EPOCA MODERNA

L'epoca moderna comincia nel 1510, nel quale anno il Cardinale Oliviero Carafa comperò il feudo di Ruvo dai coniugi Isabella De Requesens e D. Raimondo Di Cardona vicere, e termina al nostri giorni.

Per Ruvo l'epoca moderna si suddivide in due periodi storici. Il primo, che chiamerò - DOMINIO DI CASA CARAFA - rappresenta l'abbiezione feudale, nella quale sventuratamente cadde Ruvo, e va dal 1510 al 1806. Il secondo, che va dal 1806 alla guerra mondiale, rappresenta la rivendicazione della nostra città e lo suddividerò in due parti: la prima dal titolo - I MOTI LIBERALI IN RUVO DAL 1799 al 1860 E LA GUERRA MONDIALE - e la seconda dal titolo - LE VARIE TAPPE DEL PRODIGIOSO PROGRESSO DI RUVO -


DOMINIO DI CASA CARAFA

INTRODUZIONE

Questa potentissima famiglia, che, oltre la contea di Ruvo, possedeva anche il ducato di Andria, tenne il feudo di Ruvo per circa tre secoli, dal 1510 al 1806, cioè fino all'abolizione della feudalità. Il secondogenito aveva il titolo di conte di Ruvo, mentre il primogenito aveva quello di duca di Andria.

1 - PREPOTENZA BARONALE

Nei tre secoli che la città di Ruvo fu sotto il dominio di Casa Carafa, dice il giureconsulto Giovanni Jatta, non vi sono stati abusi, gravezze e soverchierie, che quella popolazione non abbia avuto a soffrire. Anche l'aria, che ivi si respirava, si fece divenire feudale a forza di prepotenze. In mano della Casa Carafa il feudo di Ruvo, successivamente impinguato ed accresciuto nel lungo periodo di tempo di tre secoli di tutte le speculazioni abusive, che la feudalità aveva saputo escogitare per succhiare fino all'ultima goccia il sangue della misera popolazione, divenne non altro che una proprietà privata di detta Casa, che, avendoli comperati, considerava gli uomini vassalli alla stessa stregua dei suoi polledri. I mezzi, di cui la Casa di Andria si avvaleva per esercitare le sue prepotenze, erano i seguenti: primo, col mettersi in mano la nomina degli Amministratori Comunali e coll'averli sempre ligi ai suoi voleri; secondo, con la giurisdizione criminale, specie con la sevizia del tetro ed oscuro carcere della torre, trasformatasi da fortilizio in bastiglia; terzo, coi suoi spietati Armigeri, assoldati fra la gente più facinorosa; quarto, con le famiglie ligie e servili addette agli Uffici Baronali. Con questi quattro mezzi terribili la Casa Carafa tutto manometteva, fino al punto di appropriarsi, con la connivenza degli amministratori, delle rendite comunali e di depredare, mediante i suoi Armigeri, l'Archivio Comunale, trasportando ad Andria tutte le carte, che vi si contenevano.

2 - ABUSI E SOVERCHIERIE DEI LOCATI ABRUZZESI

A questo flagello, come se fosse poco, si aggiungeva anche quello degli abusi e delle soverchierie dei Locati Abruzzesi, che, con le loro numerose mandrie, simili a nuvole di voraci cavallette, si pascevano tutti i pascoli, e con le infinite usurpazioni, che divenivano diritti, non lasciavano ai proprietarii delle masserie neppure l'erba necessaria per pascolare i buoi aratori.

3 - MISEREVOLE STATO DELLA CITTA' E SUE CONSEGUENZE

Questo doppio flagello ridusse la città nel più miserevole stato, il cui quadro desolante si può riassumere in queste poche parole. Da una parte si aveva Sua Eccellenza il Padrone, dall'altra una popolazione ridotta a poche migliaia di schiavi di una famiglia potentissima; da una parte gli abusi e le soverchierie dei Locati Abruzzesi, dall'altra i cittadini costretti a lavorare i terreni, non più come proprietari, ma come fittuari delle Confraternite, delle Chiese e dei Luoghi Pii, nelle cui mani erano cadute quasi tutte le terre con grave discapito dell'agricoltura. Funeste conseguenze di questo miserevole stato di cose furono la diminuizione di popolazione, ridotta a poche migliaia di abitanti, l'estrema miseria dei cittadini ed il fallimento del Comune, che fu costretto a contrarre molti debiti e, per poterli pagare, a vendere nel 1632 la Contrada Difesa.

4 - SECONDA E TERZA RIFAZIONE DELLE MURA

Nel 1516 fu riedificato dalle fondamenta il tratto delle antiche mura rivolto a sud ed a est, che era rimasto danneggiato nell'espugnazione del 1503. Con questo tratto di mura vennero, nel 1516, riedificati i due grandi torrioni merlati e rotondi, che sono gli unici avanzi delle fortificazioni medioevali, ancora oggi esistenti. Con questi fu riedificata la porta di Noia, sulla quale, oltre una fortificazione ben solida con delle feritoie e con le statuette dei protettori S. Cleto, S. Biagio e S. Rocco, fu posto anche lo stemma della città, sotto il quale,in latino, si avvertiva chi entrava che "Ruvo fu una grande città celebrata per tutto il mondo; e, se ora non era più la stessa, ne rifulgeva la splendida fama ". Sotto vi era la data 1516 della riedificazione della porta. Nel lungo periodo di pace, che corse per la nostra città dal 1516 al 1799, pare che non sia stata curata la manutenzione delle mura, perchè nel 1799 queste si trovavano in uno stato di abbandono ed in molte parti erano cadenti. Fu in quest'anno che per la terza ed ultima volta esse furono restaurate nei punti più danneggiati e riparate nel miglior modo possibile, onde, per misura di pubblica sicurezza, poter chiudere le porte a causa dei moti rivoluzionari, che resero celebre quell'anno fatidico nella storia. Le fortificazioni medioevali oggi non esistono più ad eccezione dei due torrioni della porta di Noja, riedificati nel 1516. La loro inutilità, data la civiltà dei nuovi tempi ed i prodigiosi progressi dell'arte militare, la forte spesa che la loro inutile manutenzione costava al Comune, l'estendersi della città nuova, hanno fatto si che esse fossero o abbattute o abbandonate e le loro macerie adoperate nella costruzione delle nuove case, sorte sulle loro rovine. Nel 1820 fu abbattuta la porta di Noja, che era la più solida e la più fortificata delle quattro porte. Nel 1879 l'Amministrazione Comunale fece abbattere il bastione, che cingeva la torre del Pilota, e nelle mura della torre, coperte dal bastione, si trovarono le antiche aperture, che un giorno servivano a far passare l'aria e la luce nel primo piano del fortilizio: il che comprova chiaramente che il bastione fu aggiunto alla torre In epoca posteriore, dopo la invenzione delle artiglierie a polvere da sparo. Perduto il sostegno del bastione, la torre del Pilota crollò nella notte del 19 Febbraio 1881 e, con essa scomparve il maggiore esemplare delle antiche fortificazioni.

5 - GLI SCAVI DEI VASI FITTILI ITALI-GRECI

Nel principio del secolo XIX, e propriamente verso l'anno 1810, cominciarono gli scavi regolari dei vasi fittili italo-grecl. Divenne lo scavare un vero furore verso l'anno 1822; si eseguivano gli scavi con la luce del giorno e, quando il sole tramontava, neppure durante il corso della notte si faceva sosta, perchè al lume delle lucerne si continuava il lavoro. Tanta era la molla dell'interesse e la cupidigia del lucro, che non si aveva neppure timore della rigida stagione, nè si veniva in città per mangiare, ma venditori di pane e vino, albergati sotto piccole tende, fornivano il necessario nella campagna medesima.

6 - COLLEZIONE JATTA

Agli anni 1820-1835 si deve la formazione della Collezione Jatta, ricca di più di 1700 vasi, ordinati in cinque vaste sale del Palazzo Jatta. Il più bell'ornamento della Collezione è il vaso di Talos. Vi è rappresentata la morte di Talos, lo strano mitico uomo di bronzo, custode dell'isola di Creta, della quale percorreva il circuito tre volte al giorno, e, lanciando sassi, non permetteva ad alcuna nave di approdarvi. Il gigante, ferito al tallone, unica parte vulnerabile del suo corpo, per le arti magiche di Medea, cade morente fra le braccia dei Dioscuri Castore e Polluce, discesi da cavallo. La donna, che fugge atterrita, è la personificazione dell'isola di Creta, mentre dal mare Nettuno ed Anfitride osservano la scena e dalla nave Zete e Calaide e da sulla scala Giasone guardano attoniti. Un altro cratere importante è quello che rappresenta Dionisio, cioè Bacco, circondato da satiri e sileni e da personificazioni con epigrafi alludenti agli effetti dei vino. Questo vaso è l'apoteosi del vino, il nettare dei mortali, ai quali dà la giovinezza, la felicità, la spensieratezza e l'oblio di tutti i mali, nonchè eccita l'amore, senza il cui sorriso nessuna cosa è bella.

VASO DI TALOS


VASO DI DIONISIO


VASELLINI DELLA COLLEZIONE JATTA

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