Il frantoio ipogeo
Di solito i trappitari erano quattro più il loro capo chiamato "NACHIRO" e di solito erano operai stagionali che mentre nel periodo estivo svolgevano il mestiere di marinai, nella stagione fredda, quando il mare era impraticabile, si chiudevano in questi antri sino alla fine della stagione della spremitura. Da qui la giustificazione di molti termini marinari che troviamo in questo contesto. I loro rapporti con l'esterno erano abbastanza limitati in quanto, già abituati sulle navi a vivere senza socializzare ed avevano ritmi di lavoro altissimi. Si può ben dire che i loro lavoro venisse svolto 24 ore su 24 con turni di riposo nell'interno dello stesso frantoio in modo da essere svegliati in caso di necessità. Anche agli stessi contadini che dovevano conferire le olive per la macinatura era vietato l'ingresso nell'interno del trappito per evitare il verificarsi di furti sia di olive che di olio. Il conferimento delle olive al trappito, per la loro macinatura avveniva dalla strada, dove attraverso le "SCIAVE", sorta di camini scavati nella pietra che collegavano la strada al frantoio, le olive venivano buttate nell'interno del frantoio stesso in attesa della loro lavorazione. Al suo turno la partita conferita veniva immessa nella vasca di macinazione e ricordiamo che ogni vasca macinava circa sei tomoli di olive corrispondenti a circa 200 chilogrammi di olive, misura derivata non dalla capacità della vasca, bersi alla capacità di un piccolo torchio. Infatti dopo la macinatura a schiacciamento, la pasta macinata veniva depositata sui fisculi che impilati venivano messi sul torchio piccolo chiamato "MAMMAREDDHRA" per subire una prima spremitura dopo di che rinmessi nella vasca di macinazione per rimpastarsi e, sempre con lo stesso procedimento di stesura sui fisculi, passare al torchio grande chiamato dai trappitari "LU CONZU".