Cenni sulla vita di PADRE GIUSEPPE MARIA LEONE


Il servo di Dio Giuseppe Maria Leone nacque a Trinitapoli il 23 maggio 1829 da Nicola Francesco e Rosa di Biase.
Il giorno seguente fu battezzato nella chiesa parrocchiale di S. Stefano Protomartire. Ricevette il sacramento della Cresima il 1º maggio 1833 dall'arcivescovo di Trani.
Fin da bambino mostrò carattere assai vivace, ma sempre buono ed inclinato alla pietà. Rispetto ai suoi fratelli egli non arrecò mai alcun dispiacere ai suoi genitori, perciò era ben voluto dai questi ultimi anche perchè si era sempre dimostrato affettuoso e disposto a seguire i loro insegnamenti. Aveva spiccate doti d'intelligenza e di memoria, molto apprezzate specialmente daimaestri e dai saceroti che lo seguivano.
Con la scusa di recarsi alla festa patronale a Cerignola andò a far visita ai religiosi redentoristi di Deliceto, i quali gli diedero buone speranze ma non lo accettarono allora alla Congregazione. Dopo qualche tempo fu invitato da questi ultimi a Nocera dei Pagani per essere esaminato nella sua vocazione. Il superiore Generale diede voto fevorevole a Giuseppe Leone.
Giuseppe malgrado la sua malferma salute e le continue sofferenze, non solo pregò intensamente ma lavorò pure con grande successo per il bene delle anime, fino all'età di 73 anni.
Le prove dolorose della sua vocazione non erano di certo finite. Nonostante l'esito favorevole degli esami, fu rimandato a casa affinchè ottenesse il consenso del padre per poi essere ordinato sacerdote. Il padre fu irremovibile e si rifiutò persino di riceverlo in casa. Si recò in un convento di Andria dove rimase per circa due mesi tra le preghiere e le lacrim, nella speranza di ottenere da Dio il mutamento della volontà paterna. La continua guerra con il padre e i parenti finì per abbattere talmente tanto il povero giovane che cadde in una gravissima malaria.
Aggravato dal male, ebbe l'impressione di vedere Gesù in aspetto giovanile, pieno di dolce maestà e gli parve di sentire che, pur se tutti gli erano contro, Lui invece no. Dopo qualche giorno si rialzò dal letto perfettamente guarito e ricevette inaspettatamente il consenso dal padre e da tutto il paese.
Così all'età di 21 anni nel 1850 vestì l'abito del redentorista e l'anno dopo fece la sua professione di fede. Dopo la professione fu mandato a completare gli studi a Deliceto. Nel 1852 si trasferì a Vallo di Novi perchè le condizioni cliniche della zona erano più confacenti alla sua salute e quì ultimò gli studi.
Nel 1854 ricevette ad Amalfi prima gli ordini minori e poi il tanto atteso sacerdozio. Tornato a Vallo si impegnò nelle opere del ministero sacerdotale. Sia a Vallo che nelle regioni limitrofe esercitò il suo apostolato, annunziando la parola di Dio con prediche, missioni e catechesi.
Fu presto conosciuto e venerato da tutti come un santo.
Le misure restrittive adottate dal Regno d'Italia nei confronti degli istituti conventuali interruppero suo apostolato in quelle terre. In forza delle leggi di soppressione del 1865 fu costretto ad abbandonare la casa di Vallo e tornò presso la casa paterna.
A Trinitapoli si guadagnò presto la stima di tutti. l'autorità ecclesiastica gli affidò l'ufficiatura della chiesa di S. Giuseppe e lo nominò direttore della Congregazione ivi stabilita.
In occasione delle solennità liturgiche predicava ai confratelli della concregazione. In tutti i venerdì faceva speciali funzioni in onore del Sacro Cuore di Gesù. Il primo venerdì d'ogni mese praticava l'esercizio dell'apostolato della preghiera alla presenza di numerosi fedeli.
Tutti gli anni predicò il mese mariano, facendosi aiutare a volte da qualche sacerdote, se le forze fisiche gli venivano meno. Predicava con partecipazione le sette domeniche precedenti la festa di S. Giuseppe. Inoltre non rifiutava mai di predicare la parola di Dio anche per conto di quei religiosi che non fossero in condizione di farlo.
Elevato era pure il numero di coloro che andavano da lui per i bisogni della propria coscienza. Passava lunghe ore nel confessionale ad ascoltare le confessoni delle donne. Gli uomini invece preferivano andare a confessarsi a casa sua per trovarsi a loro agio.
Era così tanta l'influenza dei penitenti, specialmente in tempo di quaresima, le scale e l'anticamera erano spesso assia affollate.
Ad accrescere poi la stima e la fiducia verso il loro santo confessore, occorsero episodi spiegabili soltanto con il ricorso all'intervento del soprannaturale. Tra le altre una volta mentre la casa del servo di Dio era piena di uomini in attesa di confessarsi, egli ad un tratto si alzò e andando in mezzo a tutti i penitenti disse "Qualunque cosa avvenga, non abbiate paura, io sono con voi". Non passarono dieci minuti, che si avverti una forte scossa di terremoto che fece tremare tutta la casa. Egli col sorriso sulle labbra rincuorò tutti, invitandoli a riprendere la preparazione alla confessione. Anche quasi tutti i sacerdoti del paese lo scelsero come confessore e direttore della propria coscienza.
Nel 1867 scoppiò a Trinitapoli il colera che seminò molti lutti tra i cittadini: morivano anche trenta persone al giorno. Padre Leone, sebbene sofferente, si prodigò nell'opera di soccorso ai colpiti dal morbo. Per debellare quella malattia che falcidiava la popolazione, chiese l'intercessione della Madonna. Fece asporre in chiesa un quarto di Nostra Signora del Sacro Cuore ed invitò il popolo a ricorrere a Lei con fiducia. Il popolo rispose con vero slancio; presto fu incominciata una novena. Al termine della medesima il colera sparì come per incanto.
Grato per tanto favore, Padre Leone promosse una colletta, anzi egli stesso girò di casa in casa, per raccogliere una somma destinata a fare eseguire a Napoli una statua di Nostra Signora del Sacro Cuore. Il simulacro arrivò verso la fine dello stesso anno, accolto dal popolo con grande entusiasmo. Questa statua fu poi chiamata comunemente la Madonna di Padre Leone, ovvero la Madonna del colera. Fu in questa circostanza del colera che il servo di Dio perse suo padre. Questi, già avanzato negli anni, fu colpita dal morbo. Il servo di Dio gli fu vicino con grande affetto e lo preparò a ben morire. Il vecchi Nicola tra le braccia del figlio pietoso rese senza alcuna angoscia l'anima a Dio. Padre Leone rimase ad abitare nella casa paterna con il fratello maggiore già ammogliato e con figli.
Nel 1877 il servo di Dio si ammalò gravemente, tanto che i medici lo avevano dato per spacciato. Ma ad un tratto, contro ogni previsione, si riprese completamente. Egli attribuì questa sua guarigione ad una grazia tutta speciale del Signore, il quale sembrava intendesse prolungargli la vita, perchè la spendesse per la salvezza dei peccatori. Padre Leone non solo continuò più intensamente il suo apostolato di preghiera e di opere per la salvezza delleanime, ma si offrì come vittima a scontare i peccati altrui.
Le sue sofferenze, infatti, andarono sempre più aumentando; la sua esistenza era diventata un incessante martirio da meravigliare quanti lo osservavano.
Nei periodi poi in cui la gente cedeva più facilmente alla tentazione dl peccato, come in tempo di carnevale, di elezioni, di feste, di bagni al mare, ecc.,le sue sofferenze aumentavano tanto, che sembrava agonizzasse.
Poco prima di ritornare in Congregazione morì suo fratello Lorenzo. Giuseppe aveva pregato la Madonna perchè lo salvasse, essendo padre di numerosa prole; rassegnato alla volontà divina smise di pregare a questo scopo ed annunciò che Lorenzo sarebbe morto dopo dieci giorni. E così difatti avvenne.
Nel 1880 Padre Leone fu richiamato dai Seperiori nella Congregazione. Egli fu pronto ad obbedire. Il popolo che lo amava e venerava come un santo, si rassegnò tristemente al distacco. Fece tutto il possibile per trattenerlo, ed al momento della sua partenza con le lacrime agli occhi lo accompagnò fino al treno.
Si stabilì a Salerno e là rimase per 22 anni, fino cioè alla sua santa morte.
Ad Agri, nonostante fosse provato nel fisico per le sue sofferenze, continuò ad impegnarsi nelle opere dell'apostolato. Sparsasi la fama della sua santità, dappertutto s'incavava l'opera del suo mistero. Meraviglioso fu il bene che con la sua parola e sopratturro con i suoi esempi produsse nelle anime consacrate a Dio. Da tutte le parti giungevano i fedeli per confessarsi da li, per chiedere consiglio, per domandare il conforto delle sue parole e delle sue preghiere; e tutti ne ripartivano soddisfatti e consolati nello spirito. Chi non poteva incontrarlo di persona, egli si rivolgeva con lettere, alle quali egli con grande bontà e pazienza rispondeva.
Nei momenti in cui le opere sacerdotali lo lasciavano libero, si teneva occupato nella composizione di libri devozionali destinati alla santificazione delle anime.
Per una singolare disposizione divina il servo di Dio diventò il confessore ed il Direttore di spirito del Comm. Avv. Bartolo Longoe della sua degna consorte, fondatori dal Santuario della Masonna del Rosario nella vicina Pompei. Sicchè per un ventennio fu uno degli artefici principali nelle opere pompeiane.
Pur rimanendo in disparte, era l'anima e l'ispiratore delle iniziative di natura religiosa intraprese a Pompei. tutto veniva ispirato o almeno approvato da Padre Leone, e se qualcosa fu fatto a sua insaputa o contro il suo volere, non andò mai a buon esito.
Un'attività così intensa e feconda, sostenuta da un fisico estenuato da continue sofferenze, sorprendeva tutti e li teneva in costante apprensione per la vita.
Tuttavia egli, sempre calmo e sereno, portò avanti l'opera affidatagli dal divino volere, finchè non arrivò l'ora segnata da Dio per andare a ricevere il premio delle sue virtù.


 
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