 II 
            castello tranese compare, documentato, a partire dal 1233, in due 
            occasioni:
II 
            castello tranese compare, documentato, a partire dal 1233, in due 
            occasioni:
            la prima, in un passo della cronaca di Riccardo da S. Germano (p. 
            1081 ) in cui il cronista dichiara: « Castella in Trano, Baro, 
            Neapolj et Brundisio iussu imperatoris fìrmantur», termine 
            quest'ultimo controverso e fin dal latino classico alternativamente 
            inteso nell'accezione di rafforzare, consolidare ovvero edificare 
            dalle fondamenta; la seconda nella più antica iscrizione presente 
            nel castello stesso, situata nel cortile occidentale su un ampio portale 
            a doppio arco ogivale.
            Nel 1234 Federico è segnalato a Trani, giuntovi allo scopo 
            precipuo di « vedere la fabbrica dello castello » (SPINELLI, 
            p. 1065), castello che nel 1239 viene compreso nell'elenco dei castra 
            exempta, direttamente dipendenti dal sovrano, regolarmente munito 
            di castellano di nomina regia e di una guarnigione composta da ottanta 
            elementi. Già nel 1240 il castello presenta necessità 
            di urgenti riparazioni alle volte lesionate. Ai lavori di manutenzione 
            ordinaria e straordinaria di cui necessitano tutti i castelli del 
            regno contribuiscono città opportunamente designate. Le spese 
            relative al castello di Trani vengono sostenute dalle città 
            di Trani e Molfetta, prassi che rimarrà in vigore nel successivo 
            periodo Angioino. A conclusione delle opere di fortificazione intanto 
            eseguite al castello si pone una seconda iscrizione, collocata sull'antica 
            porta a mare tompagnata, ad ovest, nel muro di cinta. Datala 1249, 
            essa fa riferimento alla costruzione di tale elemento difensivo, condotto 
            circum et ante la rocca; vi sono segnalati i nomi dell'autore 
            del progetto, Filippo Cinardo, e del realizzatore materiale dell'opera, 
            il tranese Stefano di Romualdo Carabarese.
            Dimora favorita di Manfredi, nel castello si celebrarono le sue nozze 
            con Elena d'Epiro (1259), ivi catturata da Carlo I d'Angiò 
            in seguito alla disfatta di Manfredi a Benevento (1266).
            Passato sotto la tutela angioina il castello vedrà dimezzarsi 
            il suo apparato difensivo, ridotto a quaranta elementi negli anni 
            precedenti il 1269, quindi aventi con le Costitutiones serventium 
            in castris Regni.
            La documentazione fornita dalla consultazione dei registri della cancelleria 
            angioina nella edizione del Filangieri, consente di delineare un quadro 
            completo della vita del castello negli anni compresi tra il 1266 ed 
            il 1288. La fortezza funge da organo di controllo sugli elementi perturbatori 
            dell'ordine all'intemo della città, da prigione politica e 
            da temporanea dimora delle figlie del sovrano e del rè stesso, 
            quando le abitudini itineranti della sua corte lo portano a Trani; 
            viene scelto quale sede per la celebrazione di matrimoni fastosi, 
            le seconde nozze di Carlo I d'Angiò con Margherita di Nevers 
            (1268) e quelle del figlio Filippo con Isabella Comneno (1271); i 
            quaderni e gli scritti dei conti razionali vi vengono trasferiti da 
            Nocera, il tesoro regio vi viene temporaneamente custodito; funge 
            da deposito di materiale bellico, e più tardi non solo bellico, 
            a disposizione della Corona, nel primo caso per approvvigionare di 
            munizioni l'esercito regio, nel secondo per rifornire le casse private 
            del sovrano.
            Il castello dispone di un cospicuo arsenale a cui il sovrano attinge 
            per l'armamento del suo esercito: ferro ed acciaio da forgiare, quadrello 
            e balestre, lance, uniformi; vi sono inoltre custodite migliala di 
            libbre di cera, nonché merci preziose come pepe, cannella, 
            zucchero e bombice.
            In quanto ai lavori strutturali effettuati al castello in epoca angioina, 
            essi si limitano ad alcune generiche riparazioni castris et pontis 
            Trani; cui si aggiungono la realizzazione delle bertesche e la 
            costruzione di camini nella zona residenziale del castello, ad opera 
            dell'ingegnere Giovanni di Toul.
             L'ultima 
            regina angioina, Giovanna II, nel 1425 ed il primo rè aragonese, 
            Alfonso I il Magnanimo, nel 1436 ribadiscono in due importanti documenti, 
            custoditi nel Libro Rosso dei Privilegi della città di Trani, 
            il principio che sempre la città ed il relativo castello saranno 
            demaniali e dipendenti unicamente dalla corona. Nel 1458 la città 
            si ribella minacciando di impadronirsi del castello; la rivolta è 
            sedata in nome del rè Ferdinando da Antonio Fuxa, provveditore 
            dei castelli del regno. L'episodio è degno di nota perché 
            la narrazione dell'evento illumina e sull'esistenza all'intemo del 
            castello di una scuderia di apprezzabili dimensioni (Fuxa si avvale 
            di quaranta cavalieri per compiere la sua impresa) e sulla diversa 
            sistemazione delle difese quattrocentesche, tali da permettere il 
            passaggio della cavalleria all'interno e lungo i fianchi del castello.
L'ultima 
            regina angioina, Giovanna II, nel 1425 ed il primo rè aragonese, 
            Alfonso I il Magnanimo, nel 1436 ribadiscono in due importanti documenti, 
            custoditi nel Libro Rosso dei Privilegi della città di Trani, 
            il principio che sempre la città ed il relativo castello saranno 
            demaniali e dipendenti unicamente dalla corona. Nel 1458 la città 
            si ribella minacciando di impadronirsi del castello; la rivolta è 
            sedata in nome del rè Ferdinando da Antonio Fuxa, provveditore 
            dei castelli del regno. L'episodio è degno di nota perché 
            la narrazione dell'evento illumina e sull'esistenza all'intemo del 
            castello di una scuderia di apprezzabili dimensioni (Fuxa si avvale 
            di quaranta cavalieri per compiere la sua impresa) e sulla diversa 
            sistemazione delle difese quattrocentesche, tali da permettere il 
            passaggio della cavalleria all'interno e lungo i fianchi del castello.
            L'apparato difensivo del castello si va intanto evolvendo con i tempi: 
            un mandato di pagamento vi documenta nel 1494 la presenza di due bombardieri, 
            divenuti trenta nel 1539. Dal 1496 al 1530 la città di Trani 
            e relativo castello non dipendono più dalla Corona spagnola, 
            passando temporaneamente sotto la giurisdizione della Serenissima 
            in pegno di un prestito pecuniario. Nel 1496 il Senato veneto delibera 
            la elezione di un governatore e di un castellano per Trani; nel 1500 
            il Consiglio dei Dieci ordina la chiusura di due porte minori del 
            castello di Trani prospicienti il mare, pericolose per la sicurezza 
            della rocca in quanto permettono ogni tipo di contrabbando. Al 20 
            febbraio 1530 risale lo strumento della riconsegna della città 
            di Trani e del castello, fatta in nome dei rispettivi governi da Giovanni 
            Vitturi, provveditore veneto, a Ferdinando de Alarcon, capitano generale 
            di Carlo V. Passato sotto la tutela imperiale, il castello attira 
            immediatamente l'attenzione del nuovo sovrano; al 1533 risale infatti 
            la terza iscrizione presente nel castello, collocata al limite superiore 
            del secondo piano, nella parete sud del cortile centrale.
            La ristrutturazione dell'ala meridionale del cortile, cui l'iscrizione 
            fa riferimento, conferisce all'edificio squisite caratteristiche rinascimentali, 
            sovvertendo l'ormai consunta compagine federiciana. Si procede, inoltre, 
            date le mutate tecniche belliche con ampio impiego di armi da fuoco, 
            all'ispessimento della parete esterna della stessa ala ed alla cimatura 
            delle torri ad essa collegate. Trovato in buone condizioni ed atto 
            alla difesa in una ispezione del 1536, il castello viene corredato 
            dell'unico torrione lanceolato, caratterizzante l'angolo sud-ovest, 
            completato nel 1540 con la costruzione della merlatura, costata sedici 
            ducati e quattro tarì. Nel 1541 compie un'ulteriore ispezione 
            al castello di Trani il viceré don Pedro da Toledo, il quale 
            provvede a concedere sovvenzioni e suggerisce che una torre debba 
            innalzarsi per una più efficace protezione del fianco prospiciente 
            il mare, torre identificabile nello sperone quadrangolare scarpato 
            posto all'angolo nord-est.
            Al 1533 risale la quarta iscrizione presente nel castello; sormontata 
            dallo stemma di Carlo V e situata sull'architrave dell'attuale portale 
            di ingresso, ne data la strutturazione. Alla seconda metà del 
            sec. XVI risalgono alcuni inventari di munizioni e vettovaglie custodite 
            nel castello, relativamente agli anni 1551, 1561, 1584, nei quali 
            vi sono interessanti accenni alle attività inteme al castello, 
            nella attenta descrizione, fra l'altro, del materiale contenuto nella 
            ferrarla e nel mulino.
            In quanto all'attività edilizia, definibile importante e prestigiosa, 
            degli anni '30 e '40, fa riscontro nei decenni successivi una stasi 
            quasi totale, tale da legittimare un radicale mutamento di funzioni 
            del castello tranese.
             Nel 
            1583 Filippo II comunica al viceré di Napoli il proprio desiderio 
            che la sede della Sacra Regia Udienza della Provincia di Bari venga 
            stabilita nel castello di Trani, data la sua inadeguatezza a fungere 
            da valida fortezza militare.
Nel 
            1583 Filippo II comunica al viceré di Napoli il proprio desiderio 
            che la sede della Sacra Regia Udienza della Provincia di Bari venga 
            stabilita nel castello di Trani, data la sua inadeguatezza a fungere 
            da valida fortezza militare.
            Il 5 luglio 1586 ha luogo l'inaugurazione del tribunale della Sacra 
            Regia Udienza nel castello tranese, dove tale istituzione ebbe sede 
            fino al 1677. Nel castello di Bari è custodito un interessante 
            plastico ligneo del castello di Trani; esso consente una agevole lettura 
            della struttura e dei passaggi originari, precedenti le vistose alterazioni 
            subite dall'edificio nel secolo scorso.
            Un inventario del 1730, peraltro non diverso da quelli in precedenza 
            citati, fornisce l'elenco degli ornamenti della Real Cappella, sita 
            in un vano ancora privo di copertura nel plastico.
            In un documento del 1798, un messaggio diretto dal castellano al preside 
            della S.R. Udienza, fornisce un quadro avvilente della decadenza dell'edificio; 
            nei primi decenni del secolo successivo, dopo la restaurazione borbonica, 
            il castello risulta essere sede, rovinosa e bisognevole di continui 
            accomodi e ripristini, di una caserma e relativa prigione. Il 6 giugno 
            1831 il castello di Trani passa per ordine del rè dal Ministero 
            della Guerra e Marina al Ministero degli Interni « per poter 
            istabilirvi il carcere centrale ».
            Sgombrato dell'artiglieria nel 1832, il castello subisce una massiccia 
            ristrutturazione, realizzata nel trentennio 1832-1863, attestata da 
            una nutrita documentazione - sopralluoghi, rilievi, progetti, stime 
            e scandagli - raccolta in cinque cartelle presso l'Archivio di Stato 
            di Bari. La lettura delle cartelle suddette informa dettagliatamente 
            dei lavori svolti: costruzione di nuovi quartini, chiusura di porte, 
            finestre e freccere, nuove aperture praticate a colpi di piccone nell'antica 
            fabbrica, tompagnatura delle antiche scale e realizzazione di nuovi 
            collegamenti, riassetto totale delle coperture e delle pavimentazioni, 
            costruzione delle garitte.
            Lo studio dell'ingente materiale cui si è fatto cenno ha consentito 
            di ricostruire la consistenza e le caratteristiche del castello prima 
            dell'impropria destinazione a carcere, nonché di datare finalmente 
            con certezza elementi dalla controversa attribuzione cronologica, 
            quali:
            - la cappella esistente nel cortile centrale, edificata nel 1842 allo 
            scopo di celebrarvi la messa per i detenuti;
            - il camminamento e relativi pilastri di sostegno esistenti nel cortile 
            centrale, realizzati per permettere l'accesso dall'esterno in diversi 
            ambienti del primo piano, previa chiusura dei preesistenti collegamenti 
            tra le antiche sale e parziale trasformazione delle antiche finestre 
            affacciantesi nel cortile centrale;
            - il camminamento a ridosso della cortina a mare, lato Nord, con i 
            relativi archi e pilastri di sostegno, edificato per consentire alle 
            sentinelle di tenere sotto controllo l'intera fascia perimetrale del 
            castello;
            - il ponte di unione tra mastio e piazza antistante il castello;
            - i collegamenti verticali ed in particolare: la scala visibile nel 
            primo cortile e che conduce al primo e secondo piano del braccio est; 
            - la scala che ha sostituito l'originaria (sottostante alla stessa 
            e rimessa in luce nel corso dei lavori) e che collega il ballatoio 
            pensile del cortile centrale con il secondo piano del braccio sud;
            - i piani intermedi in muratura nelle torri sud-est, nord-ovest, nord-est;
             Gli 
            interventi effettuati dal 1832 per la nuova destinazione del complesso 
            non hanno causato profondi danni, rimaneggiamenti o demolizioni alle 
            strutture preesistenti, alle quali i nuovi elementi strutturali si 
            sono semplicemente addossati. Con la stessa logica, ad integrazione 
            delle strutture esistenti, tra la fine del secolo scorso e l'inizio 
            del 1900, vennero edificati nei cortili laterali intemi e a ridosso 
            delle torri nord-est e sud-est alcuni corpi di fabbrica, demoliti 
            durante i recenti lavori di restauro.
Gli 
            interventi effettuati dal 1832 per la nuova destinazione del complesso 
            non hanno causato profondi danni, rimaneggiamenti o demolizioni alle 
            strutture preesistenti, alle quali i nuovi elementi strutturali si 
            sono semplicemente addossati. Con la stessa logica, ad integrazione 
            delle strutture esistenti, tra la fine del secolo scorso e l'inizio 
            del 1900, vennero edificati nei cortili laterali intemi e a ridosso 
            delle torri nord-est e sud-est alcuni corpi di fabbrica, demoliti 
            durante i recenti lavori di restauro.