La capriata e il suo funzionamento

 

La particolare geometria a triangolo della capriata fa si che sulle murature vengano trasmessi soli carichi verticali. Per comprendere questo fondamentale concetto che ha consentito l'impiego della capriata sino al nostro secolo verrà di seguito riassunto il suo meccanismo di funzionamento: lo schema statico di una capriata semplice è quello di un triangolo di lati ABC in cui AB e AC sono i due lati inclinati, denominati puntoni, e BC il lato orizzontale, denominato catena. Il carico verticale, trasmesso dal pacchetto di copertura nel vertice A, indurrebbe quest'ultimo a traslare verso il basso, azione che a sua volta genererebbe un allontanamento dei punti B e C, ma tutto ciò viene impedito dalla fondamentale presenza del lato BC. Se si prende come riferimento il carico verticale agente in A si potrà comprendere allora che tale forza sarà scomponibile in due componenti, una assiale ai puntoni e l'altra normale ai puntoni stessi: la prima genererà in essi uno sforzo di compressione la seconda di flessione. La componente assiale trasferita in B si scompone a sua volta in:

  • una componente orizzontale, uguale e contraria alla componente che agisce in C, che mette in trazione il lato BC;
  • una componente vericale che è la forza peso che viene trasmessa alle murature e da qui, attraverso le fondazioni, al terreno.

Fig.1 schema statico di una capriata

 

 
Lo schema statico è sempre completato dalla presenza del monaco che impedisce di fatto ai puntoni di venire direttamente a contatto tra loro con tagli a "becco di flauto" che non garantiscono il contatto lungo tutta la superficie provocando così un sensibile aumento della sollecitazione unitaria. L'inserimento del monaco permette dunque che le estremità dei puntoni vengano tagliate ad angolo retto e garantisce, con i suoi piccoli spostamenti, l'aderenza perfetta tra le superfici, per questo motivo il monaco non si appoggia alla catena ma è collegato ad essa tramite una staffa in ferro che consente al monaco stesso di rimanere nel piano. Lo schema descritto con puntoni, monaco e catena viene adoperato per luci fino ai 7 m.
   
 
Fig.2 a)taglio a becco di flauto; b)nodo corretto

 

Nota:

Immagini tratte da "Architettura tecnica" Caleca Luigi, editore Flaccovio Dario, 2004

   
Fig.3 capriata semplice
 
   
Per luci comprese tra i 7 m e i 12 m i puntoni assumono lunghezza considerevole e per questo motivo sono necessari degli appoggi intermedi, denominati saette. Le saette sono poste a distanza di 1/3 dall'estremo A, misurata in direzione assiale ai puntoni e, disposte in maniera inclinata, calettate ai puntoni e al monaco. Data la loro disposizione sono pertanto sollecitate a compressione e le loro azioni si scompongono nei punti in cui sono calettate al monaco che pertanto sarà sottopostoa trazione. Tale tipo di capriata composta da puntoni, monaco, catena e saette prende il nome di capriata "palladiana".
   
   
Fig.4 capriata palladiana
 

Per luci comprese tra i 12 m e i 15 m si utilizza la capriata denominata "composta" che è costituita da due puntoni, due sottopuntoni, tre monaci, una catena e una sottocatena. Si sottolinea in ultimo l'estrema importanza del corretto dimensionamento ed esecuzione delle calettature ed in particolare quelle tra puntone e catena e tra puntone e monaco.

 

Fig.5 capriata composta
   
     

Fig.6 nodo puntone - catena

 

Fig.7 nodo puntone - monaco

 

La prima viene eseguita ad una distanza dalla testa della catena non inferiore alla sua altezza, in modo che il materiale possa resistere agli sforzi di taglio che il puntone esercita su di essa, e per una profondità non maggiore di 1/3 dell'altezza per non indebbolire eccessivamente la sezione resistente; la seconda, per le stesse motivazioni, verrà eseguita ad una distanza dall'estremità del monaco almeno pari alla sua larghezza e per una profondità non superiore di 1/4 della stessa.