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La ricostruzione della storia architettonica e funzionale della masseria “Suglia”, ex masseria “L’Abbate”, appare alquanto complicata per la notevole carenza di fonti documentarie. Tuttavia dall’osservazione della Masseria si possono trarre importanti elementi che, posti in relazione con le poche date certe di cui si dispone, possono offrire un quadro di lettura ragionevole dal punto di vista dell’evoluzione storico-funzionale degli spazi. Osservando infatti i prospetti, in particolare leggendo le disconnessioni delle murature, il differente spessore delle partizioni interne, le differenti tecniche costruttive adoperate, nonché gli aspetti decorativi, si possono individuare dei volumi omogenei risalenti a momenti diversi della storia della masseria.
1a fase
Dall’osservazione della pianta del piano terra si nota che la muratura interna che divide i locali T.8, T.9 e T.10 dal grande vano T.5, è particolarmente corposa. Leggendo questo elemento unitamente alla disconnessione sulla muratura del prospetto est si può dedurre l’assoluta indipendenza tra questi due volumi. Da foto anche abbastanza recenti si nota inoltre che l’accesso alla masseria era posto sul lato sud per cui si può ipotizzare che l’intero corpo di fabbrica trovi la sua origine nella parte occupata dai tre vani T.8, T.9 e T.10 probabilmente collegati da un’unica volta a botte mancante oggi nel vano destinato a cappella.
2a fase
L’edificazione del vano T.5 deriva dalle mutate esigenze dei proprietari. Se il primo blocco era destinato ad alloggio temporaneo del bracciantato o anche a magazzino attrezzi o scorte, questo secondo volume doveva servire da ricovero bestiame, in particolare per l'allevamento di bovini (necessario per la produzione cerealicola o comunque spesso parallelo ad essa). Il costruito, fino a questo momento, non ha presumibilmente funzione abitativa stabile ma ha funzione accessoria rispetto alla produzione agricola. La data del 1818, riportata sull'epigrafe situata al di sopra dell'accesso al vano T.5, rappresenta quindi, o la data di edificazione dell’intera parte o solo quella relativa all’aggiunta della stalla.
3a fase
La diversificazione della produzione agricola (dai cereali all'oliva) rende necessaria l'edificazione di un secondo grande vano (T.6) parallelo al preesistente T.5. La masseria assume inoltre carattere residenziale stabile in seguito al matrimonio tra Francesco L’Abbate e Annamaria Pirro avvenuto nel 1831. A questo periodo risale la soprelevazione del corpo di fabbrica con la edificazione dell’intero primo piano. Tale intervento è testimoniato, oltre che dalla targa recante la data del 1831, anche dalla diversa tecnica costruttiva utilizzata e dai diversi materiali impiegati. Si utilizza infatti una muratura a doppio strato in tufo per il primo piano. Questa scelta può essere motivata anche dal miglior funzionamento igrotermico delle murature in tufo rispetto a quelle in pietra e quindi una maggiore vivibilità dal punto di vista igienico degli ambienti. La presenza, inoltre, del grande arco di sostegno che taglia il locale T.5 testimonia l’esigenza di un rafforzamento della volta nella zona di scarico della muratura trasversale del primo piano. Contemporaneo rispetto a questa fase, o immediatamente successivo, è il rifacimento della copertura del locale che in questo periodo viene destinato a cappella. Si riscontra infatti l’utilizzo delle stesse tecniche costruttive utilizzate al primo piano e, in particolare si riscontra la stessa scelta costruttiva a proposito della tipologia della volta. Compare infatti in questo periodo la volta "a spigolo leccese" ottenuta dall’intersezione di una volta a crociera, cilindrica e di una volta a bacino realizzando una volta stellata.
4a fase
Il resto delle annessioni non sono chiaramente databili. Tuttavia la seconda sopraelevazione appare successiva rispetto alla prima. Lo si nota in particolare dal fatto che l’intera struttura poggia sul parapetto del terrazzo ancora leggibile all’interno della muratura. Sicuramente, in epoca recente sono state sostituite le coperture di questo locale e della piccionaia con lamiere ondulate in eternit. I vani presenti sulla facciata sud, addossati alla cappella sono sicuramente successivi e costruiti in due tempi. Il primo è il vano T.7 connesso al grande vano T.6 e che finisce a raso rispetto alla facciata della cappella. Successivamente, probabilmente a causa dello spostamento dell’ingresso principale dal lato sud al lato est, la facciata sud perde le caratteristiche di prospetto principale e quindi vi è l’annessione di un nuovo vano (T.11) che copre parzialmente il prospetto della cappella. Difficilmente databili sono i due piccoli volumi esterni addossati al vano T.5 che possono essere addirittura contemporanei alla prima fase ma sicuramente contemporanei all’elevazione dei muri che cingono la corte interna in quanto il forno esterno risulta essere addossato a questi. Un ultima notazione è relativa all’esigenza di maggior sicurezza che si avverte in tutta la seconda metà del XIX secolo. Si noti a questo proposito la mancanza assoluta di grosse aperture finestrate e di balconi nonché la presenza di feritoie su tutto il terrazzo del secondo piano nonché in punti particolari dei prospetti sud ed ovest.