IL CULTO DELLA VERGINE DEL ROSARIO


Dedicata alla Vergine del Rosario l'antica chiesa domenicana di Ruvo ebbe nell'immagine dipinta della Madonna con il Bambino che porgono i rosari a S. Domenico e a S. Caterina, il fulcro devozionale.
Le vicende storiche e le radicali trasformazioni del tempio hanno fatto sì che il dipinto giungesse a noi senza alcun legame con la fabbrica religiosa, privo di qualsiasi contestualizzazione non solo ambientale ma anche devozionale tant'è che esso non è più, da tempo, il simbolo del culto al Rosario sostituito, a fine Ottocento, dalla statua in cartapesta leccese della Madonna di Pompei.
La grande pala (m. 2,70x1,83) è opera firmata e datata (1604) dal pittore Alonso de Corduba, forse uno spagnolo immigrato come sembra suggerire il cognome, che ebbe bottega, è la stessa firma a dichiararlo, in Bitonto a cavallo tra Cinque e Seicento (sebbene la critica consideri il de Corduba un modesto pittore non vi è dubbio che la sua bottega incontrò il gradimento della committenza di Terra di Bari rispondendo pienamente alle esigenze devozionali di essa).
Con il dipinto i Predicatori di Ruvo diedero esecuzione alla disposizione testamentaria del chierico Fabrizio de Amato originario di Gravina che legò esplicitamente all'esecuzione della "cona" dell'altare maggiore la somma di 100 ducati; gli esecutori oltre a far apporre il nome del benefattore (FABRITIUS DE / AMATO PROPIIS / SPTIBUS COFECIT), fecero dipingere l'arma del casato: un leone rampante in campo ovale divisi al centro da banda in diagonale.

La Madonna, in rigida posizione frontale, è al vertice della costruzione piramidale, seduta su un trono ligneo con alto dorsale posto su gradini marmorei che conferiscono notevole profondità alla scena. In primo piano sono collocate le estetiche figure di San Domenico e di Santa Caterina da Siena che, in ginocchio ricevono il rosario dal Bambino Gesù e dalla Vergine. Anche le raffigurazioni dei due santi rispondono a precise esigenze di riconoscibilità: ai piedi del patriarca è posto il giglio 'domenicano'' e il libro delle regole dell'Ordine , mentre Santa Caterina da Siena è riconoscibile per le stimmate e il crocifisso che tiene nella sinistra. Dietro i due santi in analoga posizione orante, sono dipinte numerose figure e tra queste i personaggi storici di Lepanto: alle spalle di S. Domenico si riconoscono il papa Pio V dal caratteristico naso adunco e, con la testa coronata, l'imperatore Filippo II; dietro S. Caterina la nobildonna con alta capigliatura e gorgiera è da identificarsi con Anna d'Austria moglie dell'imperatore, mentre la figura di profilo dovrebbe essere quella di Eleonora madre di Filippo II. In alto sei angioletti, simmetricamente disposti tre per lato, sorreggono il pesante tendaggio verde scuro e spargono rose sulla scena.

Più tardi l'oggetto del culto si adegua ad un nuovo indirizzo devozionale, segnando dapprima l'abbandono
poi la distruzione del vecchio simulacro "vestito" di ben maggiore pregio intrinseco, e con pubblica sottoscrizione viene finanziata la realizzazione della immagine della Madonna ispirata al quadro di Pompei. La statua fu commissionata al cartapestaio Giuseppe Manzo certamente tra i più rappresentativi dell'artigianato sacro a Lecce (1848-1942).
Il rinvenimento, avvenuto recentemente nell'archivio della Confraternita della Purificazione e Addolorata, di una pergamena celebrativa ci consente di ripercorrere le fasi salienti della vicenda che rinverdì il culto al Rosario e portò alla realizzazione della statua in cartapesta assai venerata ancora oggi:

L'anno mille ottocento novantasette, una Pia Commissione, composta dai signori Rocco Sac. Zanni di Francesco, Domenico Cimadomo fu Filippo, Vincenzo Loiodice di Marino, Giovanni Iosca di Paolo, Adamo Mastrorilli fu Michele ed Antonio De Astis fu Mauro. con le offerte volontarie dalla medesima raccolte dai Devoti del Rosario acquistavano l'artistico gruppo di statue, rappresentante la Vergine del Rosario di Pompei; lavoro fatto eseguire a Lecce dal valente scultore leccese don Giuseppe Manzo.
Tale immagine veniva consegnata sul luogo il dì 16 settembre, medesimo anno, e poscia solennemente benedetta in questa Chiesa di S. Domenico da Mons. d.Francesco Arcidiacono Ruta nel dì 2 ottobre, vigilia della festa, in assenza dell'Eccellentissimo nostro Vescovo d.Tommaso De Stefano.
La suddetta Commissione. a conservare la Veneranda Immagine al pubblico culto dei fedeli, sceglieva e dedicava in questa medesima Chiesa la presente Cappella, ove, sotto la direzione gratuita del nostro bravo
ingegnere D. Egidio Boccuzzi fu Leonardo, faceva costruire adatta nicchia a stucco sopra elegante altare di marmo, lavorato a Napoli dal maestro d. Raffaele Malavolta. Tale Cappella, riconosciuta prima sotto il titolo della Madonna delle Grazie, veniva così sostituita all'antica del Rosario, che trovavasi a destra dell'entrata Maggiore, trasportandovi in questa il gran quadro di pregevole pittura della Vergine delle Grazie, come presentemente si osserva; e ciò con permesso del Rev.do Maestro Generale dell'Ordine P.P. Predicatori P.Andrea Fruhwrth in data 22 giugno 1897.
Compiutasi l'opera, Sua Eccellenza Monsignor De Stefano nel dì 11 Dicembre dello stesso anno consacrava l'altare; e nel giorno seguente festeggiavasi pomposamente la dedicazione della devota Cappella.

La pergamena riporta, oltre al lungo elenco dei devoti che finanziarono la realizzazione della statua, della nicchia e dell'altare con le loro offerte, il rendiconto definitivo delle entrate e quello delle uscite. Per la cronaca ricordiamo che: la statua, con imballaggio e trasporto in Ruvo, costò lire 871,35; per la costruzione della nicchia si spesero lire 194,45; per le celebrazioni per la benedizione della statua il 2 ottobre lire 22,75; per la funzione del 3 ottobre lire 45,70; per la consacrazione dell'altare e festa lire 126,25.



| I Domenicani a Ruvo | La soppresione dei Domenicani | La Chiesa del SS. Rosario | La ''Chiesa Nuova'' |
| Gli Scolopi a Ruvo nell'800 | Culto della Vergine del Rosario | La Confraternita della Purificazione |