LA CONFRATERNITA DELLA PURIFICAZIONE E ADDOLORATA


Una pur sintetica storia della chiesa di S. Domenico non può dirsi esauriente senza almeno qualche cenno sulla vicenda della Confraternita della Purificazione e Addolorata che dagli inizi dell'Ottocento si stabilì in essa e che continua ancora ai nostri giorni ad alimentare la vita religiosa della parrocchia e a mantenere vive devozioni e tradizioni tanto care all'intera città. A partire dal 1719 il tessuto laicale cittadino si arricchisce
della presenza e degli stimoli spirituali di una nuova istituzione confraternale di forte ispirazione gesuitica: la Confraternita della Purificazione di Maria e S. Ignazio, fondata nella chiesa di S. Carlo dal gesuita Domenico Bruno del Collegio di Bari, a conclusione di una missione popolare predicata nella diocesi di Ruvo.
Anche la congregazione di Ruvo fu fondata con l'esplicito scopo di fornire precetti morali e istruzione religiosa ai "foresi", giornalieri di campagna, verso i quali, particolarmente esposti al peccato a causa dell'ignoranza e della povertà, maggiore doveva essere l'attenzione dei padri. Ad appena due anni dalla fondazione, la congregazione si trasferìin una sede più ampia per l'esercizio delle funzioni di pietà e le riunioni: la chiesa sotto il titolo della Madonna di S. Luca di patronato dei Mazzacane.
L'atto di concessione, rogato dal notaio Giuseppe Simia, porta la data del 1 settembre 1721 e impegna i confratelli a restaurare la chiesa "per ritrovarsi quasi diruta, ed esposta al pericolo di precipitare, e rovinarsi" (SAST, Notaio Giuseppe Simia, 1.9.1721, prot. 405, f. 582r-584r).
Deve quindi risalire a questi primi anni di fondazione la commissione del pregevole dipinto con la raffigurazione della presentazione di Gesù al tempio e la purificazione della Vergine. Era stato lo stesso Bruno, convinto assertore della utilità delle immagini ai fini dell'educazione religiosa dei congregati, a raccomandare la realizzazione del dipinto da collocare sull'altare maggiore insieme a quelli delle altre principali festività della Vergine.
Ai piedi dell'altare fu costruito il sepolcro confraternale "sopra del quale vi è una lapide, nella quale si vede incisa, con scalpello, la seguente iscrizione:

SODALIUM / CONGREGATIONIS / B.M.V. / SUB TITULO/ PURIFICATIONISI / A.S. MDCCXXII

Un cenno particolare merita l'immagine dipinta venerata dalla Confraternita e dalla comunità locale specie nel corso della festa liturgica del 2 febbraio.
La tela, la cui attribuzione ha dapprima oscillato tra Corrado Giaquinto e Paolo de Matteis e che viene ora riconosciuta come opera di Giuseppe Mastroleo, illustra dettagliatamente l'episodio della presentazione di Gesù al tempio come narrato nel Vangelo di Luca (Lc 2, 21-35). Al centro del dipinto è la solenne figura del vecchio Simeone che ha sulle braccia il Bambino sgambettante e dal quale si irradia la luce divina che investe tutta la scena. Il tempio, sintetizzato dall'accenno di colonna coperta da ampio drappo verde, è affollato di figure partecipanti sia principali che secondarie: inginocchiata la Vergine con mani protese e coperta da un intenso manto blu cobalto, subito dietro la bella figura di san Giuseppe con cero acceso tra le mani, la donna con il cesto contenente le due tortore offerta rituale al tempio, un sacerdote. In primo piano la straordinaria vivacità cromatica cede il passo alle tinte scure dei due santi gesuiti dai volti fortemente espressivi: S. Ignazio di Loyola e S. Francesco Saverio; il primo, fondatore della Compagnia di Gesù e protettore della Confraternita di Ruvo indica all'osservatore la scena principale, mentre il secondo è ripreso in atto di venerazione e reca con sè tutti i simboli del pellegrino-missionario (bordone, mantellina, conchiglia di San Giacomo, borraccia).
Risale alle origini della confraternita e all'impostazione devozionale data dal Bruno il culto tutto particolare per la Madonna Addolorata peraltro al centro delle solenni processioni del Venerdì di Passione precedente la Domenica delle Palme e della ricorrenza liturgica di settembre. Dagli inventari apprendiamo che erano due le statue "vestite" dell' Addolorata custodite dai confratelli venerate l'una in occasione della festa liturgica di settembre e l'altra per la processione penitenziale del Venerdì di Passione. La riflessione sui sette dolori della Vergine era sollecitata dalle immagini dipinte su metallo che attorniano la bella statua napoletana, collocata sull'altare privilegiatum, in chiesa: presentazione di Gesù al tempio, fuga in Egitto, ritrovamento di Gesù al tempio, incontro di Maria con Gesù sulla via del Calvario, Crocifissione, Gesù deposto dalla croce, Gesù condotto al sepolcro.
Agli inizi dell'Ottocento la Confraternita si trasferì nella chiesa di S.Domenico dei soppressi Domenicani: la lettera dell'Intendente di Bari Principe Capece Zurlo del 20 novembre 1814 ne sancì il possesso. In occasione dei restauri operati dai Padri delle Scuole Pie la Confraternita si stabilì provvisoriamente nella Chiesa della Madonna dell'Isola (non più esistente) negli anni dal 1854 al 1859.
Per quanto attiene gli aspetti devozionali e i culti promossi dalla confraternita va ancora una volta sottolineata la centralità del culto alla Vergine dei sette dolori che gradualmente diviene principale rispetto a quello della Purificazione. Già a fine Settecento i confratelli curavano la processione penitenziale della Madonna Addolorata e sotto il priorato di Domenico Tambone venne procurata in Napoli la statua vestita di gramaglie della Madre dolente. A sancire l'importanza del culto il 28 marzo 1833 al titolo della confraternita venne aggiunto, con approvazione papale, quello di Addolorata.

Ancora oggi la processione della "Desolata", la Vergine con il cuore trafitto e ai piedi della croce, apre il Venerdì di passione e il ciclo delle solenni processioni che caratterizzano in un impeto di fede e spettacolo sacro i riti della Settimana Santa di Ruvo.
Il venerato simulacro della Madonna, su alta "cassa" ornata di fiori e luci, incede solennemente per le vie della città portata a spalla da oltre quaranta "portatori" e scortata dai confratelli, nel caratteristico saio bianco con fascia trasversale nera sulla quale è apposto il medaglione argenteo, e dalle numerose "consorelle" con l"abitino'' su cui sono ricamate le iniziali M (Mater) D (dolorosa).
Il ciclo dei riti della Settimana Santa che a Ruvo costituisce un momento di grande coinvolgimento emotivo e religioso e che vede la partecipazione dell'intera comunità, è chiuso dalla processione del Cristo Risorto organizzata la mattina della Domenica di Pasqua dalla stessa confraternita. Il simulacro del Cristo, che sostituì negli anni Cinquanta del nostro secolo una statua ben più antica e pregevole, è portato in processione per le vie della città ornate da variopinte coperte simbolo di festa; nel corso della processione si rinnova nel tripudio generale l'antico rito agrario del bruciamento della Quarantana (un fantoccio di stracci con sembianze di vecchia e con vari simboli richiamanti il periodo penitenziale e di magro che personifica la Quaresima cui pone fine il Cristo che ha vinto la morte); evidente rimane infatti, nonostante le trasformazioni del tempo sia nel simbolismo che nella sequenza rituale, il significato strettamente connesso alla necessità rituale contadina di fine-reinizio e di presagio del nuovo ciclo agrario.



| I Domenicani a Ruvo | La soppresione dei Domenicani | La Chiesa del SS. Rosario | La ''Chiesa Nuova'' |
| Gli Scolopi a Ruvo nell'800 | Culto della Vergine del Rosario | La Confraternita della Purificazione |