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Architettura > Arte di edificare > Trattato teorico e pratico dell'arte di edificare
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Jean Baptiste RONDELET

Costruzione in pietre da taglio

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Trascrizione, impaginazione e link: M. Mastrorilli, 2001 -


Delle dimensioni delle pietre.

Si osserva in molte costruzioni antiche e moderne, che le pietre troppo sottili, cioè che hanno uno spessore troppo piccolo per la loro lunghezza, si rompono sotto il peso. Questi accidenti succedono quando le pietre non poggiano egualmente per tutta la superficie dei loro letti, o perchè tali superficie non furono esattamente appianate o per l'effetto di qualche abbassamento ineguale che ha spostate le pietre inferiori. Più le pietre sono grosse relativamente alla lunghezza, più sono forti per resistere a tale effetto, che sovente è difficilissimo da prevedere e da impedire.
Per le opere che hanno un gran peso da sostenere, come sono i muri e i punti di appoggio, le pietre cubiche sono le più forti, ma esse hanno minore stabilità e non si legano abbastanza. Quelle la cui lunghezza è molto maggiore dell'altezza, hanno maggiore stabilità e si legano bene, ma hanno minor forza da resistere al peso. Secondo le sperienze da noi fatte sopra quasi tutte le specie di pietre, la lunghezza delle pietre di mediocre durezza e consistenza può essere determinata a due o tre volte l'altezza o lo spessore, e la larghezza ad una volta e mezzo o a due volte questo stesso spessore.


Quando si hanno pietre dure di una grande solidità, e che abbiano più di un piede di grossezza dopo essere tagliate, si possono far lunghe cinque o sei volte la loro altezza, e larghe due o tre; le dimensioni maggiori sono più dispendiose ed inutili. Nella Tavola XIII, la Figura 1 indica la forma delle pietre cubiche; quella rappresentata dalla Figura 2 è lunga e larga una volta e mezzo la sua altezza. La lunghezza della Figura 3 è doppia della sua altezza, ed è larga una volta e mezzo: queste sono le dimensioni che convengono alle pietre che non hanno molta durezza. La Figura 4 è lunga tre volte l'altezza e larga due volte: queste sono le proporzioni che convengono alle pietre mediocremente dure. La Figura 5, che è lunga 4 volte la sua altezza e larga due volte, indica le proporzioni convenienti alle pietre dure.


Nelle costruzioni antiche si trovano molti esempi di pietre quasi cubiche, come negli avanzi della carcere Tullia presso il Campidoglio a Roma, e nell'arco di Jano presso il Colosseo; alcune hanno quasi due metri per ogni lato.
Gli antichi hanno pure impiegato enormi pietre per formare soffitti ed architravi di un solo pezzo: se ne trovano nelle ruine di antichi edifici nell'Alto Egitto che hanno fino 9 in 10 metri in quadrato con uno spessore considerevole.
Io ho misurato uno degli architravi che aveva servito al gran tempio di Selinunto in Sicilia; esso ha 20 piedi e 2 pollici di lunghezza sopra 6 piedi ed 8 pollici di altezza, e 4 piedi 1/2 di larghezza, cioè lungo metri 6 1/2, alto 2, e largo 1 1/2; il suo peso deve essere più di 90 mille libbre; esso è rappresentato dalla Figura 12, ma la prospettiva impedisce di giudicarne la lunghezza.


Nuovo metodo per l'apparecchio dei massicci e rivestimenti in pietre di taglio.

Quando si avranno massicci considerevoli da costruire in pietre di taglio si potrà disporle in modo che col loro apparecchio tendano a formare una massa sola, indipendentemente da ogni altro mezzo di riunirle, come sono la calcina, i perni di ferro ed i ramponi di bronzo di cu gli antichi facevano un uso estesissimo.
Il mezzo che io propongo, ed è indicato dalla Figura 1 della Tavola XIV, consiste nel dare una leggera inclinazione verso il centro ai letti delle corsìe di cui sono fatti tali massicci. Da tale disposizione risulta che la stabilità si trova aumentata dall'azione combinata del peso, di cui una parte è deviata dalla sua direzione naturale per effetto dei piani inclinati, per portarsi al centro in tutti i sensi. Nondimeno per non derogare al principio generale dell'apparecchio, che vuole i letti e le commessure sempre perpendicolari alle superficie esterne, converrebbe dare alquanta inclinazione a tali superficie; questa modificazione aumenterebbe ancor più la stabilità di queste costruzioni dando loro più base [2]. Tale disposizione sarebbe specialmente d'un grandissimo vantaggio pei rivestimenti che in generale tendono a staccarsi dalle murazioni alle quali sono applicati, perchè la differenza della costruzione li rende capaci di un abbassamento ineguale. I muri dei terrapieni e dei bastioni che hanno inoltre da sostenere la spinta delle terre, dovrebbero essere costrutti preferibilmente in questa maniera. La loro resistenza, a masse eguali, diverrebbe più grande per la tendenza al centro che risulterebbe da questa disposizione di pietre.

[2] Questo mezzo, che può sembrare soverchio per infinite circostanze, può ricevere un'utile applicazione nella costruzione dei fari ed altre opere marittime esposte alla incredibile violenza delle tempeste. Il faro d'Edistone (Tavola XIV, Figure 7, 8, 9, 10, ecc.) del quale abbiamo parlatonel primo Libro circa i graniti ond'è rivestito, fornisce un esempio assai rimarchevole ad appoggio di quest'asserzione. Il rapporto di tutti i lavori della sua costruzione forma un'opera magnifica pubblicata dall'Autore Smeaton, tradotta in Francese da M. Pictet di Ginevra, e l'estratto di essa trovasi in parte nella seconda Raccolta di Memorie pubblicate da M. Le Sage nel 1808.
"La roccia d'Edistone è la sommità dirupata di una montagna di granito nascosta sotto le acque dell'Oceano; la sua superficie inclinata s'innalza così poco sopra il livello di esso che due volte per giorno scompare sotto la marea. Altre punte meno elevate, che non si scoprono che nella bassa marea, la circondano formando scogli che ne rendono l'approdo difficile e periglioso; ma altre circostanze contribuiscono pure a respingere il più ardito navigante. La roccia è tagliata a picco per l'altezza di 85 piedi in tutta la sua circonferenza; il mare non è mai tranquillo in quei paraggi, e le onde battono contro questa specie di muro con una violenza che fa balzar l'acqua per trenta o per quaranta piedi. Per dare un'idea degli ostacoli che si opponevano all'impresa di Smeaton, basterà dire che nei mesi più placidi dell'anno, nei periodi più importanti del lavoro, nei quali i marinari e gli operai erano ansiosi d'approdare pel potente impulso di una mercede ad un tanto per ogni ora, Smeaton e tutta la sua ciurma sono stati talora dieci, dodici, quattordici, ed una volta perfino diciotto giorni all'ancora innanzi a questo formidabile scoglio, benchè il mare non fosse d'altronde molto agitato."
Già due fari erano stati costrutti sopra questo scoglio, il primo, compiuto nel 1698, era del tutto sparito dopo la furiosa tempesta del 26 novembre 1703, il secondo costrutto in legno sopra un massiccio di murazione, fu divorato da un incendio dopo aver resistito per mezzo secolo.
Smeaton, chiamato dalla sua fama a ristabilire un'opera divenuta ormai indispensabile, propose di ricostruirla in pietre e persistette nel suo progetto malgrado le difficoltà che doveva presentare l'esecuzione. Sembra che la lettura delle opere di Bèlidor gli abbiano suggerito l'idea di unire solidamente la base della torre del faro allo scoglio col mezzo di tacche a coda di rondine, come si è praticato pel pavimento della grande chiusa di Cherburgo. Questo stesso mezzo d'unione combinato ad un sistema d'apparecchio, fu quello ch'egli impiegò per formare un solo pezzo delle pietre che componevano ciascuno strato, il cui volume, avuto riguardo alle difficoltà del trasporto e della posatura non poteva eccedere 10 piedi cubici pel granito ed 11 per la pietra. Per collegare fra loro le corsìe adoperò cubi di marmo piantati fra strato e strato, ed assicurò pure la solidità di tutta la massa col mezzo di molti ramponi di ferro piombati.
L'autore aveva anche pensato di formare ciascuna corsìa alla foggia delle articolazioni dei basalti, facendole alternativamente con una superficie concava ed una convessa che si combaciassero; ma preferì il mezzo che abbiamo indicato.
Rendendo tutta la giustizia ai talenti superiori spiegati da quest'ingegnere in una impresa così difficile, non è però fuori di proposito osservare che non si può avere molta fiducia nella solidità di molte di queste unioni. Infatti si dura fatica a concepire che le pietre tagliate, che formano il nocciuolo della torre, abbiano potuto resistere senza rompersi al solo movimento impresso alla massa dalla violenza dei flutti durante la tempesta. Noi ignoriamo lo stato attuale di quest'opera importante, ma saremmo sorpresi nel vedere che queste parti troppo fragili non si fossero rotte, il che senza nuocere alla solidità dell'assieme proverebbe almeno l'insufficenza di questo mezzo.
Del resto non si vede perchè l'imitazione delle articolazioni basaltiche nella forma delle corsìe, ciò che ha qualche rapporto coll'apparecchio che qui proponiamo pei massicci, siasi giudicata meno praticabile, specialmente se si considera che la perfezione del taglio era portata a tal punto che ciascuna corsìa sperimentata dapprima sulla spiaggia poteva in seguito essere collocata alla stessa maniera colla differenza di circa 1/40 di pollice.


Si è immaginato il pendìo per rinforzare i muri e procurare maggiore solidità a certe opere come sono le sostruzioni ed i muri delle bastite. Ma facendo i letti delle corsìe a livello, non ne risulta tutto il vantaggio che potrebbe derivare da questo pendìo se i letti fossero perpendicolari alle superficie loro; perchè gli angoli alternativamente acuti ed ottusi che formano i letti orizzontali colla superficie inclinata del muro non sono privi d'inconvenienti.
Nei muri dei terrapieni, questi angoli ineguali divengono viziosi perchè l'effetto della spinta delle terre, che tende a rovesciarli, si porta sugli angoli acuti che sono i più deboli onde sono soggetti ad ischeggiarsi. L'abbassamento ineguale produce spesso un effetto nei muri inclinati che non hanno spinta da sostenere: perciò conviene evitare il più che si può di fare ineguali gli angoli dei letti delle pietre. Le Figure 2 e 3 della Tavola XIV possono supplire ad ulteriori spiegazioni.
Invece di pendìo si forma talora di dentro od esternamente dai muri certe parti saglienti, alle quali si dà il nome di barbacani, speroni o pilastri di rinforzo onde procurare maggior forza o resistenza contro gli sforzi che possono aver da sopportare, come sono la spinta delle terre o delle volte.


Si mettono i contrafforti a certe distanze gli uni dagli altri e si dà loro maggiore o minore salita; ma qualunque ne sia la disposizione, è essenziale che sieno ben legati al muro a cui devono servire di appoggio; che sieno costrutti nello stesso tempo e sugli stessi fondamenti perchè non possano staccarsene e trascinar seco il muro invece di sostenerlo, il che potrebbe avvenire dei contrafforti applicati dopo, ed eretti su fondamenti diversi da quelli del muro.
Non conviene inoltre che il genere di costruzione adottato pei contrafforti sia suscettibile di abbassamento maggiore del muro; così i contrafforti di mattoni applicati ad un muro in pietrame non valerebbero nulla in confronto dei contrafforti di pietrame contro un muro in mattoni; perchè vi è minor pericolo quando il muro trascina i contrafforti, che quando i contrafforti trascinano il muro. Il meglio è di costruirli in pietra di taglio come le parti dei muri alle quali si attaccano. Qualunque sia però il genere di murazione impiegato a costruire i contrafforti, l'inclinazione data alle corsìe, diretta perpendicolarmente a quella del pendìo non può mancare di cospirare potentemente al loro effetto.
In quanto alla forma ed alle dimensioni che convengono al pendìo ed ai contrafforti dei muri sostenenti uno sforzo laterale, come la spinta delle terre e delle volte, si parlerà nel nono Libro.