Jean Baptiste RONDELETCostruzione in pietre da taglio |
I TIPI DI APPARECCHIATURA
I PRINCIPI DELL'APPARECCHIATURA - II LA POSATURA - I LA POSATURA - II LA POSATURA - III |
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Le Figure 6 e 7 della Tavola IX rappresentano due parti di muraglie antiche riportate nel Musæum Etruscum di Gori, Tomo III, pagina 65. La Figura 6 è tratta dalle ruine di una antica città Greca chiamata Argo d'Ambracia sulle coste del mare Adriatico nel golfo di Larta.
La Figura 7 è presa dalle ruine dell'antica città di Calidene nel golfo di Corinto. Gori assicura che tali costruzioni sono state disegnate e misurate esattamente sui luoghi da Ciriaco di Ancona, antiquario, pittore ed architetto, nel 1436. Queste costruzioni sono fatte con grandissime pietre ben congiunte e senza calcina. Si vede in ciascheduno di questi muri un'arcata di 6 in 7 piedi di larghezza, che sembra stata praticata nella massa dopo fatta la costruzione. La parte arcuata dell'apertura nella muraglia di Argo è presa in due pietre della stessa corsìa, in modo che si trova una giuntura a piombo nel mezzo. Queste pietre hanno ciascuna 10 piedi di lunghezza sopra 5 piedi di altezza, e formano lo spessore del muro che può essere di quattro piedi. Nella stessa costruzione esistono pietre lunghe dai 12 fino ai 18 piedi; la corsìa alla base è alta 6 piedi. Ad ambi i fianchi dell'arcata si legge un'iscrizione greca in caratteri grandissimi; quella a destra significa: Cefalo, dolce o umano; e quella a sinistra Andronico, esattore dei tributi, vi saluta. La parte di muro tolta dall'antica Argo è formata di pietre di varie altezze poste in una stessa corsìa, in guisa che le più alte corrispondono talora a due corsìe, senza commessure. Le pietre più lunghe sono di 22 piedi; la più grande altezza di strato è 5 piedi. L'arco è incavato in due pietre, il che riduce a nulla l'altezza di esse nel mezzo, ma sono ricoperte da una sola pietra di 29 piedi di lunghezza (*): tutte e due queste costruzioni hanno al fondo una specie di modanatura o semibase. (*) Non si sono valutati questi piedi in metri, perchè non si sa qual piede sia, nondimeno probabilmente è il piede romano. |
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La Figura 2 della stessa Tavola indica un'altra maniera di riunire le pietre formando di ogni strato una specie di catena composta di un triplice rango di pietre che si serrano le une nelle altre. Io imaginai questo mezzo nel 1769 per risolvere un problema propostomi da Germano Soufflot, cioè di formare in pietra di taglio un cerchio capace di essere sospeso per un sol punto; o di formare un muro circolare abbastanza forte per resistere alla spinta più grande, senza impiegarvi altra materia che la pietra. Di ciò si parlerà nel terzo Libro. Basterà osservare che potendo far conto sulla uniforme bontà della pietra e sulla esatta esecuzione, e negli effetti che possano risultare, come il ristringimento e la resistenza del suolo, questo mezzo potrebbe essere estremamente solido e vantaggioso. Ma oltre che diverrebbe costosissimo, nell'istante del movimento inevitabile che si opera sempre quando è terminata la massa di un edificio e prende il suo sedimento, la minima ineguaglianza nella resistenza fa sì che spesso tutto lo sforzo non si porta che su qualche punto con una forza capace di rompere le pietre, distruggendo così l'effetto che si era sperato nella loro unione. D'altronde nelle costruzioni comuni per ordini di corsìe a livello ben fatte, la posatura delle pietre una sull'altra, il loro legame, il peso e l'aderenza prodotta dalla malta opportunamente impiegata dà alle stesse una solidità sufficiente con spese assai minori.
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"Ma la grossezza del muro deve, a mio parere, esser tale che gli uomini armati incontrandosi l'un con l'altro possano questi e quelli passar senza urtare. Inoltre in tutta la grossezza del muro s'incastrino travicelli d'ulivo brustolato l'un con l'altro di seguito combaciandosi, di modo che entrambe le fronti del muro con questi travicelli (quasi con arpioni) concatenate, abbiano perpetua durata. Perchè a tale materia nè l'intemperie, nè il tarlo, nè l'antichità può nuocere; ma tanto sepolta in terra che sott'acqua dura eternamente utile senza difetti. Onde non solamente i muri, ma le fondamenta e tutte le pareti, cui si darà una murale grossezza, avvinghiati a questa maniera non potranno di leggieri viziarsi." (Traduzione del Viviani.) [3]
[3]
Crassitudinem autem muri ita faciendam censeo, uti armati homines, supra obviam venientes, alius alium sine impeditione præterire possint.
Tum in crassitudine ejus perpetuæ talaee oleagineæ ustulatæ quam crebriter instruantur, uti utræque muri frontes inter se, quemadmodum fibulis, his taleis colligatæ æternam habeant firmitatem. Namque ei materiæ, nec tempestas, nec caries, nec vetustas potest nocere, sed ea in terra obruta et in aqua collocata permanet sine vitiis utilis sempiterno. Itaque non solum in muro, sed etiam in substructionibus, quique parietes murali crassitudine erunt faciendi, hac ratione relegati non cito vitiabuntur. Questo mezzo di collegare i muri con pezzi di legno è stato altre volte usitato a Lione. Io mi ricordo d'aver veduto in antiche case che mio padre era incaricato di far demolire, legami nei muri di tramezzo, formati di travi che stabilivano la grossezza del muro, lunghe 12 in 15 piedi; la maggior parte erano in legno di noce ben conservato: mio padre le vendette ai facitori di mobili pel bel colore scuro che avevano acquistato. Sembra che il legno di abete si conservi del pari nella calcina; perchè nella demolizione d'una parte dell'antico convento dei domenicani, ordinata nel Concilio generale di Lione del 1245, si trovò che le tavole di abete formanti i muri di separazione, rivestite di calcina, erano prive di tarlo e ben conservate. Una costruzione più curiosa in questo genere è quella di un antico giuoco di palla con ornamenti gotici, i cui muri erano formati da pezzi di quercia legati assieme come le pietre di taglio; essi avevano 9 in 10 pollici di grossezza, sopra piedi 2 1/2 di lunghezza, perfettamente combaciati, e formanti una superficie ben diritta e liscia che aveva l'apparenza di una bella costruzione in pietre di taglio. Tocca agli amatori ed alla gente d'arte il giudicare se questo genere di rivestimento possa presentare qualche vantaggio. |
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Giulio Cesare nel settimo Libro de' suoi Commentari sulla guerra Gallica, parla pure di una maniera di costruire i muri con travi, pietre di taglio e terra, che egli spiega in tal modo: "La costruttura poi di quasi tutte le mura de' galli è sì fatta. Sul suolo stendonsi per lo lungo delle travi per tutta l'estensione di esse mura coll'eguale intervallo di due piedi tra l'una e l'altra: si legano queste insieme al di dentro, e s'investono di molta terra. Gl'intervalli poi, che dicemmo, sono al di fuori riempiti di grosse pietre; collocate queste, e ingangherate una coll'altra, si forma sopra un altro strato, servando lo stesso intervallo, in guisa, che le travi non si combacino tra loro, ma, a pari distanza distribuite, poggi ognuna sopra ciascuna pietra messa fra le travi dell'ordine inferiore; così tutto il lavoro è contesto, finchè si giugne alla giusta altezza del muro. Questo alternare di travi, e di pietre, che in retta linea serbano il loro ordine, giova non pure a render l'opera non disaggradevole alla vista per la sua varietà, ma ben anche a renderla sommamente acconcia ad una forte difesa delle piazze, però che dal fuoco le pietra, dall'ariete le travi la proteggono; le quali, il più delle volte internamente commesse per tutta la lunghezza con altre travi di quaranta piedi, fanno sì, che il muro nè rovinare, nè scommettere si possa." (Traduzione dell'Ugoni.) [4]
[4]
Muris autem omnibus Gallicis hæc fere forma est: trabes directæ perpetuæ in longitudinem, paribus intervallis, distantes inter se binos pedes, in solo collocantur: hæ revinciuntur introrsus et multo aggere vestiuntur.
Ea autem, quæ diximus, intervalla grandibus in fronte saxis effarciuntur. Iis collocatis, et coagmentatis, alius insuper ordo adjicitur, ut idem aliud intervallum servetur; neque inter se contingant trabes, sed paribus intermissæ spatiis, singulæ singulis saxis interjectis, arte contineantur. Sic deinceps omne opus contextitur, dum juxta muri altitudo expleatur. Hoc quum in speciem varietatemque opus deforme non est, alternis trabibus, aut saxis, quæ rectis lineis suos ordines servant: tum, ad utilitatem, et defensionem urbium summam habet opportunitatem, quod et ab incendio lapis, et ab ariete materia defendit; quæ perpetuis trabibus pedes quadragenos plerumque intorsus revincta, neque perrumpi neque distrahi potest. |
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Nella traduzione italiana dei Commentari di Cesare impressa a Venezia nel 1575, le cui figure si attribuiscono a Palladio, questa specie di muro non è composta che di travi di 40 piedi posti a traverso, cioè formanti la grossezza del muro, appoggiate con un capo sopra uno strato di pietre dalla parte esterna e riunite dall'altro in una grata a piombo che forma la faccia interna e che sembra composta di pezzi riuniti a metà legno. Ma conviene osservare che con tale disposizione, indicata nelle Figura 4, i capi delle grandi travi corrispondenti ai luoghi ove i pezzi della grata si incrociano, non possono essere sostenuti che da maschi cacciati nelle piaghe praticate nei pezzi di legno già indeboliti dagli incavi, e che il rimanente della lunghezza delle travi non è sostenuto che dallo interramento; d'altronde questa combinazione non presenta bastante solidità per resistere ai colpi dell'ariete; esso avrebbe facilmente sfondate queste travi non legate in alcuna parte dell'interno, come indica il testo dei Commentari colla voce introrsus, che qui non vuol dire la faccia interna, ma il mezzo del muro.
Giusto Lipsio nel suo Trattato sulle macchine da guerra degli Antichi, pubblicata in Anversa nel 1599 sotto il titolo di Poliocerticon, dà una figura di questi muri che differisce da quella di Palladio. Egli colloca le travi ad ogni rango di corsìe, ma le dispone in modo che ciascuna corrisponde al mezzo dello spazio di quella del rango superiore o inferiore. Con tale disposizione indicata dalla figura 5 non si trovano strati senza travi come nella figura di Palladio; e ne risulta un tutto alquanto più solido perchè non v'ha che la metà delle travi che sia sostenuta da maschi, e le altre passando pei pezzi orizzontali della grata che forma la faccia interna, poggiano solidamente per tutta la loro grossezza sui pezzi inferiori, e servono pur essi di appoggi alle parti superiori, in modo da potere far senza colonnetti a piombo. Ma nessuna di queste disposizioni possono formare quella forte unione di travi all'interno che fa la forza principale di tal costruzione secondo il testo e che noi abbiamo tentato di produrre colla disposizione indicata e dettagliata nelle figure 6 e 7. |