I De Mari: da dimora signorile a palazzo principesco
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La terza fase di trasformazione dell'edificio, che ne
definisce la struttura giunta sino ai nostri giorni, ha inizio nel 1664
allorchè entra in possesso del feudo il banchiere genovese Carlo De Mari,
acquistandolo dagli eredi del marchese Paride Pinelli, signore di Acquaviva dal
1614 al 1623.
La Famiglia De Mari domina Acquaviva per oltre un secolo,
fino alla fine del feudalesimo decretata nel 1806 e completa l'opera di
trasformazione in Palazzo dell'antico Castello.
In questo periodo l'edificio viene inglobato in una nuova
struttura che amplia con nuovi corpi di fabbrica tre lati del palazzo: a sud viene
realizzata la nuova galleria di pittura (oggi occupata dalla Sala Consiliare)
con l'ampia terrazza sostenuta da una struttura ad archi (tamponati
nell'ottocento).
A ovest viene realizzato il nuovo loggiato, viene accostata
all'antico muro esterno del castello una nuova sequenza di stanze nonchè il
corpo centrale aggettante con il grande portale monumentale di ingresso; a nord
viene costruita la seconda grande terrazza accostata al corpo preesistente
realizzando al piano terra ed al piano ammezzato nuovi ambienti (attualmente
occupati rispettivamente da negozi e dai locali dell'ex carcere); viene quindi
sopraelevato di un piano l'intero corpo nord per la realizzazione di una grande
sala con copertura a capriate adibita a piccolo teatro di corte.
Numerosi altri interventi di abbellimento in
stile barocco vengono realizzati all'interno dell'edificio: i portali di
ingresso ai locali del primo piano ai quali si accede dal grande scalone
ricavato nel loggiato all'interno del cortile; le tre grandi
finestre su lato est del cortile interno. Di particolare pregio risultano le
cornici di pietra delle nuove finestre dei prospetti sud e ovest, nonchè quelle
realizzate nella seconda metà del XVIII secolo, del
corpo centrale aggettante della facciata ovest. Pure al
XVIII secolo è da far risalire il cornicione di coronamento dei fronti sud e
ovest con i caratteristici mascheroni (va tuttavia precisato che i mascheroni
in cemento oggi visibili sono stati realizzati in recenti restauri, in seguito
a numerosi crolli dei cornicioni).
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