Prima fase di accrescimento: il castello normanno.
Un documento del 1082 tratta di una restituzione del casale di Bitritto compiuta da Roberto il Guiscardo in favore dell'arcivescovo di Bari Ursone II.
Nel casale, di difficile ma architettonicamente non impossibile definizione, nasce in questa fase (fra i secoli XI e XII) una fortificazione facente parte del sistema difensivo a carattere territoriale voluto dai dominatori normanni. Così come le altre costruzioni militari che nascevano a quell' epoca, esso era costituito da torri a pianta quadrangolare irregolare collegate tra di loro da corpi di fabbrica bassi nei quali erano ricavati gli ambienti ad uso dei militi e le stalle per il ricovero degli animali. Nel nostro caso le torri erano tre, tutte munite di piccole aperture per l'avvistamento e di saettiere per la difesa e i corpi bassi erano localizzati solo a Nord e ad Est, mentre a Sud e a Ovest la corte interna veniva riquadrata da una cinta muraria attrezzata di feritoie che si impostavano ad una quota tale da richiedere per la loro utilizzazione un camminamento pensile, probabilmente in legno (della terza torre, quella sud-est, non è rimasta nessuna traccia, ma considerazioni di carattere forrnale e strutturale giustificano l'ipotesi circa la sua esistenza. Probabilmente è crollata o è stata distrutta prima del sec. XIV e quindi sostituita con un baluardo circolare pieno).
Un accesso(nella foto), ricavato tra il salone Nord e la torre d'angolo, metteva in comunicazione la corte interna con l' esterno ed era protetto, oltre che dalle opere di difesa della torre, da un doppio sistema di porte contrapposte delle quali sono, ancora oggi, visibili i cardini. Un altro ingresso, di cui esistono ben evidenti le tracce e che in seguito é stato anche ampliato, era ubicato nella cortina sud a ridosso della torre e metteva in comunicazione il cortile con l'interno del casale. I locali a piano terra avevano accesso diretto dal cortile.
Il fatto che sia sul lato sud che sul lato ovest del castello esiste un sistema di feritoie orientate verso l'interno del borgo è una testimonianza di quanto il sistema difensivo del fortilizio fosse autosufficiente e non facesse nessun affidamento sulla efficienza della cinta muraria del casale che doveva avere solo funzione di perimetrazione. Il muro di delimitazione della corte interna del castello, non avendo la stessa consistenza dei corpi bassi fra le torri, risultava più vulnerabile all'attacco e favoriva una più facile penetrazione da quel lato: questo giustifica la presenza di altre feritoie orientate dall' interno dei saloni verso il cortile. Una scala, probabilmente in legno, collegava la quota di calpestio del cortile con il camminamento pensile di servizio. Su questo si apriva un passaggio-cunicolo, tutt'ora esistente, all'interno del quale si sviluppava una scala in pietra che conduceva direttamente sul terrazzo del salone Est. Solo a questo livello esistevano gli accessi alle torri, che una volta rimossa la scala in legno, costituivano ancora una valida postazione di difesa anche quando gli aggressori riusciv ano ad espugnare il piano terra.
Questo punto di forza localizzato a pochi chilometri da Bari costituiva un sicuro riferimento per i contadini che coltivavano il territorio circostante, tanto che la presenza del fortilizio deve aver contribuito all'espansione dell'abitato, che da quel momento in poi ha assunto l'aspetto di un agglomerato di case molto compatto e chiuso verso l'esterno. Senza dubbio l'entità dell'insediamento doveva essere molto ridotta rispetto all'intero borgo come oggi si presenta: considerazioni di carattere tecnico ed urbanistico portano a pensare che fosse limitato alla fascia Nord della via Guglielmi e della piazza Leone, stante le caratteristiche unitarie, sia dal punto di vista strutturale che formale, di tutti i complessi edilizi che la costituiscono. Tale fascia comprende il castello sul lato Est connesso al sistema della cinta muraria che ad Ovest si piega quasi ad angolo retto, definendo all'interno uno spazio rettangolare, occupato da due isolati a sviluppo lineare e paralleli alla cinta stessa; un setto murario centrale si sviluppa per tutta la lunghezza e ad esso si attestano ortogonalmente e su ambo i lati le murature sulle quali si impostano le volte a botte in pietra costituenti la copertura dei sottani e il calpestio del piano rialzato delle cellule, in tutto simili l'una all'altra. In corrispondenza delle testate, però, la tessitura delle volte diventa ortogonale a quella corrente consentendo la chiusura stmtturale dell' organismo murario.
Da quanto detto si deduce che un impianto siffatto non può prevedere nessun tipo di ampliamento e che la costruzione è avvenuta secondo uno schema predeterminato.
Lo sviluppo dei due isolati é strutturalmente connesso all'andamento della cinta muraria (l'edificio ponte sull'arco Prima Resa - foto a destra - è impostato su una volta ogivale, e costituisce un elemento di connessione tra la struttura interna dell'abitato e la cintamuraria), la cui organizzazione é concepita in modo analogo a quella degli isolati, tranne per il fatto che la successione di cellule abitative é una sola, e il muro di spina costituisce la cortina esterna della cinta stessa, di spessore considerevole e senza grosse aperture.
Il sistema di fortificazione doveva richiudersi sul castello in corrispondenza della torre Sud, definendo all'interno uno spazio nell' ambito del quale dovevano svolgersi le attività del casale (concentrazione, lavorazione e smistamento dei prodotti agricoli). Probabilmente l' attuale cappella di S. Antonio ripropone quello che doveva essere l'edificio religioso del casale.
Il fatto che il casale a quell'epoca fosse cinto da mura é anche confermato da notizie storiche: un documento risalente alla metà del XII secolo parla di alcune vigne foras predicti Betricti; la qual cosa ci conferma che Bitritto era ormai un' insediamento ormai formato, tanto da potervi distinguere un foras ed un intus, cioé che il borgo era circondato da opere di difesa, forse un muro.
Seconda fase di accrescimento: il palazzo del "Comestabulo".
Il casale dopo il 1150 risulta citato nel catalogus baronum come feudo del ducatus Apuliae.
E' interessante notare che il feudatario che allora governava il casale, Frangalio, era comestàbulo e reggeva la comestabulìa che prendeva il nome dalla località in cui risiedeva, e cioé da Bitritto, e comprendeva un territorio corrispondente grosso modo alla terra di Bari.
Probabilmente Frangalio dispose alcuni lavori al castello (e questo confermerebbe che il castello esisteva già in epoca precedente): si è propensi a credere che non si trattasse di lavori di restauro, bensì di opere di ampliamento dell'edificio fatte nell'intento di trasformarlo in una residenza fortificata, con caratteristiche architettoniche degne dell'alta carica militare ricoperta da chi vi risiedeva, e con sistemi difensivi più completi e sofisticati.
Tali supposizioni non derivano da alcun accenno ad ampliamenti nelle fonti scritte, ma solo dall'esame delle discontinuità che si riscontrano tra le strutture a piano terra e primo piano e tra quest'ultime e le torri. Detti lavori di ampliamento portarono, sostanzialmente, alla sopraelevazione dei corpi bassi tra le torri che vennero quasi integralmente riquadrate nelle nuove facciate facendo perdere al castello il suo aspetto precedente.
L' organizzazione strutturale divenne la seguente: nell'ambito del cortile fu costruito, addossato alla facciata interna a Nord, un avancorpo costituente loggiato per il primo piano e dotato di fornici (dei quali è possibile riscontrare alcune tracce, come si vede nella foto), uno dei quali consentiva ancora l'accesso al salone; per raggiungere il nuovo livello ipotizziamo l'aggiunta alla scala preesistente di una rampa in legno che smontava direttamente sul loggiato; su questo si aprivano quattro porte che davano nei saloni residenziali; il salone Est, che non possedeva, come quelli a nord, uno spazio di pertinenza all'aperto, era illuminato da tre finestre; l'accesso alle torri avveniva, in questa fase, dall'interno dei saloni a primo piano; sulla copertura di detti locali, probabilmente realizzata a due falde, impostata su capriate in legno (esistono ancora in alcuni ambienti tracce di alloggi di travi), si articolava, in corrispondenza delle linee di gronda, un camminamento che consentiva di utilizzare gli spalti attrezzati di feritoie (nella foto) dislocati sia verso l'interno che verso l'esterno del castello. Di tali camminamenti in corrispondenza delle linee di gronda del tetto non è possibile oggi trovare traccia, essendo scomparso tale sistema di copertura, ma possiamo avere conferma di quanto ipotizzato osservando la quota di arrivo della scala a chiocciola, costruita appositamente per collegare il primo piano con i tetti: l'ultimo gradino è attualmente ad un livello molto inferiore rispetto a quello del calpestio delle coperture a terrazzo, ma ad una quota utile all'agibilità delle feritoie. Esaminando le tracce degli alloggi delle capriate nelle murature e la disposizione degli spalti di difesa si evince che la cortina muraria della sopraelevazione doveva essere più bassa di quella attuale. Riusciamo altresì a giustificare la presenza di un varco esistente nella torre d'angolo che, là dove è posizionato, poteva costituire un ulteriore accesso al camminamento.
Il collegamento tra il primo piano e il sistema dei camminamenti sulle coperture è tipico delle costruzioni militari medioevali. In prossimità di ogni torre era localizzata una "garitta" con due feritoie: una a tiro radente alla cortina muraria della torre e una orientata liberamente verso la campagna; a queste si accedeva direttamente dai saloni a primo piano e il relativo calpestio era ad una quota inferiore rispetto a quella dei saloni (tranne quella in prossimità della torre Sud). In seguito si è potuto rilevare che la "garitta" posta in prossimità della torre Ovest ha il calpestio alla stessa quota di quella in corrispondenza della torre d'angolo. Probabilmente il fatto che le "garitte" fossero sottoposte rispetto ai saloni è legato alla loro esistenza già nell'impianto precedente.
Gli accessi dall'esterno al castello rimangono gli stessi, organizzati probabilmente ancora con il doppio sistema di porte, mentre l'accesso dal casale venne probabilmente ampliato. L'organizzazione funzionale prevedeva al piano terra i locali di servizio mentre al livello superiore quelli residenziali.
Nel documento del 1209 riguardante la restituzione-donazione di Bitritto fatta da Frangalio alla Mensa Arcivescovile di Bari, si intuisce che l' edificio appena descritto, che potremmo definire il "palazzo del Comestabulo", è un castrum autosufficiente e distinto dal casale che intorno ad esso gravitava.
Nei documenti del 1266 e 1267 sono contenuti interessanti particolari riguardanti l'organizzazione e la consistenza del casale: esso è certamente un borgo delimitato da cinta muraria, impenetrabile e dotata di porte; il numero delle famiglie residenti ammonta ad una novantina, a giudicare dal numero dei firmatari l'atto di giuramento di fedeltà alla Mensa Arcivescovile di Bari del 1267; a parte l'eminente società del castrum ed alcuni artigiani, gli abitanti sono in prevalenza contadini.
La cinta muraria èe; ora costituita dagli stessi isolati residenziali più esterni, che hanno sviluppo tale da conferire al casale la forma di un rettangolo, nel quale il castello occupa uno dei vertici (quello di Nord-Est); il numero delle cellule abitative (sviluppantesi su due o tre livelli) è di circa ottanta, delle quali trentasei costituiscono gli isolati interni e le rimanenti quelli esterni; l'accesso al casale è consentito solo attraverso porte localizzate in punti della cinta muraria protetti da opere di difesa (il castello).
Terza fase di accrescimento: gli ampliamenti angioini.
Sostanzialmente il casale é rimasto pressapoco delle stesse dimensioni per tutto il periodo svevo e parte di quello angioino.
Dobbiamo arrivare al 1350 per vedere risvegliarsi l'attivita edilizia, non certo intesa come espansione fuori le mura, ma solo come miglioramento delle opere militari di difesa.
Intomo al 1350 infatti l'arcivescovo di Bari Bartolomeo Carafa avrebbe, secondo una tarda tradizione, integrato il sistema di fortificazione del casale. Da attestazioni più certe apprendiamo, comunque, che i Bitrittesi non tardarono ad allearsi con gli Ungheresi scesi in Puglia al comando di Ludovico d'Angiò.
Le opere murarie risalenti a questo periodo, comunque, devono essersi conservate intatte sino alla seconda metà del XVIII secolo, epoca in cui alcuni grossi tronchi della cinta muraria furono demoliti e rimpiazzati da edilizia signorile (edifici in via N. Balenzano e via Settembrini) e da opere religiose.
Non é da escludere che nel potenziare l'efficienza del sistema della cinta muraria di Bitritto, con i criteri che vedremo in seguito, il Carafa si sia interessato anche al castello, che pure faceva parte (ed in maniera importante) del sistema di fortificazione, dal momento che lo studio condotto sull'edificio individua una terza fase di accrescimento risalente proprio al periodo angioino.
A seguito delle modifiche funzionali e strutturali, come già preannunciato, l'edificio perse in parte l' assetto militare raggiunto dopo l' intervento di ampliamento voluto da Frangalio, e questo fu reso possibile dal patenziamento del sistema difensivo della cinta muraria del casale che consentì di ridimensionare il numero delle opere di difesa del castello verso l'interno del borgo: a piano terra furono costruite alcune strutture addossate al muro di cinta del cortile, che determinarono la scomparsa del camminamento pensile che assicurava l'agibilità delle feritoie; al primo piano venne modificato il sistema di copertura, con la conseguente soppressiane degli spalti attrezzati per la difesa.
E' importante notare come le opere costruite in questa fase siano, dal punto di vista della lavorazione e della composizione architettonica, quelle più rappresentative del monumento (arcate ogivali nel cortile, volta a crociera del salone Est a primo piano, ecc.).
A piano terra il cortile venne parzialmente occupato da due porticati che alterarono completamente sia l'aspetto formale che l'organizzazione funzionale dello spazio aperto preesistente: due eleganti arcate ogivali delimitavano sul lato ovest uno spazio coperto probabilmente da un impalcato in legno; un'arcata, di larghezza maggiore delle precedenti, definiva all'esterno una volta in pietra che determinava uno spazio coperto in corrispondenza dei due accessi al castello (nella foto). L'inserimento di queste opere avvenne senza alterare le strutture murarie preesistenti addossandosi con le opere di sostegno ad esse: solo il piedritto di una delle arcate ad Ovest, quello addossato alla cortina Nord, comportò dei problemi in quanto andò a capitare proprio in asse al fornice di accesso al salone Nord che dovette essere soppresso e sostituito da un altro di dimensioni ridotte ricavato tra il piedritto e lo stipite del fornice stesso, tagliato a forza per dare alla porta una larghezza utile al passaggio. Di questo ingresso esistono ancora tutti gli elementi costitutivi.
Il corpo Est andò ad occupare il posto della preesistente scala in legno, che in questa fase fu probabilmente sostituita da una più comoda scala in pietra.
La realizzazione dei corpi di fabbrica a piano terra determinò un notevole ampliamento degli spazi all'aperto a primo piano e, nell'intento di separare il terrazzo su cui smontava la scala (pianerottolo di rappresentanza) da quello di pertinenza dei locali residenziali, fu spostata la muratura del portone di accesso determinando l'occultamento per metà del vano di una delle finestre preesistenti sulla cortina est (nella foto).
Il salone Est fu completamente ristrutturato attraverso la sostituzione della copertura a capriate con una elegante volta a crociera costolonata nel lato Sud e con una volta a botte ogivale nel lato Nord.
Nel vano della torre Ovest venne inserito un muro di divisione impostato su un arco ogivale costruito nei locali sottostanti (nella foto).
Alcuni lavori di consolidamento statico, consistenti nella realizzazione di un rimpello di muratura impostato su una serie doppia di archi ogivali di scarico, interessarono la cortina estema Nord.
Probabilmente in questa fase furono anche realizzate le scarpe in corrispondenza delle torri e il baluardo circolare che andò a sostituire la torre Sud, che doveva essere già crollata o in condizioni statiche precarie.
L'organizzazione funzionale prevedeva anche in questo caso a piano terra i locali e gli spazi coperti di servizio e a primo piano i locali residenziali e di rappresentanza.
Il lavoro di indagine analitica sul casale ha come punto di arrivo quella che era l'organizzazione funzionale di Bitritto intorno alla metà del XIV secolo, quando assunse un assetto militare completo ed efficiente.