HomeBackForward
Architettura > Arte di edificare > Trattato teorico e pratico dell'arte di edificare
TITOLO
BIBLIO

Jean Baptiste RONDELET

Costruzione in pietre da taglio

TITOLO
BIBLIO

Trascrizione, impaginazione e link: M. Mastrorilli, 2001 -


NOTA

Sulle cause dei guasti avvenuti nei piloni di Santa Genoveffa e sui mezzi impiegati a ristaurarli.

L'interno della chiesa di santa Genoveffa non fu interamente sgombrato dai palchi che avevano servito alla sua costruzione che nel 1794. Nell'anno seguente Soufflot nipote ed io fummo incaricati di questo monumento sotto la direzione della Commissione dei Lavori pubblici; quindi chiamato io stesso alle funzioni di commissario [4], Soufflot nipote rimase solo alla testa di ogni lavoro. Ei fece sopprimere nei grandi pennacchi della cupola le masse di pietra dura che vi si erano lasciate pei quadri e pei bassi rilievi. Per questa operazione s'impiegarono moltissimi tagliapietre che in quell'epoca erano molto difficili da dirigere. Essi operavano con grandi colpi di mazza e senza arte, il che produsse una scossa generale che mise tutta la massa superiore in moto e raddoppiò l'effetto del peso già, troppo considerevole per piloni così mal costruiti all'interno. Il mezzo si sottrasse per così dire al peso sprofondandosi, e tutto lo sforzo si portò sulle pareti esterne e sulle colonne infisse negli angoli, le cui commessure erano fortemente legate. Di là vennero gli screpolamenti e le rotture che si manifestarono in quasi tutte le faccie; e tali effetti furono denunciati a Benesech allora ministro dell'interno.

[4] Fino dal 1770 io era addetto a questo monumento in qualità d'ispettore e specialmente incaricato da Germano Soufflot dello studio delle costruzioni.


Nel febbraio del 1796 egli incaricò il Consiglio dei Fabbricati civili del quale io faceva parte, di trasferirsi sul luogo per esaminare lo stato di questi piloni e fargliene tosto relazione. Venne lo stesso ministro, e fu atterrito dai guasti che avevano provato. Si convenne di stabilire senza ritardo centinature di puntello nelle quattro arcate, e per accelerare tale operazione il ministro corpi interi autorizzò ad impiegare le travi delle armature della chiesa della Maddalena. Si era per cominciare quando l'aapaltatore di quell'edificio, che aveva interesse a non convenire sulla cattiva costruzione dell'interno dei piloni, chiese che prima di mettere le armature si facessero visitare di nuovo i piloni dagl'Ispettori generali degli Argini e Ponti.
Questi signori essendosi uniti ai membri del Consiglio dei Fabbricati civili per fare tale visita insieme, ne risultò da parte degl'Ispettori generali un rapporto esteso nel quale dichiararono di essere dello stesso parere che i membri del Consiglio dei Fabbricati civili sulle principali cause dei guasti nei piloni; ma che non potevano credere che si fosse negletta dovunque la costruzione interna, come sembrava indicarlo la pietra allora staccata da una faccia di questi piloni. Dietro tale idea non riputarono essi che lo stato dei piloni fosse così pericoloso da stabilire le centinature da me proposte.


In quell'epoca io pubblicai la mia Memoria Storica sulla cupola di Santa Genoveffa (allora Panteon Francese) onde offrire una giusta idea dello stato di quest'edificio, che sembrava non essere conosciuto dalla maggior parte di coloro che proponevano i mezzi di ristaurarlo.
Dopo molte discussioni e dibattimenti fra gl'Ispettori generali e gli Architetti si stabilì di strappar nuove pietre da uno dei piloni per assicurarsi del vero stato della costruzione interna. Fu scelto il primo pilone a destra entrando, il quale era il meno danneggiato, e dopo averne svelto le pietre a diverse altezze si riconobbero gli stessi vizj di costruzione del secondo pilone, dalla cui facci asinistra si era tolta la prima pietra: cioè che le pietre delle pareti erano diminuite a cuneo di grossa punta, e che le commessure dei sedimenti, che non avevano più di due linee di grossezza sulle faccie apparenti, ne avevano 24 o 30 nell'interno con iscabrosità e riempimenti di pietrami informi mal murati e privi di malta. Questo stato che io non conosceva punto, e che sorprese me del pari che gl'Ispettori, fu provato dai disegni (Tavola XVII) uniti al processo verbale fatto sul luogo e firmato dagli Architetti e dagl'Ingegneri. Questi vizj di costruzione erano la conseguenza inevitabile dei lavori a prezzo fermo, come si era praticato gran tempo prima che mi s'impiegasse alle opere di questo edificio. Germano Soufflot era stato ingannato, ed io del pari, dall'aspetto accurato che offrivano le pareti esterne.


Malgrado le prove di questo mal essere che distruggeva tutte le objezioni degl'Ispettori generali, persistettero eglino nella propria opinione. Si nominarono due matematici per analizzare e giudicare le ragioni allegate da una parte e dall'altra, ma non vollero pronunciare, e fu deciso che gl'ispettori generali, gli architetti e i matematici facessero ognuno il loro rapporto separato al ministro dell'interno che allora era Francesco di Neuchàteau. Questo ministro nominò un'altra commissione che avendo esaminato lo stato dei piloni fu atterrita dal progresso dei guasti. Essa sollecitò con una lettera diretta al ministro l'11 termidoro anno VI, agosto 1798, la costruzione delle centinature da me proposte e inoltre l'erezione di quattro muri angolari per unire i piloni della cupola agli angoli rientranti dei muri esterni; dimandò inoltre che M. Gauthey ispettore generale dei ponti ed argini, ed io stesso le fossimo aggiunti, come pure Patte che aveva prima di tutti scritto sull'insufficienza dei piloni. Da questa riunione risultarono nuovi dibattimenti e nuove incertezze che fecero sospendere l'esecuzione dei lavori fino al termine dell'anno VII (1799). Finalmente la relazione di una commissione di membri dell'Istituto propose di continuare le opere di centinatura.


L'oggetto di esse centinature era non solo quello d'impedire i deterioramenti progressivi, ma di sostenere una parte del carico dei piloni durante il tempo dei loro ristauri.
Una centinatura comune composta di legnami isolati per tutta la loro lunghezza sarebbe stata insufficiente per una massa così grande, valutata circa 20 milioni di libbre. E dopo aver meditato gran tempo su ciò, mi decisi a formare le armature e i piedi ritti con pezzi di legname combaciati e fortemente riuniti da ascialloni e cavicchie di ferro, come se ne possono vedere i particolari nel Quinto Libro, Sezione terza, Capo II di quest'opera.


Un decreto del 20 febbraio 1806 avendo restituito quest'edificio al culto si prepararono somme pel ristauro dei piloni della cupola e pe terminare la chiesa, conformemente all'intenzione del suo fondatore, sotto il nome di Santa Genoveffa protettrice di Parigi.
Io fui incaricato dal ministro dell'interno di questa difficile operazione, a cui mi era già preparato da gran tempo, tanto per la continua ispezione dello stato dei piloni, e degli effetti che ne risultavano su tutte le parti che vi si riunivano, come dall'esame ponderato delle memorie scritte e pubblicate a tale effetto e delle discussioni avvenute fra i membri delle varie commissioni nominate dal ministero dell'interno, e delle quali io ho sempre fatto parte. Io pensai che per giugnere a procurare a questa parte dell'edificio tutta la solidità che esigeva un monumento di tal genere, conveniva conoscere bene le cause vere dei guasti affine di distruggerle.
Tutte le commissioni incaricate di esaminare lo stato dei piloni avevano acconsentito in ciò che i deterioramenti avevano tre cause principali: 1.° l'attenuamento e la poca cura nel taglio dei sedimenti delle pietre con tutti i vizj che vi si attengono; 2.° gli appoggi in falso prodotti dal retrocedimento del muro che forma il cilindro della cupola, per decorare l'interno con colonne invece di pilastri; 3.° il troppo grande numero degli operai impiegati ad appianare la cupola, che scuotendo la massa superiore avevano aumentato considerabilmente l'effetto del peso da cui erano aggravati i piloni.


Per riuscire nei ristauri di questi piloni era necessario di evitare nelle nuove costruzioni tutti i difetti e gli inconvenienti delle antiche e tentar in uno di consolidarli, e scegliere per le nuove la pietra di migliore qualità e la più propria a resistere al peso. Dopo molte sperienze fatte sulle varie specie di pietre dei contorni di Parigi, ho preferito quella che si chiama Roccia dura di Châtillon. Per evitare i funesti effetti dell'attenuamento de' sedimenti, ebbi cura di farli appianare come le pareti, e così le commessure; e per prevenire ogni specie di abbassamento, feci posar le pietre una sull'altra senza biette. Invece di calcina comune si è adoperato il cemento di tegole passate per uno staccio fatto espressamente e munito di una tela metallica finissima. Ogni pietra era battuta sul suo letto in guisa che nelle commessure non restava che uno strato sottile, egualmente compresso, onde evitare la reazione sotto il carico, di due corpi duri posati uno sull'altro.
Posata che era ciascuna corsìa con tutte le precauzioni indicate, si appianava il letto superiore onde togliere le leggiere differenze che potevano esistere nell'altezza delle pietre. Esse erano riunite da ramponi di ferro colorati ad oglio e murati in cemento grasso e tegole per farle serrare solidamente. Quelle che uniscono le antiche costruzioni sono state legate fra loro con ramponi ad ulivella, in due pezzi formanti un Y, e con armadure messe di tre in tre corsìe.


Quando si pervenne alla corsìa sotto l'architrave, che doveva riparare i sotegni in falso sulle faccie esteriori dei piloni fra le colonne, si ebbe la precauzione, invece di tagliarla di eguale grossezza facendo i sedimenti paralleli, di dare al di sotto dell'architrave ed al di sotto delle pietre che vi dovevano combaciare, una lieve inclinazione in ragione di una linea per piede di larghezza; in seguito con seghe a gres fatte espressamente si segava la commessura del sedimento che doveva unirsi a quello della massa superiore. Si aveva cura di cacciar dentro le pietre a misura del segamento, e quando erano 6 pollici circa distanti dal fondo si forzavano ad entrare col mezzo di vari martinetti a tal uopo disposti; e col mezzo di alcuni fori di trapani e d'imbocature le unioni eran prima riempite di cemento fluido, il cui eccesso rifluiva quando le pietre erano a posto.
La più difficile operazione e che esigeva maggiori cure era il togliere le parti infrante, il che si doveva fare senza percosse onde non iscuotere la massa superiore. Se ne venne a capo facendo dei tagli di sega a gres inclinati ed a piombo che facilitavano l'estrazione delle pietre difettose senza servirsi di martello; dopo ciò la massa era sostenuta in tutti i sensi in modo da non impedire i lavori di ristauro.


Coi trapani si giunse a fare dei fori di 2 pollici di diametro tanto per riempiere in cemento e gesso i vuoti e le commessure interne delle pietre che erano state mal murate, quanto pel passaggio delle grandi armadure che attraversavano la massa dei piloni per legare le nuove costrutture colle vecchie. L'azione dei trapani e delle seghe a gres era diretta da un meccanismo che variava secondo le posizioni e le circostanze, onde operare con più cautela ed esattezza.
Per ottenere la maggiore perfezione possibile in tutti i lavori, io poi aveva organizzate officine cogli operai più destri e più intelligenti in ciascuna parte, condotti da un ispettore e da capi abili, ai quali aveva spiegato i motivi di ogni operazione, e la necessità di tutte le cautele da prendersi per ben adempiere al loro oggetto. Io stesso mi sono interamente occupato della direzione di questi lavori; e indipendentemente da tutti i dettagli figurati e dai disegni per l'esecuzione, sorvegliai assiduamente tutte le opere, ed ho avuto la compiacenza di vedere che sovente si superavano le precauzioni da me indicate; e dopo la smontatura delle centine, e malgrado l'esperimento delle politure che imprimendo un moto nella massa, tendevan a farne scoprire le minime imperfezioni e i punti deboli, nessun accidente si è manifestato nei lavori di riparazione che adesso contano più di 17 anni [5].

[5] Si troveranno i più minuti ragguagli di questa operazione nell'opera intitolata "Descrizione Storica e Grafica della Nuova Chiesa di santa Genoveffa", i disegni e la redazione della quale corpi interi occupano già da più anni.


NOTA DEL TRADUTTORE

Se le pietre per le costruzioni fossetro tagliate con tutta la diligenza, onde ottenere superficie ben appianate ed angoli esatti, la posatura di esse in opera sarebbe cosa di pochissima importanza perocchè non consisterebbe che nel disporre i pezzi secondo l'apparenza ideata dal costruttore. Ma siccome o per l'avidità degli operai e degl'imprenditori o per la negligenza di chi dirigge le fabbriche le pietre non sono quasi mai esattamente apparecchiate, così tutte le precauzioni e tutto lo studio della posatura debbono impiegarsi in questo caso, onde almeno ripiegare coll'arte agli originali difetti delle pietre ed ottenere quant'è possibile buone costruzioni. Quando le pietre sono esattamente preparate, le costruzioni possono essere solidissime anche senza cementi, perni o ramponi metallici, purchè la disposizione dei pezzi sia tale da collegarli insieme in modo che una pietra non possa togliersi senza che tutta la costruzione o crolli o si scommetta; ma tuttavia l'uso dei perni e dei ramponi metallici sarà sempre prudentissimo per non affidare la solidità di una struttura al solo peso ed aderenza delle masse. Ma se si debbono porre in opera pietre di imperfetta preparazione è indispensabile l'uso di cementi per ottenere una discreta stabilità, e perciò la principal cura debb'essere di adoperare una malta fina di buona presa, di non lasciare alcun vano fra pietra e pietra, di porre uniforme lo strato della malta nelle commessure orizzontali, onde pure uniformemente si ristringa nell'asciugarsi sotto il peso delle pietre. Prima però di procedere alla posatura di una pietra è necessario esplorare coll'archipendolo o colla livelletta a bolla d'aria se il piano superiore dello strato o filare sottoposto sia a livello; e nel caso che non lo sia è necessario ridurlo. Si mette quindi in prova la pietra che vi si deve sovrapporre, cioè si colloca a posticcio nel luogo assegnatole, e col piombo, colla squadra e coll'archipendolo si esplora se le sue superficie sono bene spianate e combaciano esattamente colle pietre adiacenti; nè si procederà alla stabile posatura se tali condizioni non si trovano adempite. Riconosciuta bene apparecchiata la pietra si leva di posto, si spazzano accuratamente e si bagnano gli strati, esi stende sull'inferiore, per l'altezza non maggiore di 18 centimetri, una malta fatta di calce e polvere finissima di tegole e meglio di marmo. Si ripone la pietra e coi soliti aiuti della squdra e del livello fatta andare a sito si batte con mazzuolo di legno onde tutta la malta superflua sia rigettata dalle commessure. Così compiuta la costruzione non rimane che di radere le pareti esterne, e di togliere dalle commessure quanto si può la malta empiendo i tagli accuratamente con nuova malta, stropicciandola più volte con un lisciatoio di ferro finchè abbia acquistato tutta la durezza di cui è capace.