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Architettura > Arte di edificare > Trattato teorico e pratico dell'arte di edificare
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Jean Baptiste RONDELET

Costruzione in pietre da taglio

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Trascrizione, impaginazione e link: M. Mastrorilli, 2001 -


CAPO PRIMO
???.

[...]

Apparecchio irregolare, formato di pietre d'ogni dimensione riunite in corsìe interrotte da tagli su tutti i sensi.

Si sono raccolte nella Figura 8 tutte le irregolarità che si trovano negli antichi edifici costrutti in pietre di taglio e specialmente nelle mura che cingono Roma. Simili irregolarità incontransi del pari nelle costruzioni moderne perchè il travertino non si trova a strati come le pietre di Parigi, e la sua grossezza varia quasi ad ogni pezzo; in guisa che per impiegar questa pietra si devono fare riunioni ed intaccature come si vedono nel Colosseo, nel teatro di Marcello ed a S.Pietro di Roma. Ma siccome queste pietre non sogliono prender tinte diverse, e la maggior parte sono messe in opera senza malta di calce, o almeno è impastata con sabbia finissima, le commessure sono poco visibili, e questa irregolarità non si riconosce [1].

[1] Le Figure 6 e 7 della Tavola IX rappresentano due parti di muraglie antiche riportate nel Musæum Etruscum di Gori, Tomo III, pagina 65. La Figura 6 è tratta dalle ruine di una antica città Greca chiamata Argo d'Ambracia sulle coste del mare Adriatico nel golfo di Larta.
La Figura 7 è presa dalle ruine dell'antica città di Calidene nel golfo di Corinto. Gori assicura che tali costruzioni sono state disegnate e misurate esattamente sui luoghi da Ciriaco di Ancona, antiquario, pittore ed architetto, nel 1436.
Queste costruzioni sono fatte con grandissime pietre ben congiunte e senza calcina. Si vede in ciascheduno di questi muri un'arcata di 6 in 7 piedi di larghezza, che sembra stata praticata nella massa dopo fatta la costruzione. La parte arcuata dell'apertura nella muraglia di Argo è presa in due pietre della stessa corsìa, in modo che si trova una giuntura a piombo nel mezzo. Queste pietre hanno ciascuna 10 piedi di lunghezza sopra 5 piedi di altezza, e formano lo spessore del muro che può essere di quattro piedi. Nella stessa costruzione esistono pietre lunghe dai 12 fino ai 18 piedi; la corsìa alla base è alta 6 piedi.
Ad ambi i fianchi dell'arcata si legge un'iscrizione greca in caratteri grandissimi; quella a destra significa: Cefalo, dolce o umano; e quella a sinistra Andronico, esattore dei tributi, vi saluta.
La parte di muro tolta dall'antica Argo è formata di pietre di varie altezze poste in una stessa corsìa, in guisa che le più alte corrispondono talora a due corsìe, senza commessure. Le pietre più lunghe sono di 22 piedi; la più grande altezza di strato è 5 piedi. L'arco è incavato in due pietre, il che riduce a nulla l'altezza di esse nel mezzo, ma sono ricoperte da una sola pietra di 29 piedi di lunghezza (*): tutte e due queste costruzioni hanno al fondo una specie di modanatura o semibase.
(*) Non si sono valutati questi piedi in metri, perchè non si sa qual piede sia, nondimeno probabilmente è il piede romano.


Apparecchio poigono, formato di pietre tagliate in prismi irregolari.

L'apparecchio in pietre poligone rappresentato dalla Figura 9 è ancor più irregolare; esso è stato copiato da una parte delle mura di Fondi nel regno di Napoli: le pietre di cui è composto hanno perfino 8 in 9 piedi di lunghezza sopra 4 in 5 piedi di altezza. Così pure sono costrutte le mura dell'antica Cori presso Velletri, e di molte altre città degli antichi Etruschi, come Volterra, Fiesole e Cortona ove si osservano pietre che hanno fino a 20 piedi di lunghezza.
L'apparecchio non differisce dalle costrutture chiamate da Vitruvio opus incertum, se non in ciò che quest'ultima non essendo formata che di pietruzze rozze e irregolari che non possono toccarsi se non in certi punti, non ha solidità che per la malta di calce che le unisce riempiendo gl'intervalli che lasciano fra loro. Questo ripieno procura ad esse un doppio vantaggio; il primo di poter essere sostenute in tutta l'estensione delle loro superficie, e l'altro, che dipende dalla proprietà della calcina, è di unirle con maggior forza.


Nelle costruzioni in pietra di taglio, di cui si tratta, le commessure e gli strati sono fatti in modo che le pietre possono unirsi immediatamente e sostenersi a vicenda per tutta l'estensione della loro superficie, il che procura il vantaggio delle costruzioni in pietruzze murate in malta di calce. Quanto al secondo, trovasi compensato dal peso; perchè una pietra pesante dieci mille libbre, posata sul proprio letto, può essere considerata come una massa di murazione aderente a questa superficie con una forza eguale a questo peso: tale sarebbe una pietre di mediocre durezza, lunga 12 piedi, larga 4 ed alta 2, producente 96 piedi cubici. Ma se questa pietra invece d'essere rettangolare fosse irregolare come quella della Figura 9 e posata sopra piani inclinati in senso contrario, come b, c, d, è certo che ad egual volume avrebbe ancora maggiore stabilità, pel modo onde si trova rinchiusa con quelle all'intorno: è lo stesso dell'apparecchio rettangolare della Figura 8, le cui pietre sono ritenute da intaccature, come g, h. Ma nondimeno trattandosi di piediritti isolati, o di muri di poca grossezza e di molta elevazione, l'apparecchio rettangolare per corsìe orizzontali è il solo che possa convenire. Esso deve essere preferito in tutti i casi a causa della sua regolarità, a meno che la forma naturale delle pietre non permetta di farne uso per la ragione della spesa troppo grande o del tempo necessario a squadrarle. L'apparecchio poligono può impiegarsi quando l'operazione è pressantissima, e che si deve usare di pietre d'ogni forma rammassate in fretta, come gli antichi lo hanno impiegato sovente per riparare le breccie, o costruire le mura delle città. Si osserva in quasi tutte le ruine delle mura di antiche città greche un miscuglio di tutte le costruzioni, in pietre di considerevole grandezza.
Del resto ciò che si è detto delle costruzioni in pietre poligone fa conoscere abbastanza che questo genere d'apparecchio sarebbe poco adatto all'impiego di pietre disposte a strati nelle cave.


Apparecchio incatenato, formato di pietre alternativamente abbassate ed innalzate sopra ciascuno strato, onde innestare le une sulle altre.

La Figura 1 della Tavola XI indica una maniera di unire le pietre di taglio le une colle altre senza ricorrere alle chiavi di legno od ai ramponi, ma solo per la forma del loro apparecchio. Quest'esempio citato da Piranesi è tolto dal teatro di Marcello a Roma. Il letto delle pietre è diviso in quattro parti da due linee rette che s'incrociano nel centro ad angolo retto e che terminano nel mezzo di ciascuna faccia. Due di queste parti diagonalmente opposte sono incavate ossia sono più basse di pollici 2 circa, e le altre due parti divengono saglienti. Queste pietre sono sovrapposte in modo che ciascuna ne unisce due col mezzo delle parti saglienti della pietra superiore che innestansi nelle incavature delle due pietre inferiori alle quali corrispondono, appunto nel modo indicato dalla figura citata con linee punteggiate che partono dalla superficie inferiore della pietra A, elevata in aria, e vanno alle parti corrispondenti delle superficie al di sopre delle due pietre C e D, colle quali deve legarsi [2].

[2] La Figura 2 della stessa Tavola indica un'altra maniera di riunire le pietre formando di ogni strato una specie di catena composta di un triplice rango di pietre che si serrano le une nelle altre. Io imaginai questo mezzo nel 1769 per risolvere un problema propostomi da Germano Soufflot, cioè di formare in pietra di taglio un cerchio capace di essere sospeso per un sol punto; o di formare un muro circolare abbastanza forte per resistere alla spinta più grande, senza impiegarvi altra materia che la pietra. Di ciò si parlerà nel terzo Libro. Basterà osservare che potendo far conto sulla uniforme bontà della pietra e sulla esatta esecuzione, e negli effetti che possano risultare, come il ristringimento e la resistenza del suolo, questo mezzo potrebbe essere estremamente solido e vantaggioso. Ma oltre che diverrebbe costosissimo, nell'istante del movimento inevitabile che si opera sempre quando è terminata la massa di un edificio e prende il suo sedimento, la minima ineguaglianza nella resistenza fa sì che spesso tutto lo sforzo non si porta che su qualche punto con una forza capace di rompere le pietre, distruggendo così l'effetto che si era sperato nella loro unione. D'altronde nelle costruzioni comuni per ordini di corsìe a livello ben fatte, la posatura delle pietre una sull'altra, il loro legame, il peso e l'aderenza prodotta dalla malta opportunamente impiegata dà alle stesse una solidità sufficiente con spese assai minori.


Apparecchio misto, fatto di pietre e travi combinati insieme.

Quando gli antichi dovevano far mura di città o costruzioni esigenti grossezze considerevoli, e che la fretta con cui dovevano essere eseguite non permetteva di usare tutte le precauzioni con che solevano adoperare, si servivano per riunirle, di pezzi di legno. Ecco ciò che ne dice Vitruvio nel Capo V del primo Libro:
"Ma la grossezza del muro deve, a mio parere, esser tale che gli uomini armati incontrandosi l'un con l'altro possano questi e quelli passar senza urtare. Inoltre in tutta la grossezza del muro s'incastrino travicelli d'ulivo brustolato l'un con l'altro di seguito combaciandosi, di modo che entrambe le fronti del muro con questi travicelli (quasi con arpioni) concatenate, abbiano perpetua durata. Perchè a tale materia nè l'intemperie, nè il tarlo, nè l'antichità può nuocere; ma tanto sepolta in terra che sott'acqua dura eternamente utile senza difetti. Onde non solamente i muri, ma le fondamenta e tutte le pareti, cui si darà una murale grossezza, avvinghiati a questa maniera non potranno di leggieri viziarsi." (Traduzione del Viviani.) [3]

[3] Crassitudinem autem muri ita faciendam censeo, uti armati homines, supra obviam venientes, alius alium sine impeditione præterire possint.
Tum in crassitudine ejus perpetuæ talaee oleagineæ ustulatæ quam crebriter instruantur, uti utræque muri frontes inter se, quemadmodum fibulis, his taleis colligatæ æternam habeant firmitatem.
Namque ei materiæ, nec tempestas, nec caries, nec vetustas potest nocere, sed ea in terra obruta et in aqua collocata permanet sine vitiis utilis sempiterno.
Itaque non solum in muro, sed etiam in substructionibus, quique parietes murali crassitudine erunt faciendi, hac ratione relegati non cito vitiabuntur.
Questo mezzo di collegare i muri con pezzi di legno è stato altre volte usitato a Lione. Io mi ricordo d'aver veduto in antiche case che mio padre era incaricato di far demolire, legami nei muri di tramezzo, formati di travi che stabilivano la grossezza del muro, lunghe 12 in 15 piedi; la maggior parte erano in legno di noce ben conservato: mio padre le vendette ai facitori di mobili pel bel colore scuro che avevano acquistato. Sembra che il legno di abete si conservi del pari nella calcina; perchè nella demolizione d'una parte dell'antico convento dei domenicani, ordinata nel Concilio generale di Lione del 1245, si trovò che le tavole di abete formanti i muri di separazione, rivestite di calcina, erano prive di tarlo e ben conservate.
Una costruzione più curiosa in questo genere è quella di un antico giuoco di palla con ornamenti gotici, i cui muri erano formati da pezzi di quercia legati assieme come le pietre di taglio; essi avevano 9 in 10 pollici di grossezza, sopra piedi 2 1/2 di lunghezza, perfettamente combaciati, e formanti una superficie ben diritta e liscia che aveva l'apparenza di una bella costruzione in pietre di taglio. Tocca agli amatori ed alla gente d'arte il giudicare se questo genere di rivestimento possa presentare qualche vantaggio.

Giulio Cesare nel settimo Libro de' suoi Commentari sulla guerra Gallica, parla pure di una maniera di costruire i muri con travi, pietre di taglio e terra, che egli spiega in tal modo:
"La costruttura poi di quasi tutte le mura de' galli è sì fatta. Sul suolo stendonsi per lo lungo delle travi per tutta l'estensione di esse mura coll'eguale intervallo di due piedi tra l'una e l'altra: si legano queste insieme al di dentro, e s'investono di molta terra. Gl'intervalli poi, che dicemmo, sono al di fuori riempiti di grosse pietre; collocate queste, e ingangherate una coll'altra, si forma sopra un altro strato, servando lo stesso intervallo, in guisa, che le travi non si combacino tra loro, ma, a pari distanza distribuite, poggi ognuna sopra ciascuna pietra messa fra le travi dell'ordine inferiore; così tutto il lavoro è contesto, finchè si giugne alla giusta altezza del muro. Questo alternare di travi, e di pietre, che in retta linea serbano il loro ordine, giova non pure a render l'opera non disaggradevole alla vista per la sua varietà, ma ben anche a renderla sommamente acconcia ad una forte difesa delle piazze, però che dal fuoco le pietra, dall'ariete le travi la proteggono; le quali, il più delle volte internamente commesse per tutta la lunghezza con altre travi di quaranta piedi, fanno sì, che il muro nè rovinare, nè scommettere si possa." (Traduzione dell'Ugoni.) [4]

[4] Muris autem omnibus Gallicis hæc fere forma est: trabes directæ perpetuæ in longitudinem, paribus intervallis, distantes inter se binos pedes, in solo collocantur: hæ revinciuntur introrsus et multo aggere vestiuntur.
Ea autem, quæ diximus, intervalla grandibus in fronte saxis effarciuntur. Iis collocatis, et coagmentatis, alius insuper ordo adjicitur, ut idem aliud intervallum servetur; neque inter se contingant trabes, sed paribus intermissæ spatiis, singulæ singulis saxis interjectis, arte contineantur. Sic deinceps omne opus contextitur, dum juxta muri altitudo expleatur.
Hoc quum in speciem varietatemque opus deforme non est, alternis trabibus, aut saxis, quæ rectis lineis suos ordines servant: tum, ad utilitatem, et defensionem urbium summam habet opportunitatem, quod et ab incendio lapis, et ab ariete materia defendit; quæ perpetuis trabibus pedes quadragenos plerumque intorsus revincta, neque perrumpi neque distrahi potest.


Quasi tutti gli autori che hanno interpretato questo passo, pretendono che tali travi di 40 piedi formassero la grossezza del muro; ma non si trova nulla nel testo che possa giustificare quest'opinione: sembra piuttosto far conoscere che le travi fossero poste secondo la lunghezza del muro, e che quelle messe di traverso, i cui capi uscivano nella faccia esteriore, non avessero già 40 piedi; mentre il testo non dice che tutte le travi avessero tale lunghezza, ma la più parte (plerumque).
Le Figure 6 e 7 della Tavola XI, indicano la maniera onde io credo che tali muri fossero edificati.
Ogni rango di travi, tanto longitudinale quanto trasversale, formava insieme una specie di grata di una sola grossezza, perchè i pezzi erano incavati a metà legno. Per tale disposizione la parete interna trovasi simile all'esterna: gl'intervalli quadrati formatisi internamente per l'incrociatura delle travi, essendo riempiti di terra ben battuta, dovevano risultare da questo collocamento muri di bastioni estremamente solidi, e capaci di resistere agli sforzi dell'ariete senza disunirsi [5].
Indipendentemente dalle diverse forme di preparazione di cui abbiamo parlato, i monumenti antichi offrono ancora altre varietà nell'apparenza esterna della loro costruzione, che si possono considerare come modificazioni degli esempi surriferiti, e le cui forme e proporzioni sortono piuttosto dai dati della decorazione che dai princìpi fondamentali dell'Arte di Edificare.

[5] Nella traduzione italiana dei Commentari di Cesare impressa a Venezia nel 1575, le cui figure si attribuiscono a Palladio, questa specie di muro non è composta che di travi di 40 piedi posti a traverso, cioè formanti la grossezza del muro, appoggiate con un capo sopra uno strato di pietre dalla parte esterna e riunite dall'altro in una grata a piombo che forma la faccia interna e che sembra composta di pezzi riuniti a metà legno. Ma conviene osservare che con tale disposizione, indicata nelle Figura 4, i capi delle grandi travi corrispondenti ai luoghi ove i pezzi della grata si incrociano, non possono essere sostenuti che da maschi cacciati nelle piaghe praticate nei pezzi di legno già indeboliti dagli incavi, e che il rimanente della lunghezza delle travi non è sostenuto che dallo interramento; d'altronde questa combinazione non presenta bastante solidità per resistere ai colpi dell'ariete; esso avrebbe facilmente sfondate queste travi non legate in alcuna parte dell'interno, come indica il testo dei Commentari colla voce introrsus, che qui non vuol dire la faccia interna, ma il mezzo del muro.
Giusto Lipsio nel suo Trattato sulle macchine da guerra degli Antichi, pubblicata in Anversa nel 1599 sotto il titolo di Poliocerticon, dà una figura di questi muri che differisce da quella di Palladio. Egli colloca le travi ad ogni rango di corsìe, ma le dispone in modo che ciascuna corrisponde al mezzo dello spazio di quella del rango superiore o inferiore. Con tale disposizione indicata dalla figura 5 non si trovano strati senza travi come nella figura di Palladio; e ne risulta un tutto alquanto più solido perchè non v'ha che la metà delle travi che sia sostenuta da maschi, e le altre passando pei pezzi orizzontali della grata che forma la faccia interna, poggiano solidamente per tutta la loro grossezza sui pezzi inferiori, e servono pur essi di appoggi alle parti superiori, in modo da potere far senza colonnetti a piombo. Ma nessuna di queste disposizioni possono formare quella forte unione di travi all'interno che fa la forza principale di tal costruzione secondo il testo e che noi abbiamo tentato di produrre colla disposizione indicata e dettagliata nelle figure 6 e 7.