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P. Benvenuto BAZZOCCHINI O.F.M.

San Damiano in Assisi.

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Trascrizione, impaginazione e link: M. Mastrorilli, 2000 -


Dal dormitorio suddetto, per via d'una porta la cui chiusura è appena dissimulata da una grata di ferro, si scendeva altre volte nella cappellina che è l'Oratorio di S. Chiara. La forma e l'apertura della porta, come pure i quattro scalini di dislivello fra i due ambienti, si notano benissimo dal lato dell'Oratorio. Era questo il luogo dove S. Chiara, per sua devozione, custodiva le Sante Specie; era il suo santuario domestico, il secretum cubiculum dove essa sfogava i suoi sospiri, versava le sue lacrime e cercava le sue consolazioni. La santa Abbadessa restò quasi vent'otto anni malata; e la prossimità della sua cella al piccolo Oratorio spiega il motivo dei privilegi al sacro luogo accordati. Oltre la singolare prerogativa della conservazione delle Sante Specie, S. Chiara potè ottenere per la sua venerata cappelluccia una consacrazione solenne dagli stessi sette Vescovi che promulgarono l'Indulgenza del Perdono nella cappella della Porziuncola, i quali vi apposero sette anni d'indulgenza, da lucrarsi la vigilia di S. Lorenzo martire, giorno in cui ebbe luogo la detta consacrazione.[71] Il piccolo santuario è una cameretta quasi quadrata (m. 5 x 4,80), a volta, che acquista grazia e forma di cappella da un'absidiola, sita al lato opposto della indicata porta d'ingresso presso il dormitorio. L'absidiola, che era stata in parte demolita, venne recentemente scoperta e restaurata, come pure i begli affreschi del sec. XIV che ne formano la parte decorativa. Nell'interno dell'abside, sur un fondo rossigno elegantemente drappeggiato, spiccano dipinti di buona mano, a forma di medaglioni: nel mezzo, i frammenti di una pittura di Madonna che tiene in mano il divino Infante, ai lati S. Francesco e S. Chiara assai ben conservati e i quattro Evangelisti attorno all'arco dell'abside, sopra cui spicca, in alto, il trono del divino agnello. Presso l'angolo della parete, in cornu Evangelii, sono dipinte un gruppo di monache, pavide e imploranti; e innanzi ad esse la loro Madre che le addita al Dio dell'amore, dipinto in forma di bambino, il quale sembra rispondere dal fondo della nicchia colla sua voce infantile: « io sempre vi custodirò ».[72] Due angeli volanti alzano il velo del piccolo santuario ed altri sono intorno in atto di adorazione. Questa pittura, abbastanza ben conservata, è d'incomparabile efficacia suggestiva. La decorazione della cappella è incompleta: altri dipinti non si notano, all'infuori di un'alta figura monacale che s'aderge sulla parete poco distante dal gruppo indicato, ed è uno dei più bei ritratti antichi di S. Chiara. L'altare dell'Oratorio, semplicissimo, sorge alquanto distaccato dall'abside; e la sua forma, a foggia di banco, lo dimostra ben antico, forse conteporaneo alla costruzione della cappella.

[71] L'autenticità di questo fatto, lungamente narrato dal BARTOLI nel trattato « de Indulgentia S. M. de Portiuncula », ediz. Paris, 1900, è messa fuori di dubbio da una frase dello stesso documento « sicut aperte testificant sorores domine monasterii sancte clare de assisio ». Il P. Francesco Bartoli è dei primi del 1300, e potè aver conosciuta qualcheduna delle superstiti compagne di S. Chiara.
[72] CELANO, Legenda Sanctae Clarae Virginis, Ediz. Pennacchi, Assisi, 1910, p. 31.


Di fronte all'abside e all'altare, appoggiato alla parete, è un grosso armadio dove si conservano le Reliquie che hanno maggior importanza per il convento di S. Damiano.[73] Ne diamo la nota, secondo l'ordine in cui le troviamo registrate nella Cronologia del P. Antonio da Orvieto, il quale ebbe sotto gli occhi i documenti e la Cronaca conventuale: 1° Dell'Abito e del velo di S. Chiara; 2° del Pane che benedisse alla presenza del Papa la medesima Santa; 3° il suo Breviario manoscritto, del quale si serviva per la recita del divino Uffizio; 4° la Campanella colla quale chiamava le sue monache al coro; 5° il Calice dove prendeva la purificazione dopo la Santa Comunione; 6° il suo Ostensorio dove conservava il Santissimo Sacramento; 7° una pezzolina con del sangue represso del costato di S. Francesco; 8° altre reliquie del Serafico Patriarca: del suo abito, del suo cordone ecc. ecc.; 9° una Croce piena di reliquie che portava S. Bonaventura cardinale; 10° Reliquiario donato dal Pontefice Innocenzo IV a S. Chiara, contenente molte reliquie, fra le altre quelle dei santi martiri Cosma e Damiano; 11° altre reliquie di santi dell'Ordine.
Ciò che subito si fa notare in questo catalogo è il numero e l'importanza delle reliquie di S. Chiara; e una domanda sorge spontanea, la quale richiede una pronta spiegazione: Come va che le monache Clarisse, allorchè abbandonarono S. Damiano per ritirarsi entro le mura della città (an. 1257), non portaron seco quegli oggetti preziosi che ricordavano la loro Madre e i bei giorni del monastero? Eppure esse avevano avuto autorizzazione di esportare tutte le cose mobili, « lasciato intatto il corpo del monastero ».[74] In forza di questa autorizzazione venne infatti trasportato al nuovo monastero di S. Giorgio il miracoloso Crocifisso che parlò a S. Francesco, il suo breviario ed altri ricordi; e non si può supporre che venissero dimenticate proprio le principali reliquie di S. Chiara. Il fatto singolare merita di essere esaminato; ma secondo nostro parere trova la sua spiegazione nelle circostanze in cui avvenne lo sgombro di S. Damiano da parte delle monache. Le buone religiose non lasciarono di lor volontà quel luogo, caro ad esse come la culla del loro Ordine: l'abbandono era forzoso; ma il dolore della partenza venne forse lenito dal pensiero che la loro casa restava in mano di fratelli. E quali fratelli ! Esse li avevano visti al loro fianco, in tutte le prove, e li ritrovarono al capezzale della loro Madre morente.[75] Fra Leone, Fra Ginepro erano là .... e tutti i fedeli di S. Francesco che ancora sopravvivevano.

[73] Le reliquie di S. Damiano, molto interessanti per la storia del Santuario, hanno anche un certo valore artistico: la loro autenticità e stata molto esaminata in questi ultimi tempi e - per le principali almeno - messa fuori di discussione. Noteremo per le più importanti: 1° il Breviario è un codice liturgico di prim'ordine; il signor Augusto Cholat, riputato critico storico per gli oggetti sacri, ha descritto il codice, ne ha fatto risalire l'origine a Fra Leone compagno di S. Francesco ed ha stabilita la data del suo compimento all'anno 1227, epoca che del resto si legge al principio del Breviario. È un dono di Fra Leone a S. Chiara. Le osservazioni del critico francese lo hanno condotto a stabilire « l'importanza del manoscritto di S. Damiano, tanto dal punto di vista francescano quanto da quello liturgico, come pure a valutare lo straordinario interesse col quale sarebbe accolto se venisse pubblicato », (Le Breviarie de Sainte Claire, Paris, 1904); il Sabatier ne accetta senza contrasto l'autenticità (ediz. Speculum. Perfect., p. LXXXII). - 2° La Campanella di S. Chiara ha una forma singolarissima: il suo orificio è munito di certi aculei metallici, convergenti, a forma di denti, inseriti si crede per addolcirne il suono, che difatti è straordinariamente armonioso. - 3° Del Calice di rame e Patena non si può rilevare se non la forma antiquata e ordinaria, come quelli delle chiese povere del medio evo. - 4° La Croce pettorale di S. Bonaventura, forse un ricordo di questo santo al convento di S. Damiano. È una bella croce in argento dorato, con minuti lavori a filigrana e qualche pietra preziosa, inserita su piede metallico: mostra nel centro una reliquia della Santa Croce. - 5° Il Reliquiario d'Innocenzo IV, in rame dorato, ha 60 centimetri di altezza, stile gotico, ornamenti di gugliette, cornici e trafori e due stemmi a smalto nel piede. In un cilindro mobile nell'interno si conservano le reliquie. Il nostro Cronologo, P. Antonio da Orvieto (Cronologia ecc., pp. 117-118) ricorda un'altra reliquia, l'Anello di S. Chiara, sottratto ad opera d'un frate spagnolo nel 1615: malgrado le attive ricerche fatte da' Priori del Comune di Assisi (ANTONIO CRISTOFANI, Storia della Chiesa e Chiostro di S. Damiano, Assisi, Tip. Sensi, 1882, pp. 169-173) il prezioso anello non fu potuto rintracciare. Anche le altre reliquie di S. Damiano hanno il loro valore: del Tabernacolo di S. Chiara discorreremo a lungo, in particolare.
[74] Bullarium Francisc., vol. II, p. 23.
[75] CELANO, Legenda Sanctae Clarae Virginis, Ediz. Pennacchi, Assisi, 1910, pp. 63-64.


A tali religiosi restò affidata con tutta probabilità la custodia di S. Damiano e nelle loro mani il deposito dei grandi ricordi di S. Chiara e del monastero. Sembra anzi che sia avvenuto una specie di accordo, quale solo può immaginarsi tra fratelli e sorelle per uno scambio affettuoso di ricordi di famiglia; così noi vediamo esulare verso il nuovo monastero di S. Giorgio le memorie francescane, mentre restano a S. Damiano i cimeli delle Clarisse. Non sappiamo se un tale accordo avesse luogo realmente; è certo ad ogni modo che di queste pietose circostanze si dovette tener conto in seguito tra gli abitatori di S. Damiano e le figlie di S. Chiara. Perchè noi vediamo alcune reliquie ricordate in passato come appartenenti al monastero d'Assisi, le quali oggi figurano nel catalogo di quelle di S. Damiano. È il caso del reliquiario ove da S. Chiara si custodiva la S. Eucarestia. Il nominato P. Francesco Bartoli[76] assicura che un tal reliquiario era conservato nel 1332 in sancta Clara de Assisio, e lo descrive come una capsula eburnea per spatium unius palmi longa et alta, in qua est alia capsulina parvulina de argento in qua erat Corpus Christi quod locutum fuit eidem Virgini Clarae etc., etc. Al giorno d'oggi non si trova più in S. Chiara d'Assisi questo prezioso reliquiario. Si trova invece in S. Damiano una capsulina di avorio, cerchiata e con fermaglio di argento e lunetta per sostenere la santa Ostia: questa capsulina si ritiene per tradizione esser quella ove S. Chiara conservava la Santissima Eucarestia, e dev'esser la stessa della quale parla il Bartoli. L'altra capsula eburnea per spatium unius palmi longa et alta etc., è scomparsa.[77] Ma in S. Damiano si conserva un altro reliquiario, un Ostensorio (n. 6 nel Catalogo delle reliquie) cui pure è legato per tradizione il nome di S. Chiara. Questo Ostensorio è altra cosa, da non confondersi colla capsula eburnea, nè colla capsulina indicata. È un vaso d'alabastro di circa un palmo e mezzo di altezza, lavorato al tornio a foggia di tabernacolo, di forma liscia e tondeggiante, a trafori, con piedestallo e calottina mobili, dove si adatta benissimo la capsulina sopraddetta, e l'uno e l'altra si usano esporre nelle solenni funzioni di Quarant'Ore a S. Damiano: col nome di Ostensorio di S. Chiara la tradizione vuol forse indicare soltanto che questo reliquiario esisteva in S. Damiano fin dai tempi di S. Chiara.
Contro la reputazione di antichità dell'Ostensorio di S. Chiara si elevano alcune obiezioni che si possono riassumer per due capi: 1° la forma stessa del reliquiario, la quale rivela un'opera d'arte postuma, con caratteri del rinascimento; 2° l'assenza di documenti intorno alla sua origine, giacchè del tabernacolo d'alabastro non si ha notizia prima del sec. XVII, o almeno non se ne parla nei documenti.
Intorno alla forma del tabernacolo noi non possiamo dire gran che; ma sappiamo che l'arte del tornio è molto antica ed era ben conosciuta nei monasteri del medio evo: essa porta di sua natura la forma liscia e tondeggiante, e non mancano esemplari simili al nostro prima del 1500. Ricordiamo la tavola della Galleria di Siena del sec. XIII:[78] ivi S. Chiara è dipinta con un ostensorio in mano, che differisce poco nella forma da quello di S. Damiano. Quanto al silenzio dei documenti intorno all'origine del tabernacolo, osserviamo per via d'analogia che l'argomento negativo porterebbe alla eliminazione di tante altre reliquie che si conservano in tante altre chiese; eppure della loro antichità e autenticità nessuno dubita, quantunque non si possa presentare il documento sincrono in loro favore.
Tutto considerato, ci sembra che gli argomenti contro il nostro tabernacolo non abbiano un valore decisivo; e noi - anche dopo le surriferite obiezioni possiamo concludere, con grande presunzione di verità, in favore della tradizione di S. Damiano.

[76] FRANCESCO BARTOLI, Tractatus de Indulgentia S. Mariae de Portiuncula, ediz. Sabatier, Paris, 1900.
[77] Non si trova più indicata, nemmeno nel Catalogo del 1741, intitolato: Tesoro Sacro delle Reliquie che si conservano nel Santuario di Santa Chiara d'Assisi, O. RINGHIERI, Bologna, Tip. Longhi, 1741. Nelle Memorie conventuali di S. Damiano si parla pure di una cassetta in legno, lavorata a intarsio, e scoperta nella leggera demolizione dell'absidiola dell'Oratorio di S. Chiara nel 1832; ma le descrizioni che ne dànno il LOCCATELLI nella sua Vita di S. Chiara e il CRISTOFANI nella Storia di S. Damiano (p. 201) non corrispondono alle indicazioni del Bartoli. Del resto anche questa cassetta, depositata nelle mani del Vescovo di Assisi, è scomparsa senza che se ne abbiano più avute notizie.
[78] Vedi n. 1, a p. 38.

Al lato destro dell'Oratorio, si apre una porticina che dà sur una vecchia scala interna, con soppalco o soffitto formato da tavolato primitivo: questa scala conduceva - dal Dormitorio per l'Oratorio - al piano inferiore, ove era il coro delle monache e la chiesa. A mezza discesa, è una piccolissima porta che mette nel Giardinetto di S. Chiara. Per vero dire, nulla si legge nei documenti che possa riferirsi a questa parte del Santuario: il giardinetto di S. Chiara è uno dei secreti - ortus conclusus - che hanno custodito per secoli le vecchie mura di S. Damiano. Il piccolo balcone (giacchè non è altro che un balconcino dove si coltivano alcuni fiori) nella primitiva disposizione del monastero veniva a trovarsi in un angolo aperto, formato dalla congiunzione del dormitorio dell'Infermeria col fabbricato della chiesa. Quivi dal vicino Oratorio scendeva a intervalli S. Chiara al tempo della sua lunga infermità, trascinando l'egro fianco, per respirare l'aria pura della splendida sottoposta campagna; quivi essa - come narra un'antica tradizione[79] - coltivava alcuni fiori preferiti, il giglio fratello della purezza, la violetta sorella dell'umiltà, la rosa simbolo dell'amor divino. Noi non vogliamo forzare la storia; ma ripensando a Colei che sì profondamente aveva sentito il fascino della poesia francescana, non possiamo a meno di raffigurarcela su l'umil balcone, assisa tra i suoi fiori prediletti, nella pace di qualche mite tramonto lanciando al sole la strofe del suo poeta e maestro:
« Laudato sii mio Signore ..... »
il Cantico del Sole e di tutte le creature.[80]

[79] JOERGENSEN, Saint François d'Assise etc., p. 210.
[80] Questi pensieri vengono suggeriti al pio visitatore anche da un ricordo in bronzo, un piccolo bassorilievo del prof. Rossignoli d'Assisi (Ý 1920), quivi collocato recentemente, e rappresentante S. Francesco, il quale forse qui presso cantò la prima volta il suo ispirato Cantico del Sole. In faccia al bassorilievo è una lapide su cui è scolpita questa sublime poesia. La lapide ha per titolo: « Canticum Fratris Solis seu Laudes creaturarum quas fecit beatus Franciscus ad laudem et honorem Dei cum esset infirmus apud Sanctum Damianum ». Ex Codice Assisiensi 338. Molto opportunamente è mantenuto alla celebre poesia il titolo di Cantico del Sole, per la ragione che si legge nello Speculum Perfectionis: « .... quia considerabat et dicebat (Sanctus Franciscus) quod sol est pulchrior aliis creaturis et magis Deo assimilari potest .... ideo, ponens nomen illis laudibus quas fecit de Creaturis Dei quando scilicet Dominus certificavit eum de regno suo, vocavit eas Canticum Fratris Solis ». Dal medesimo Codice 338 « il quale è indiscutibilmente anteriore al 1250 ». Cfr. Miscellanea Francescana, vol. VI, pp. 44-50.
[81] Cronaca manoscritta, cart. 44.
[82] Speculum Perfect., cap. C; CELANO, Vita Secunda, ediz. Aimoni, c. CXLI. Il Giardino di S. Chiara, ove è stato ultimamente collocato il ricordo in bronzo del Cantico del Sole, si trova precisamente al di sopra di questo ambiente.


Dalla sacrestia ritornando verso il Sepolcro delle Monache si discende per alcuni gradini nel Coro di S. Chiara. Attualmente è una grande cappella, a volta, che prende luce da una graziosa finestruola leggermente archiacuta, con listello di mattone sovrapposto, indizio di assai remota costruzione. La cappella viene a trovarsi quasi dietro la chiesa, e originariamente doveva includere al completo il circolo esteriore dell'abside; ma nel secolo XIV, o poco dopo, vi fu elevata una cortina di muro, che lasciando appena visibile una parte dell'abside rende più regolari, ma più ristretti i limiti della cappella. Nel tratto superiore di questa postuma parete è dipinto, in buon affresco, un Crocifisso, colla data del 1482, opera si crede di Antonio Mezastris da Foligno. L'altare, elevato di due gradini dal pavimento e appoggiato contro la parete, è stato recentemente restaurato, o piuttosto rifatto nella forma più semplice ed antica, sì da armonizzare colla perfetta severità dell'ambiente. Il coro propriamente detto - che ha il nome da S. Chiara, perchè essa colle sue sorelle si recava quivi a pregare e a salmodiare - è un monumento di povertà francescana. Si trova addossato alla parete opposta dell'altare; ed è formato alla semplice, di un dossale composto di povere assi, nude e malconnesse, d'un inginocchiatoio dello stesso stile, ai lati del quale sorgono due leggii che sembrano aspettare la mano che li sorregga e che li guidi. Sopra uno di tali leggii si conserva un vecchio catalogo, desunto dal Waddingo,[83] su cui si leggono i nomi delle cinquanta monache che formavano la famiglia di S. Chiara. Il coro era in comunicazione colla chiesa per mezzo di una finestra munita di grata, per cui le religiose ricevevano la Santa Comunione.[84] A questa grata accorse S. Chiara con tutte le sue figliuole per rendere l'ultimo tributo d'affetto al loro padre e maestro, S. Francesco, quando con mesta pompa veniva trasferito il suo sacro corpo da S. Maria degli Angeli ad Assisi, il giorno dopo la sua morte. In tale solenne e triste circostanza venne aperta la finestra, « .... et ecce domina Clara venit cum filiabus suis ad videndum patrem non loquentem eis, nec reversurum ad eas .... ".[85]

[83] WADDINGO, Annales, ann. 1238, n. 14.
[84] « Per cratem ferream, per quam Moniales comunionem accipiunt vel officium audiunt, nemo loquatur ». WADDINGO, Annales, ann. 1219, n. 46. La misura di questa finestra è di metri 1,20 x 0,70, cui corrisponde la misura della grata trasportata e conservata per il medesimo uso nel monastero urbano di S. Chiara.
[85] CELANO, Vita Prima, secundum opus, c. X, ediz. Aimoni, p. 224.


Ancora un altro ricordo conserva l'umile cappella. Nella parete sinistra, accanto all'abside, si vede un'apertura, una specie di nicchia poco profonda e poco larga, di metri 1,54 di altezza. Sembra interessante riferire tal misura, perchè sarebbe in relazione colla statura di S. Francesco. A proposito di questa nicchia, il noto codice del Bartoli ha il passo seguente: « .... dietro la tribuna, dalla parte esterna della chiesa, a sinistra, è la figura del B. Francesco dipinta entro una nicchia, secondo la misura del suo piccolo corpo ad modum ostioli, ad mensuram sui corpuscoli depicta, la quale fu fatta dipingere - come si attesta dai frati, ut per fratres asseritur - dalla beata vergine Chiara, a perpetua memoria e sua consolazione .... ».[86] Il P. Francesco Bartoli, che visse in S. Damiano nei primi anni del 1300 e dice di aver saputo la cosa dai frati del luogo, è un buon testimonio di questa tradizione. Inoltre, quasi tutti i primi storici dell'Ordine parlano, sebbene con diversità di dettagli, d'un certo nascondiglio che dette rifugio a S. Francesco, perseguitato dall'ira del padre.[87] Le diverse versioni del fatto non distruggono la tradizione, ma la completano. Dietro l'abside della chiesa doveva esserci un nascondiglio, una specie di vano, o grotta, praticata dal giovine Francesco nei primi tempi della sua conversione: quivi egli si rifugiò quando il padre faceva di lui ansiosa ricerca in S. Damiano. Questa circostanza fu conosciuta da S. Chiara, la quale fece praticare e dipingere nel luogo dove aveva trovato scampo S. Francesco un ricordo ad modum ostioli, ad mensuram sui corpuscoli. E a quella nicchia, già sin dal secolo XIV « tam cives quam peregrini frequenter .... cum devotione permaxima .... reverenter intuentur ».[88] La nicchia - come si è detto - si conserva ancora dietro l'abside della chiesa di S. Damiano: una figura nell'interno che rappresenta un giovane in abiti medioevali, e lì presso un curioso quadretto (sec. XIII?) dove si vede il giovine Francesco entro il suo nascondiglio mentre il vecchio Bernardone va in cerca di lui col bastone alzato, illustrano ingenuamente il fatto e confermano la tradizione.

[86] FRANCESCO BARTOLI, Tractatus de Indulgentia S. Mariae de Portiuncula, ediz. Sabatier, Paris, 1900, CXVII.
[87] S. BONAVENTURA, Legenda maior; CELANO, Vita Prima, c. V, ediz. Aimoni, p. 24; Tres Socii, cap. VI, p. 16.
[88] FRANCESCO BARTOLI, Tractatus de Indulgentia S. Mariae de Portiuncula, ediz. Sabatier, Paris, 1900.