Dopo sedici anni dal
piano Palenzia e Viti, rimasto sulla carta, si torna a discutere della
costruzione del borgo. L'occasione è data da una nuova richiesta di autorizzazione che nel
1806 il
decurionato fa al sovrano attraverso l'
intendente di
Terra di Bari. Questi, prima di inoltrare la richiesta, sollecita il sindaco di Bari a far preparare la documentazione composta di: una copia legale del
decreto ferdinandeo del 1790; la pianta topografica dei terreni che ricadono nel perimetro del borgo; l'elenco dei terreni con l'indicazione della loro volontà a venderli o a censirli per costruire delle case in prima persona.
La pratica resta però ferma per altri sei anni. Solo nel
1812, la
mutata situazione politica induce l'intendente ad informare il sindaco che è giunta l'ora di prendere decisioni di grande importanza per il futuro della città:
"Le circostanze che rendevano difficile la riuscita della domanda [ndr: quella del 1806] posero un argine alla intrapresa. Ora queste, essendo dell'in tutto cessate, né avendosi alcuno, che possa opporre un interesse dello Stato, molti cittadini mi hanno avanzate delle domande per incominciare gli edifizi. Calcolando io l'importanza della cosa, disposi da me stesso la redazione di una pianta topografica per rendere regolare un'opera che deve essere trasmessa alla posterità. La pianta è già fatta e ivi rileverete dalla medesima la forma che il borgo deve serbare, ma sarete dal rapporto del signor Gimma istruito del modo dell'incominciamento degli edifici e proseguimento."
La lettera, con la quale si affida all'architetto comunale
Giuseppe Gimma di disegnare
"la pianta topografica dei terreni ove cadeva in acconcio il borgo, unitamente alla pianta del borgo con la enumerazione delle proprietà comprese nelle prime isole", risale al
2 agosto 1812. L'architetto consegna i disegni il
5 settembre.
Dalla lettera d'accompagnamento al piano traiamo alcuni riferimenti relativi alla stesura originale del piano. Sono previsti l'apertura di cinque strade attraverso le mura per collegare la città al borgo e la demolizione della porta di mare. Gimma propone, poi, di aprire inizialmente solo sedici isole, per le quali è prevista la costruzione di circa 2500 abitazioni al solo piano terra, ciascuna composta da due locali, il primo con affaccio sulla strada e il secondo nell'interno dell'isola, dove i suoli sarebbero stati coltivati a giardino, tranne per la parte destinata a successive espansioni.
Queste indicazioni fanno ritenere che le sedici isole di questa pianta (purtroppo non conservata fra le carte d'archivio) corrispondano, nella copia del 1816 del
piano del 1815, a quelle poste lungo le prime due strade parallele al corso principale del borgo, nel tratto compreso tra la
porta di mare, a est, e il punto di raccordo tra le
strade regia e
consolare, a ovest.
Gimma effettua il calcolo delle aree dei suoli necessari per le sedici isole e per l'apertura delle strade, giungendo ad una superficie complessiva di 40
aratri (circa 12 ettari). Si tratta di diciotto appezzamenti di terreno appartenenti a undici proprietari:
- quattro al regio demanio;
- dieci agli enti ecclesiastici:
- tre al monastero di Santa Scolastica;
- due alla congrega del Santissimo;
- due al monastero di Santa Teresa;
- due al capitolo della Cattedrale;
- uno al monastero di San Giacomo;
- quattro a proprietari laici:
- uno ai signori Annoscia e Padolecchia;
- uno agli eredi di Modesto Cavaliere;
- uno al barone d'Ameli;
- uno a Giandomenico Petroni.
Il
25 aprile 1813, con
decreto reale,
Gioacchino Murat approva la pianta del borgo disegnata da Gimma e
"accorda alla città di Bari la struttura del borgo".
Da questo momento gli adempimenti si susseguono con ritmo incalzante:
- l'intendente chiede all'architetto "il notamento esatto di tutti i fondi compresi nell'intero perimetro della pianta, con la enumerazione dei proprietari, siano del demanio, delle corporazioni esistenti e finalmente dei particolari" prima "di procedere alla livellazione nell'intero perimetro del borgo per disporsi l'allineamento delle strade e della grande piazza". Il 27 maggio il censimento dei suoli dei proprietari (in numero di 146) "con l'estensione particolare di ciascun podere [... e] l'allineamento con termini fissi delle strade" sono terminati;
- il 1° dicembre 1814 Murat approva gli statuti del borgo;
- il 26 dicembre l'intendente suggerisce a Gimma che "per incaminarsi la edificazione del borgo si dovesse formare con preferenza il disegno della piramide ideata nel mezzo della piazza del borgo, con emblemi esprimenti le grazie concesse dal governo in vantaggio di detta opera, e farsi conoscere la condizione e quantità dei terreni ad occuparsi per l'apertura della prima strada principale";
- il 31 dicembre l'architetto direttore presenta alla deputazione del borgo, presieduta dall'intendente, "tanto il disegno della piramide, che la pianta della strada principale larga palmi 100 e lunga palmi 3300 dalla piazza di mare fino all'incontro della strada di Modugno, con l'indicazione del modo come doversi arbustare tra il capostrada di mezzo, largo palmi 40 e li marciapiedi larghi per ogn'uno dei due lati palmi 30 fino alle abitazioni". Gimma prevede una spesa di ducati 2000 per la piramide, e di ducati 3752 e grana 10 per la strada considerando che la sua apertura "dovesse farsi contemporaneamente alla struttura delle case col rinfranco della maggior parte della spesa".
La
pianta del borgo approvata nel 1813 è modificata da Gimma nel
1815. La
"nuova pianta in netto dell'intiero borgo con i terreni e le strade campestri comprese nel perimetro, e con la parte dell'abitato esistente di attacco al borgo" è presentata al
ministro dell'Interno, accompagnata da una relazione tecnica nella quale si spiegano le ragioni che fanno preferire la soluzione proposta
"a quella che si voleva da parte dell'intendente Dumas".
Infatti, sebbene anche questa pianta manchi nella documentazione d'archivio, è lo stesso Gimma ad informarci che la deputazione del borgo aveva proposto di
"darsi alle sole strade dall'est all'ovest una direzione poco discostante dalla prima pianta, e ciò per aversi nello stradone che va a San Francesco di Paola le isole rettangole per dividersi, in forma regolare tra i fabbricanti"; la sua idea è che
"lo stradone principale resta come prima parallelo al muro di recinto della città, consistendo la sola differenza che il medesimo si vuol fare servire di base direttrice per tutte le strade portandole ad esso parallele". Il
20 aprile si procede alla approvazione del piano con
decreto reale.
In seguito, l'architetto ricopia la nuova pianta in due occasioni: una prima volta, il
4 aprile 1816 (la redazione giunta fino a noi), su richiesta del ministro dell'Interno e dell'intendente
"per l'applicazione del real decreto con cui si donavano [da parte di Ferdinando IV] al comune di Bari i fondi del demanio per la fabbricazione del borgo"; una seconda volta, in occasione dell'ispezione della direzione generale del
corpo degli ingegneri di Ponti e Strade, nel
1818.
Gimma propone interessanti
soluzioni di raccordo fra l'area di antico impianto (
"la parte dell'ambito presente di Bari") e lo schema degli isolati del borgo. Al suo interno, invece, il borgo si caratterizza per la diversa dimensione delle isole, con le quattro più piccole, di palmi 140 x 215, poste ai lati della grande
piazza centrale. Questa, con al centro la piramide celebrativa dei privilegi concessi alla città da Murat, si affaccia sul
corso principale, largo 100 palmi.
Nota. Nell'Archivio di Stato di Bari si conservano due copie stralcio del piano Gimma.
La prima è una copia firmata da Gimma, non datata, e riguarda la
zona est del borgo. Nella pianta sono indicati la porta di mare o di Lecce già demolita, la nuova piazza coperta, il vecchio tracciato della strada consolare per Lecce, da smantellare per la costruzione della villa comunale, e il nuovo raccordo con il corso principale del borgo.
La seconda copia, senza data e firma, riguarda sempre la zona est e contiene molti elementi nuovi di progettazione che la datano al 1859. Sono indicati i due porticati della piazza coperta, la piazza Conte di Bari con quattro nuove isole che la chiudono nel lato di mare, l'orto agrario e le strade consolari per Lecce e Taranto.
Nel 1819 l'ingegnere
Prade fa disegnare una copia stralcio del piano del borgo relativa alla
zona ovest. Nella pianta sono evidenziati le preesistenze edilizie, i nuovi edifici e l'area di porta castello già demolita.