. Paolo delle Abbadesse dove Francesco portò provvisoriamente s. Chiara dopo la fatidica notte delle Palme. Sulla facciata di questa si conserva la porta e nell'interno le mensole su paraste che dovettero sostenere le travature in piano di un pavimento. Il dormitorio? Questo monastero poté benissimo servire da modello per l'adattamento di S. Damiano.
[90] Z. LAZZEI, La vita di s. Chiara, Quaracchi 1920, 146. Questa Leggenda, anche se del sec. XVI, è stata però tratta da fonti più antiche e dalle Cronache di fr. Mariano da Firenze. Questo uso di murare la porta bassa diede forse origine a quella denominazione di murate o incarcerate.