PALAZZO DI CITTA'
IL GABINETTO DEL SINDACOLA SALA DELLA GIUNTA
Su tre pareti sono disposti i ritratti dei sindaci defunti di Bari. C'é inoltre un busto in bronzo del Sindaco Giuseppe Re David ad opera di Cifariello. In quest'ambiente é custodito il gonfalone del Comune, che reca appese all'asta due decorazioni delle quali la città é insignita: la croce al merito di guerra della Grande Guerra, per l'azione di difesa della costa del basso Adriatico e la medaglia dargento al merito civile, ottenuta per aver offerto soccorso ad una nave passeggeri greca incendiatasi nei pressi della costa nell'Agosto 1971.
Al suo interno domina un ritratto ad olio del Re Gioacchino Murat, in divisa
da Grande Ammiraglio. Si tratta di una copia dell'originale, che sorge invece
nel palazzo di Capodimonte.L'autore fu l'artista francese Francois Gerard. La copia fu invece eseguita
dal pittore pugliese Leonardo Minervini.
L'etimo della parola si può far risalire alla parola greca SYNDIKOS,
composta da SYN che significa "insieme" e DIKE che indica il "giudizio"
o la "causa". Da qui si può far derivare l'accezione più
diffusa del termine ossia quella che ne fa il patrocinatore di una causa,
di un affare o, ancora meglio, colui che tratta i negozi della città
o del comune, ossia il capo del Municipio. Il termine si trova citato fin
nei più antichi documenti baresi: qui il "sindaco" viene
inteso come un rappresentante della comunità cittadina, incaricato
di trattare qualche determinato affare. A partire dal XV-XVI secolo l'Università
barese era retta da due magistrati permanenti aventi carica annuale. La
più antica raccolta di deliberazioni della città di Bari é
contenuta nei "libri di decretationi" (1512-1513) all'interno
dei quali si possono addirittura leggere i verbali delle riunioni del Consiglio
cittadino. Il sistema di elezione e le competenze dei Sindaci può
rinvenirsi nei "commentarii super consuetidinibus preclarae civitatis
Bari" di Vincenzo Massilla. Qui risulta infatti che la elezione dei
due sindaci avveniva nel giorno di San Bartolomeo , ossia otto giorni prima
delle calende di Settembre. Uno di essi rappresentava il ceto nobiliare,
l'altro quello popolare. Da altre fonti risulta inoltre che tale elezione
avveniva mediante ballottaggio tra due coppie di nome, designate rispettivamente
dai due ceti. Dati i disordini che avvenivano annualmente in tale occasione
nel 1565 si stabilì che la designazione avvenisse in seduta non pubblica
due o tre giorni prima della ricorrenza di San Bartolomeo.
Nel corso della seduta, i rappresentanti dell'uno e dell'altro ceto indicavano
rispettivamente tre nomi e li trascrivevano su apposite schede di eguale
formato che, ricoperte di cera venivano poste in due separate bussole, in
presenza degli eletti (che erano i diretti collaboratori dei sindaci, due
per ogni ceto). Le due bussole, legate con spago e suggellate, insieme ad
una terza bussola in cui c'erano i nomi dei candidati a mastrogiurato da
eleggere contemporaneamente e con la stessa procedura erano poi chiuse in
una cassa a due chiavi affidate ad ognuno dei due sindaci uscenti e il tutto
andava depositato nella sacrestia della chiesa di San Nicola. Il giorno
di San Bartolomeo il cancelliere della città, accompagnato dai Sindaci
in carica, dal Regio ufficiale e dagli eletti, si recava nella chiesa, ove
lUniversità era solita riunirsi in generale consiglio e faceva collocare
la cassa su di un tavolo al centro del coro. Il Regio Ufficiale apriva le
tre bussole e chiamava un bambino di età non superiore ai sei anni,
che sorteggiava i nomi del mastrogiurato e dei due sindaci. Allo scopo di
evitare frodi, si aprivano e si leggevano anche le schede rimaste nella
bussola.
Nel 1570 si introdusse un nuovo metodo per la elezione dei sindaci. Il 21
Agosto ogni famiglia nobile e popolare nominava un proprio rappresentanti
idoneo a governare di età superiore ai 25 anni. Il 23 Agosto i designati
avverti dal suono della cattedrale, convenivano nella casa del Governatore,
dove si elencavano i loro nomi. In una bussola si ponevano tante palline
quanti erano gli intervenuti: tre di esse erano doro. Un fanciullo consegnava
a ciascuno dei presenti una palina presa a caso. I tre a cui toccavano le
palline di oro nominavano ognuno un candidato alla carica di sindaco; i
candidati dovevano appartenere a famiglie diverse e il designante non doveva
appartenere alla medesima famiglia del candidato. I nomi dei tre prescelti
venivano approvati o disapprovati dagli altri rappresentanti del ceto mediante
ballottaggio cui non partecipava il designante. I tre nominativi definitivi
venivano depositati in una cassa chiusa con tre chiavi, custodite dal Regio
Governatore e dai due sindaci uscenti. Questo procedimento si ripeteva rispettivamente
per la nobiltà ed il popolo primario e per l'elezione del Mastrogiurato.
La cassa veniva deposita nel Tesoro di San Nicola. Il giorno di San Bartolomeo
tutta lUniversità (lat. Universitas, complesso di tutte le
cose di un tutto, da universus, tutto, intero. Indica il comprendimento
di tutte le cose, pi concretamente il Comune o tutto il popolo di una citt¦,
in una successiva accezione il luogo di studio pubblico dove si insegna
luniversalità del sapere universitas studiorum) si riuniva
nella chiesa dove la cassa veniva aperta ed un bambino estraeva da ogni
bussola contenuta nella cassa una scheda: gli iscritti sulle tre schede
sorteggiate venivano considerati eletti. L'elezione del Mastrogiurato spettava
un anno ai nobili ed un anno al popolo primario.
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