RESTAURI E RISTRUTTURAZIONI


Nel corso dei secoli la basilica ha subito numerose ristrutturazioni e modifiche. Un primo intervento sulle coperture del transetto (originariamente la navata centrale ed il transetto erano coperti da un tetto ligneo con travature a vista) è documentato alla fine del quindicesimo secolo, nel 1487. Nel corso del secolo successivo sono ricordati numerosi interventi sia sulle coperture delle navate sia su quelle del transetto. L'epoca barocca, in particolare la metà del XVII secolo, fu caratterizzata da un'intensa serie di interventi sia di ristrutturazione sia di nuova costruzione che coinvolsero gran parte del complesso ecclesiastico, mirati ad adornare ed impreziosire la austera e disadorna struttura della chiesa. Un intervento di sostanziale modificazione della configurazione delle coperture si ebbe nel 1646 quando le lastre di piombo, deterioratesi a causa dell'insufficiente spessore e della cattiva posa in opera, vennero sostituite integralmente con "chianchette" calcaree.
Nella stessa occasione si intraprese un'opera di grande rilevanza: la struttura lignea venne difatti occultata da un soffitto piano intagliato a lacunari nei quali vennero inserite
grandi tele dipinte dal pittore bitontino Carlo Rosa. Il progetto prese avvio da una relazione, redatta nel febbraio del 1949 dal bitontino Michelangelo Costantino della Pietà, nella quale veniva denunciato il grande stato di degrado dell'intera basilica, in particolare quello delle coperture.
A distanza di pochi mesi da questa, una seconda relazione, stesa da "professori di ingegneria ed architettura", confermava quanto denunciato nella precedente, avanzando una ulteriore proposta: quella di arricchire la struttura lignea del tetto, certamente troppo austera per il gusto fastoso dell'epoca. Tuttavia, la carenza di fondi, in un periodo che risentiva di grandi disagi economici (dovuti in parte ad epidemie di peste, carestie, danni prodotti dalla siccità, ecc.), permise inizialmente solo il restauro delle coperture.
Il tetto della basilica assunse allora la sua attuale conformazione: doppia falda con struttura a capriate in legno che poggiano sulle murature portanti. A questi lavori, ultimati intorno al 1650, seguì, in un secondo tempo, al radicale modificazione dell'apparato decorativo interno, cui si pervenne realizzando il grandioso soffitto di "gusto napoletano" che venne agganciato alle capriate che erano state appena rifatte. Soffitto che costituisce un magnifico esempio di decorazione barocca, nel quale la grandiosità e teatralità delle pitture, di tipo illusionistico, si fonde col fasto delle incorniciature dorate producendo un effetto scenografico di grande suggestione.
Nel 1847 il capitolo di San Nicola chiese al re Ferdinando II, in visita alla città, di provvedere con la sua generosità alle spese di riparazione delle coperture. Infatti il loro stato di degrado causava infiltrazioni di acqua piovana che mettevano in pericolo il pregevole soffitto seicentesco. All'epoca del progetto la copertura era costituita da quaranta capriate sulla nave longitudinale, lunga 40,48 metri, e da ventinove capriate sul transetto, lungo 31,90 metri, con un interasse da faccia a faccia delle travi di 1,07 e 0,75 metri rispettivamente. Inoltre il rivestimento delle tettoie della navata centrale era costituito da tre strati di pietra calcarea, le cui lastre erano spesse 0,50 palmi (13 centimetri), con un peso proprio non minore di 260 chilogrammi per metro quadrato su un piano con forte pendio. La soluzione adottata dall'ingegner Milone fu quella di ridurre il numero delle capriate della nave longitudinale da quaranta a quattordici e di alleggerire il peso sulla copertura, sostituendo il rivestimento in "chianchette calcaree" con tegole di argilla più leggere poggiandole su un pianellato di laterizio. Per le coperture del transetto non toccate dall'intervanto, si provvide a realizzare una protezione delle canalizzazioni di scolo delle acque piovane contenute al loro interno, e a racchiuderle all'interno di tre tavolati di abete, disposti per tutta la lunghezza del tetto. Questa soluzione avrebbe protetto il soffitto sottostante da eventuali infiltrazioni d'acqua provocate dall'intasamento o dalla rottura dei pluviali situati all'interno delle coperture. Il progetto di Milone riguardò anche le tettoie di copertura delle cappelle laterali, che furono ricostruite seguendo il medesimo criterio utilizzato per la navata maggiore.
Nel 1945 nel porto di Bari scoppiò una nave carica di esplosivi, con gravi danni per gran parte della città e, in modo particolare, per la basilica, in cui rovinarono tra l'altro i tetti ed il soffitto barocco con i numerosi dipinti di Carlo Rosa, alcuni dei quali erano stati ridotti a brandelli. Esso fu talmente sconvolto anche nella parte statica che sembrò veramente disperata la possibilità di un restauro. Infatti molte catene lignee, alle quali era ancorato l'intero elemento decorativo, si erano spezzate, mentre distacchi, lacerazioni e disancoraggi di enormi cornici rimaste in bilico completavano il senso di triste desolazione in cui era caduto improvvisamente il monumento, per il quale da decenni si andavano esplicando le più assidue cure. Si trattava quindi di affrontare con convinzione un lavoro improbo, per ristabilire e restituire alla basilica quell'elemento decorativo che, se ha un modesto valore intrinseco, si amalgama ormai così elegantemente col tutto ed aggiunge una nota valida alla robusta sinfonia architettonica dell'insieme.
L'impalcatura che si dovette estendere sull'intero volume della navata principale e del transetto, l'ancoraggio con staffe di ottone di molta parte del soffitto, il costo di tutte quelle opere e una serie di difficoltà tecniche da superare non costituiscono una remora nell'esecuzione del lavoro, che fu attuato con relativa celerità onde evitare altri possibili danni che gli agenti atmosferici avrebbero potuto provocare.


LE VOLTE A CROCIERA

Configurazione delle coperture