Lamacchia aveva fatto dei suoi vasti possedimenti un vero e proprio laboratorio scientifico, piantando numerose specie di alberi a scopo di ricerca. A prova del suo impegno
è stata ritrovata tra i documenti la mappa delle coltivazioni arboree sperimentali. Proprio per l’elevato valore della sua sperimentazione culturale, egli riceveva frequentemente
la visita di funzionari governativi interessati alle politiche agricole.
Gli studi sulle specie arboree non terminarono con il Lamacchia. Nella seconda metà del ‘900, i locali adiacenti all’orto furono
utilizzati dall’Istituto di coltivazioni arboree della Facoltà di Agraria dell’Università di Bari.
Durante la guerra la masseria, come altre della zona, fu requisita ed occupata dalle Forze Armate Alleate, subendo danni ingenti. Dopo la morte di Giacinto Lamacchia, la dimora subì un progressivo e inesorabile decadimento.
L’immobile, attualmente in proprietà indivisa di otto coeredi, causa l’importante valore storico-artistico, con decreto del 29 Marzo 1988, è stato sottoposto a tutela da parte del Ministero dei beni culturali e ambientali,
ai sensi della legge n.1089 del 01/06/1939 sostituita dalla legge n. 42 del gennaio 1994. Nonostante ciò negli ultimi trent’anni non è mai riuscito ad emanciparsi dal desolante stato di rudere eccellente; i continui saccheggi
l’hanno impoverita ulteriormente dei suoi materiali e accessori più preziosi: la pavimentazione della corte interna in chianche completamente rimossa, i cornicioni strappati e perfino del tondo in ceramica raffigurante la Madonna
con Bambino posto al di sopra della porta d’ingresso al primo piano non si ha nessuna traccia se non una foto ricordo della famiglia Giustignani erede del Lamacchia.
|