Sistema statico e costruttivo
Le
forme di passaggio dal sistema pesante a quello spingente
sono i cosiddetti ‘pseudoarchi’, che si basano
staticamente sulla trasmissione verticale degli sforzi, ma che formalmente
anticipano lo sviluppo delle coperture con materiali rigidi. Un primo
embrionale pseudoarco può essere considerato quello
costituito da due elementi lapidei, di dimensioni ridotte, sovrapposti ai
piedritti e disposti a mutuo contrasto. La forma più nota però è quella che si
ottiene con un maggior numero di pezzi aggettanti di poco l’uno all’altro fino
alla mezzeria. I pesi si trasmettono verticalmente senza nessuna spinta. Il sistema statico pesante, che determina la
cosiddetta pseudovolta di rotazione, si basa sul
principio elementare della mensola. Questa regola il suo equilibrio
sull’equivalenza del momento esterno agente (lo sbalzo) con quello di rotazione
interno del vincolo (il contrappeso). E insomma la piccola sporgenza del concio
(a parità di peso, considerando i conci uguali in un’analisi statica
semplificata) la variabile del sistema che determina l’inclinazione del profilo
(la forma a mensola di metà struttura) a partire dalla condizione di equilibrio (rapporto 1 :1 tra sporgenza ed altezza del
concio) dei conci a sbalzo per metà della loro lunghezza. Tale condizione è
difficile da riscontrarsi in realtà, sia per il facile sbilanciamento verticale
provocato dalla sovrapposizione dei carichi, che per la limitata altezza
interna. Ecco allora la necessità di sporgenze minori e,
quindi, di profili acuti più vicini a questa linea ideale. La sagoma
inclinata può acquistare, talvolta, evidenza formale, alleggerendo la struttura
e rendendo il profilo continuo mediante la conformazione triangolare a mensola
dei conci, che elimina il peso superfluo e diminuisce
l’entità dei momenti agenti.
Le
costruzioni in pietra a secco venivano, dunque, realizzate
impiegando il materiale litico presente in loco ed
usando una ridotta attrezzatura, quale martelline ed asce, per il taglio e la sbozzatura dei conci. Le volte interne ed il muro esterno erano eretti contemporaneamente secondo piani orizzontali,
partendo dalla messa in opera degli anelli delle volte. Per predeterminare il
raggio di questi filari di conci disposti ad anello, si impiegava
una corda imperniata su di un bastone fissato nel centro della pianta della
costruzione. Ruotando tale corda si dimensionava il raggio di curvatura interna
della volta .
Il sito prescelto per realizzare il ‘truddu’ era quello in cui il banco roccioso affiorava,
pertanto risultava il più improduttivo, rivelandosi, allora, un’ottima base di
fondazione.
Nel ‘truddu’
si notano due parti indipendenti la cupola, che copre il vano interno, e la
struttura di rivestimento esterno. Quest’ultima, varia da
zona a zona rispecchiandone le caratteristiche del materiale lapideo e
rispondendo alle condizioni climatiche e socio - culturali del luogo, come già
sappiamo. Spesso si possono notare paramenti
murari trattati con calce e con parti intonacate con malta di calce e terra,
impiegata all’esterno, soprattutto, per i muri in pietra tufacea.
Si può quindi affermare che il processo costruttivo di accumulazione senza leganti consiste nel ricercare gli
equilibri statici dei vari strati via via che si
posano; è logico che questa ricerca, nel caso si voglia formare un vuoto
nell’accumulo, si traduca in un ripetuto compromesso tra capire e stabilizzare
nel momento della posa in opera si identifica così con quello della ricerca
degli equilibri.
Malgrado il manufatto non venga
reso molto stabile nel tempo, a meno di un’accurata e periodica manutenzione,
l’abilità e l’ingegno del ‘parietaro’ viene messo in
grande evidenza nella realizzazione di queste costruzioni, lavorando appunto
senza la mediazione di malte, né di centine. La pseudocupola
risulta infatti autoportante.
Quest’ultima e’ anche chiamata ‘falsa volta’;
l’aggettivo ‘falsa’ sta per distinguerla da quella
cosiddetta ‘vera’. Oltre che per l’ipotetica
equivalenza statica delle prime con le strutture non spingenti, la differenza è dovuta, sempre secondo Ambrosi,
ad un diverso rapporto tra vuoto e materia che la circonda. Per cui le volte ‘vere’ risultano un artefatto
strutturale per contenere un determinato spazio separandolo dall’esterno,
mentre le ‘false’ sembrano una sottrazione di materia
come per uno scavo all’interno dell’accumulo, che riprende l’equilibrio in un
naturale assestamento di materiali.
Si potrebbe anche qui parlare di ‘architetture passive’, ma non per niente gli archètipi del ‘truddu’ sono la ‘cisterna’ ed il ‘cumulo’, a loro volta
strettamente legati all’idea di ‘grotta’.