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La preghiera.
Il lavoro.
Il silenzio e il digiuno.
L'abito e il letto.
La cura per le sorelle inferme.
Citazioni e interpretazioni delle fonti francescane
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La vita quotidiana è vissuta prevalentemente insieme, senza alcun privilegio che rompa l'uguaglianza delle sorelle povere.
È la preghiera liturgica che dà il ritmo alla giornata. Non si tratta del lungo ufficio cantato dai monaci, ma di quello della Curia romana adottato da Francesco.
Regola di santa Chiara d'Assisi 3,1:2766;
Regola bollata (1223) 3,2:82.
Ma è importante anche l'orazione personale.
Di tutta la fraternità di San Damiano si poteva affermare già nel 1228:
«hanno meritato di elevarsi alle altezze della contemplazione, ed è in questa che esse imparano ciò che devono fare ed evitare, e gustano la felicità di stare nell'intimità con Dio, perseverando il giomo e la notte nelle lodi e preghiere».
Vita prima di san Francesco d'Assisi, di Tommaso da Celano 20:352;
cfr. Lettera terza alla beata Agnese di Praga 12-15:2888-2889;
Lettera quarta alla beata Agnese di Praga 28-32:2906.
«[...] epsa beata Matre nella oratione era assidua et sollicita, giacendo in terra longhamente, stando humilmente prostrata. Et quando veniva dalla oratione, admoniva et confortava le Sore, parlando sempre parole de Dio, lo quale sempre era nella boccha sua, in tanto che le vanità non le voleva parlare, né udire. Et quando lei tornava dalla oratione, le Sore se rallegravano come se ella fusse venuta da cielo».
«[...] epsa madonna Chiara, la sera de po Compieta stava longamente in oratione con habundantia de lacrime. Et circha la mezzanocte similmente se levava alla oratione mentre epsa fo sana, et resvegliava le Sore tocchandole con silentio. Et poi spetialmente orava ad hora de Sexta, però che ad quella hora diceva che lo Signore nostro fo posto in croce».
«[...] Et credese fermamente che le oratione suoi liberassero una volta lo monasterio da l'impeto de li Saracini, li quali erano già intrati nel chiostro del monasterio. Et un'altra volta liberò la cità de Assesi da lo assedio de li innimici».
Processo di canonizzazione di santa Chiara d'Assisi 1,9; 10,3; 14,3.
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Il lavoro è il secondo momento forte della giornata.
Deve essere «decoroso e di comune utilità»; le sorelle devono compierlo «con fedeltà e devozione, in modo tale che, bandito l'ozio, nemico dell'anima, non estinguano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire».
Regola di santa Chiara d'Assisi 7,1-2:2792;
Regola bollata (1223) 5,2-3:88.
«[...] da poi che epsa [Chiara] fu inferma in modo che non se poteva levare del lecto se faceva levare su ad sedere et sostentare cum certi panni de rientro alle spalle et filava, in tanto che del suo filato ne fece fare corporali et mandonne quasi per tucte lo chiesie del piano e delli monti de Assise. [...] et quando le Sore li cuscivano [...] erano mandati per mano delli Frati alle predicte chiesie, et erano dati alli sacerdoti che ce vanivano».
Processo di canonizzazione di santa Chiara d'Assisi 1,11.
Durante il lavoro, il silenzio abituale è rotto dalle comunicazioni necessarie, che vengono espresse sottovoce e brevemente ma senza falsi problemi.
Regola di santa Chiara d'Assisi 5,4:2783.
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Le sorelle ammalate vivono in un ambiente adatto, dove le infermiere e le altre sorelle si dedicano a loro con ogni premura e affetto, facendo loro dimenticare la scarsità di cure mediche dovute alla medicina empirica dell'epoca e alla povertà.
«[...] epsa beata Matre inverso le Sore suoi era humile, benigna et amorevole, et haveva compassione alle inferme: et mentre che epsa fu sana, le serviva et lavava a loro li piedi et dava l'acqua alle mani; et alcuna volta lavava li sedili de le inferme».
Processo di canonizzazione di santa Chiara d'Assisi 1,12.
Le ammalate che riescono a fare qualche passo si recano nell'oratorio dove da un foro praticato nel pavimento possono non solo ascoltare la celebrazione, ma anche vedere l'altare.


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Ultimo aggiornamento:
23 Dicembre 2003