GLOSSARIO DELL'EUROPA MEDIEVALE | Monaco, Monachesimo
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Monaco, Monachesimo

Dal greco monos, «solo».
Il desiderio di seguire Cristo abbandonando tutti i piaceri del mondo spinse già nel II secolo vari cristiani ad abbandonare la città, dove non ritenevano di poter seguire fino in fondo i precetti evangelici, e ritirarsi in luoghi solitari.
In Oriente, a partire dal III secolo, fu il deserto della Tebaide (dalla città di Tebe, in Egitto, fino al delta del Nilo) ad accogliere monaci, così detti in quanto inizialmente vivevano nel più completo isolamento, ciascuno nella propria capanna; si chiamarono altresì anacoreti (dal tema del verbo greco che significa «ritirarsi») o eremiti (dalla voce greca che significa «deserto»). Il tipo di vita scelto era molto arduo da realizzare: la solitudine assoluta, le penitenze durissime - Simeone d'Antiochia (morto nel 459) trascorse la sua vita da stilita, vivendo cioè su una colonna - mettevano a dura prova la resistenza psichica. I monaci venivano tormentati da allucinazioni e tentazioni (famose, perché tradotte spesso in pittura, quelle subite da sant'Antonio), stati di esaltazione che portavano anche a progetti di eroismo dimentico di ogni umiltà.
Nel IV e V secolo prendono corpo forme attenuate di anacoretismo: i monaci vivono ritirati ma ricevono di tanto in tanto visite di compagni alla ricerca di consigli e di sostegno spirituale; oppure la vita in solitudine, che comprende anche il lavoro (fabbricazione di ceste e di stuoie) e non solo meditazione e penitenza, è interrotta da periodiche riunioni. Gli eremiti si ritrovano con i compagni per pregare, confessano le colpe, ascoltano le parole degli anziani. Pacomio (292-346) fu il primo organizzatore della vita cenobitica, costruendo nella Tebaide un monastero dove i monaci, vivendo in comune, ubbidivano ad un superiore chiamato abate, cioè «padre», seguendo una regola che non si limitava a prescrivere esercizi di pietà ma anche norme di vita quotidiana. Queste istituzioni (monastero, regola, abate) costituiscono le strutture fondamentali del cenobitismo (dal greco, «vita in comune»), cioè del monachesimo quale sarà concepito anche in Occidente. Con Basilio, nato nel 330 circa a Cesarea in Cappadocia (Asia Minore), l'ideale cenobitico è perfezionato: viene sottolineata l'obbedienza all'abate; il monaco deve conservare stabile dimora nel monastero né può abbandonare la comunità in cui è entrato; ha l'obbligo di partecipare con i confratelli agli uffici divini, prendere in comune i pasti e lavorare, dando la preferenza al lavoro intellettuale. Ancora oggi la maggior parte dei monaci greco-ortodossi segue la regola di san Basilio.
Il monachesimo di tipo orientale fu diffuso in Occidente da sant'Atanasio di Alessandria, che visse esiliato a Treviri negli anni 335-338. L'anarchia imperiale e le successive invasioni barbariche favorirono il moltiplicarsi di comunità monastiche, in cui intellettuali e notabili si ritiravano per reazione contro la decadenza del mondo; una prima corrente ebbe fra i suoi promotori san Martino di Tours, sant'Agostino di Ippona e infine Giovanni Cassiano, un orientale di lingua latina che venne a stabilirsi a Marsiglia, dove morì intorno al 433-434. Le Vite dei Santi Padri del deserto esercitarono un grandissimo fascino su quanti in Occidente si dedicarono ad una vita di ascesi; nei monasteri si leggevano le loro gesta, in genere durante i pasti in comune.
Una seconda corrente fu rappresentata dal monachesimo irlandese, per il quale la fuga dal mondo si attua con l'avventura in mare, fino allo sbarco su qualche isola deserta dove fondare un monastero. Secondo la leggenda, san Brandano (morto intorno al 580) si lasciò trasportare dalle correnti fra l'Irlanda e la Scozia per sette anni: una navigazione senza fine, che dette poi origine nel IX secolo a un testo destinato a grande fortuna: la Navigatio s. Brandani. Nelle comunità monastiche irlandesi i monaci erano quasi tutti preti, per poter celebrare i riti del culto cristiano: i monasteri volevano essere centri di irradiazione evangelica per le popolazioni ancora pagane o troppo superficialmente cristianizzate; l'obbligo allo studio fu perciò accentuato, per preparare uomini capaci di istruire e convincere.
Un'influenza profonda esercitò anche sul continente l'irlandese san Colombano, uomo molto colto, che scriveva in un ottimo latino; dedito all'attività missionaria, viaggiò moltissimo moltiplicando le fondazioni monasstiche sul continente, fra cui i monasteri di Luxeuil e San Gallo. Il Italia, sotto la protezione del re longobardo Agilulfo, ariano ma tollerante, san Colombano fondò l'abbazia di Bobbio, dove morì nel 615. Nella regola di san Colombano è riservato largo spazio alla liturgia e al lavoro intellettuale; la dura vita di mortificazione (molti digiuni, sonno scarso, cibo mediocre) e di ascesi contempla molte punizioni corporali, come le battiture inflitte anche per piccole infrazioni.
Carattere più moderato presenta la regola di san Benedetto (Norcia 480 - Montecassino dopo il 546), largamente esemplata sulla precedente, e anonima, Regula Magistri, e destinata a diventare la regola comune di tutto il monachesimo latino. In essa si insiste sulla vita comune dei monaci, come una famiglia stabile di fratelli guidata dal padre, l'abate. Questi è eletto a vita dalla comunità ed è aiutato da altri monaci adibiti a vari incarichi, come il cellerario, il portinaio, il maestro dei novizi, scelti dall'abate liberamente; il priore claustrale (da non confondere col priore conventuale, capo di una comunità monastica o canonicale, che ha la stessa giurisdizione di un abate, ma non il titolo) è l'autorità più importante subito dopo l'abate. Il monaco si perfeziona nell'ascesi e coopera a quella altrui nella preghiera liturgica in comune (Opus Dei). Lavora assiduamente, ma il suo è piuttosto un lavoro intellettuale, e solo nel caso che la necessità lo imponga si adatta al lavoro dei campi: fra gli strumenti che il novizio riceve ci sono lo stilo e la tavoletta cerata, cioè il necessario per scrivere, ma nessuno strumento agricolo. Il monaco è legato al suo monastero: stabilitas loci e conversio morum, cioè impegno a non uscire più dal monastero e totale cambiamento di condotta di vita sono i punti qualificanti della regola. La regola di Benedetto consente ai singoli monaci la vita eremitica, ma solo per periodi assai brevi e col permesso dell'abate, che deve concederlo soltanto quando il monaco abbia dato ampie prove di solidità ed equilibrio, perché nella solitudine egli è facile preda del demonio e del peccato.
Al tempo di san Benedetto non si può parlare di un ordine religioso nel senso che assumeranno poi l'ordine dei Cluniacensi o dei Cisterciensi; per il santo ogni monastero è autonomo (sui iuris) rispetto agli altri monasteri, cui è legato solo da vincoli di carità, non di gerarchia o di governo, mentre è sottomesso al vescovo locale. Tuttavia si fece ben presto sentire il bisogno di maggiore unità: sorsero allora le congregazioni monastiche, unioni di carattere federativo che rispettavano entro certi limiti l'autonomia dei singoli monasteri. Per scongiurare una troppo pressante ingerenza dei vescovi nella vita monastica si introdusse in epoca merovingica il privilegium libertatis (per cui i vescovi non hanno alcuna competenza specifica nell'organizzazione e nell'amministrazione dei beni del monastero) e nei secoli successivi il privilegium exemptionis, cioè l'esenzione: il monastero è esente dalla giurisdizione del vescovo e sottomesso soltanto al papa o all'imperatore. Le vicende successive del monachesimo latino sono in larga misura quelle della sua organizzazione nel quadro della regola benedettina e del successivo germogliare, al suo interno, di ordini e congregazioni particolari; vedi: Benedettini; Cluniacensi; Cisterciensi.

Alessandro Barbero e Chiara Frugoni, Dizionario del Medioevo

Voci correlate nel glossario:
Eremita
Cenobita
Abbazia
Abate
Regola
Benedettini
Cluniacensi
Cisterciensi
Pagine web correlate:
Bibliografia:
Alessandro Barbero e Chiara Frugoni, Dizionario del Medioevo, Editori Laterza, Roma-Bari 1994; edizione 2001, pp.172-174.


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Ultimo aggiornamento:
27 Febbraio 2003