III fase di accrescimento: 1266-1350

Durante la prima metà del secolo successivo era vescovo di Bari e possessore del feudo di Bitritto il napoletano Bartolomeo Carafa, il quale si schierò con la regina Giovanna I, sospettata di aver ucciso il marito Andrea ed attaccata quindi dal re di Ungheria, Ludovico (fratello dell’ucciso), che calò nell’Italia Meridionale con un forte esercito.
I casali della Terra di Bari invece, tra cui Bitritto, aiutarono gli Ungheresi con soldati e vettovaglie, credendo l’occasione propizia per affrancarsi dalla soggezione signorile ed economica del Carafa.

Proprio in questi anni l’arcivescovo barese, "scorgendo i popoli del suo vassallaggio molto esposti alle incursioni delle soldatesche straniere, meditò di ripararli al piu che fusse possibile: per lo chè - intorno a quelle [muraglie] della Terra di Bitritto, fé per maggior sicurezza e riparo ergere alcune torri e fortini." (dal "Compendio Cronologico dè Sacri Pastori Baresi" - Lombardi Francesco, 1691) e si occupò presumibilmente anche dei lavori di ampliamento e ristrutturazione del castello.

E’ probabile che il Carafa per potenziare l’efficienza della fortificazione, il cui unico punto di forza era il CASTELLO - decentrato rispetto al Casale ed in grado di proteggerlo, perciò, solo nel settore est - avesse disposto la costruzione di opere militari dalla parte opposta ad esso, consentendo di proteggere il CASALE su tutti i lati, data la forma rettangolare e le ridotte dimensioni (50x100 m circa).

Di tali "torri e fortini" rimane ancor oggi il FORTINO NORD-OVEST, che constava di due edifici, uno dei quali separato dal resto delle mura da due vicoli-passaggio, che assicuravano, attraverso porte di accesso, il collegamento pedonale tra l’interno del borgo e la campagna.

Il perché dei due ingressi così vicini tra loro si spiega con la presenza di una lama d’acqua che correva parallelamente alla cortina ovest e il cui attraversamento costituiva un ostacolo.

Gli accessi carrabili erano localizzati in prossimità del castello e introducevano nelle corti, dove si svolgevano le attività connesse al raduno e alla lavorazione dei prodotti delle campagne.
Il primo era nella cortina nord, a ridosso della torre ovest del castello; il secondo, contrapposto al precedente, nella cortina sud, di fronte a quella che sarebbe divenuta la sede del corpo di guardia del Barone, la cosiddetta Casa Torre.

L’unico edificio religioso del borgo era una cappella, ancora esistente, intitolata a S. Antonio: si tratta di una piccola chiesa a pianta rettangolare (10x5 m circa) con una semplice facciata intonacata a calce, situata in via Giusti e l’unica, oggi, nella zona corrispondente all’antico centro abitato.

Piuttosto povera risulta l’edilizia circostante - quella del nucleo più antico del Casale - a causa della poca cura riposta nella lavorazione e nella messa in opera del materiale, pietra calcarea in conci appena sbozzati.
La struttura degli isolati interni, come già detto, era a lisca di pesce, determinata dall’aggregazione spalla a spalla di due schiere di cellule.