Sempre nell'ambito del repertorio delle strutture edilizie generate
dal "linguaggio architettonico" che ha prodotto i trulli, esiste in Puglia
una ulteriore partitura di modelli edilizi, forse poco evidenziata, che ha
caratterizzato in egual maniera i nostri ambiti territoriali.
Infatti il trullo è l'addendo più conosciuto del fenomeno insediativo
rurale, ma non il solo, in quanto dall'osservazione delle superfìci agricole pugliesi si rileva un altro modulo architettonico che concepito in
maniera diversa ha, forse, una genesi anteriore a quella del trullo.
Si tratta dell'entità volumetrica strutturata tramite l'adozione del
rettangolo come supporto geometrico dei ragionamenti costruttivi, sia
nella concezione planimetrica che in quella altimetrica, sia nella conformazione delle coperture che in quella delle partiture interne.
In altri termini una netta contrapposizione alla stereometria dei
trulli, ma non alla loro modalità costruttiva che risulta simile, in
quanto anche questo ulteriore modulo volumetrico che si riscontra
con una enorme variabilità dimensionale, specie nell'assunto longitudinale, ha delle pareti in pietra composte da un duplice paramento murario (esterno ed interno) edificati spesso senza malta, ed un tetto a due
falde, a forte pendenza, rivestito con chiancarelle, "a Pignon", nella
nomenclatura locale, "a làmia", secondo il Fumarola.
Pertanto anche in questo modello si riscontra il criterio della duplice articolazione spaziale della struttura: un involucro interno per la
definizione degli spazi contenuti, un inviluppo esterno per i volumi
contenenti e per la protezione dagli agenti atmosferici.
Costruttivamente la funzione statica è assolta principalmente dalle
murature disposte sui lati longitudinali del rettangolo planimetrico,
mentre quelle realizzate sui lati minori hanno la prerogativa di fungere da "tompagni", specie nei casi in cui questo modulo volumetrico
entra in aggregazione.
La struttura interna della copertura, però, può avere una duplice
modalità di esecuzione. La prima considera l'impiego di grosse travi di
quercia per la costruzione dell'orditura portante (sorta di capriate),
che delimitano l'involucro spaziale interno e sorreggono le chiancarelle; la seconda modalità, invece, consiste nella strutturazione della
volta a botte, con conci di pietra ed a sesto rialzato, la quale definisce la
porzione superiore dello spazio contenuto, mentre l'estradosso è ricoperto di chiancarelle.
Le acque piovane, soventemente, sono convogliate in cisterne che,
in molti dei modelli esaminati, sono ricavate nell'ambito del perimetro
della fabbrica, sotto il pavimento. Quest'ultimo è di lastre di pietra, più o
meno levigate, ed è posizionato ad una quota superiore di 10-15 centimetri nei confronti del terreno circostante.
L'ingresso, che normalmente non esorbita dalla larghezza di un
metro, è ubicato, indifferentemente, sul'asse longitudinale o trasversale del manufatto e, nella maggior parte dei casi riscontrati, è arcuato.
Le finestre sono dosate con parsimonia e acquisiscono la fisionomia
di semplici "bucature".
Alcuni di questi moduli volumetrici hanno un soppalco realizzato
con un tavolato, un assito.
Il confronto tra i due moduli volumetrici, quello a trullo e quello a
pignon, ha evidenziato alcune particolarità. Il trullo, in qualità di entità monocellulare, ha assolto raramente a funzioni abitative, il modello
a pignon, invece, non solo si riscontra sia come fabbrica urbana che rurale
sin dagli impianti più antichi, ma ha adempiuto alle funzioni di
abitazione e di presidio nelle attività agricole e zootecniche. Però si è
anche appurato che le sue superfìci interne, almeno per i primi tempi,
non hanno avuto una scansione dogmatica, ma prevaleva la fruizione
per le attività diurne, la quale era caratterizzata da un grosso focolare,
mentre la zona notte non presentava specifiche prerogative.
Praticamente uno spazio che adempiva a diverse funzioni.
Inoltre la ricerca eseguita sulle costruzioni a trullo ha sancito l'esclusione delle malte nella fase delle loro edificazioni, mentre quella
espletata sulle strutture a pignon ha fatto constatare che in alcuni dei
modelli sono stati adoperati dei leganti.
A similitidine dei trulli, i modelli a pignon si riscontrano ubicati in
tutta la Puglia, anche se conformati con l'impiego di differenti materiali, adibiti ai più disparati usi e diffìcilmente caratterizzati da quella
notevole concentrazione che è peculiare dei manufatti a trullo.
La genesi di questa tipologia di fabbriche nel nostro ambito geografico sembra strettamente collegata a due fenomeni edilizi: quello inerente alle strutture miste, con muri in pietra a secco e tetti in ramaglie
ed il repertorio urbano e rurale delle chiese a cupola in asse.
Iniziamo con l'analizzare il primo fenomeno. Sia nelle pertinenze
agricole di Spinazzola e di Minervino Murge, che in quelle di
Sannicandro Garganico, San Giovanni Rotondo e Mattinata, si notano
delle costruzioni edificate da pastori con forme planimetriche quadrangolari. Tali manufatti sono caratterizzati nella parte inferiore, da
un duplice paramento murario in pietra a secco di altezza variabile tra
1,10 e 1,60-1,80 metri, e nella parte superiore da una specie di tetto a
due falde, composto da ramaglie e paglia, sostenuto da una grossolana
carpenteria lignea che si avvale anche del sostegno di pali infissi nell'ambito della pianta della costruzione, più o meno in corrispondenza
della proiezione della linea di colmo.
Questo modello edilizio ha avuto ulteriori sviluppi quando la carpeteria lignea del tetto è stata realizzata con travi squadrate e l'orditura di
ramaglie e paglia è stata sostituita con lastre di pietra, caratterizzate da
una superficie maggiore di quella delle chiancarelle.
Per quanto riguarda il secondo fenomeno, probabilmente i moduli
volumetrici a pignon, in ragione della genesi costruttiva sono più antichi dei trulli. Tale eventualità scaturisce dalla comparazione con il repertorio delle chiese a cupola in Puglia, nel quale sussistono fabbriche,
databili all'XI e XII secolo, che contengono paramenti spaziali e
concezioni architettoniche simili a quelli delle strutture a pignon.
Poiché in ambito architettonico le osmosi dei bagagli esperienziali
hanno una straordinaria validità, si può supporre una specie di "fenomeno di osmosi" tra il repertorio delle chiese a cupola rurali in Puglia e
la partitura dei manufatti a pignon, in maniera più cospicua di quella
verificata per le strutture a trullo.
Fissate le qualità intrinseche di questa entità spaziale unicellulare,
si può constatare che i nostri avi l'hanno utilizzata con modalità identiche a quella del modulo del trullo in quanto, mantenendo inalterata la
propria identità volumetrica, questa cellula abitativa è stata aggregata
per produrre organismi architettonici composti da due, tré, quattro,
cinque e più elementi.
Però, tramite lo studio delle fabbriche, si è appurato che le soluzioni
compositive ottenute con il modulo a pignon sono più razionali. In tal
senso la lettura del territorio rurale evidenzia una duplice utilizzazione
di questo modello coperto a pignon: in aggregazione con i trulli, o in
combinazione con se stesso.
Le modalità di aggregazione con i trulli, come si riscontra in diverse
masserie, comportano una relativa amalgamazione; infatti,
l'entità spaziale rettangolare ha dei differenti ed autonomi connotati
volumetrici, pertanto concorre a conformare superfici fruibili ma,
architettonicamente, sussiste una netta partizione.
Gli accostamenti ottenuti con l'uso del solo modulo a pignon, invece,
sono stereometriche ed hanno consentito delle elaborazioni evolutive.
Ma la soluzione aggregativa antonomastica è stata ottenuta tramite
l'accostamento consecutivo dei lati longitudinali dei moduli volumetrici. Praticamente è questa la matrice più diffusa, quella che ha consentito l'articolazione architettonica di stupende fabbriche. Le elaborazioni evolutive del modulo volumetrico rettangolare con
copertura a pignon convergono soprattutto alla continua revisione
delle sue capacità fruitive. E' proprio questa la qualità che lo diversifica dal modulo a trullo che, in un certo senso, possiamo definire statico
nelle sue infinite applicazioni.
Il modulo volumetrico a pignon divenne dinamico sin dall'acquisizione del soppalco, destinato inizialmente per il deposito dei prodotti
agricoli e per l'immagazzinamento del foraggio.
Questa integrazione dello spazio, nel contesto del volume, indusse
alla costruzione di finestre e di una scala in pietra, ubicata in genere,
nello spessore della muratura e, consecutivamente, ad una revisione
della possibilità di utilizzazione; infatti la fruizione abitativa viene trasferita alla quota superiore. Verificata la possibilità di poter incrementare le superfici abitabili sovrapponendole, il modulo a pignon acquisisce una diversa fisionomia sviluppandosi verticalmente.
Tale elaborazione provocò il mutamento delle antiche modalità
d'impiego, instaurandone delle nuove: piano terra destinato al ricovero
degli animali e degli attrezzi agricoli, primo piano per abitazione, sottotetto per la conservazione delle derrate alimentari.
Ma il modello architettonico puntualizzato come manufatto finale
della evoluzione esperienziale, non divenne l'unico da adoperare, bensì
era uno degli addendi che gli artefici avevano a disposizione nelle possibilità combinatorie, ma non l'unico.
E' questo un ulteriore dato importante della identità architettonica
della Puglia, in quanto il bagaglio esperienziale dei costruttori considerava tutta la gamma storica della propria tradizione architettonica e
quindi, nell'atto redazionale, sancivano con oculatezza quali dei moduli
a pignon aderissero alle necessità dei richiedenti.
Si sono avute in tal modo delle fabbriche assemblate con straordinaria fantasia in quanto espressione della quantificazione di specifiche esigenze abitative e lavorative. Praticamente in questi ambiti
territoriali e specie in quello della Valle d'Itria si è verificata una
logica correlazione tra forma e funzione.
Per tali ragioni bisogna adoperare una differente modalità di lettura
all'interno del repertorio, in quanto ogni struttura che lo compone
esprime un fenomeno aggregativo che è da classificare sia in base all'episodio seriale, sia in virtù della diversità della specie dei moduli
adoperati. Infatti, specie in quest'ultimo caso, constatiamo una razionalizzazione del linguaggio architettonico conformato con moduli rettangolari coperti a pignon, in quanto si tratta dell'estrinsecazione delle
più appropriate capacità esperienziali.
Ad ogni modo dallo studio del territorio pugliese e dai dati storici si
desume che, tramite una sperimentata cultura architettonica, gli artigiani della nostra regione hanno perpetuato, per un periodo plurisecolare, la validità di un razionale manufatto unicellulare che consecutivamente hanno sviluppato ed adeguato alle loro necessità, e codesto
manufatto, con buona probabilità, precede la genesi locale del trullo.
In tal senso l'esperienza combinatoria del modulo a trullo avrebbe
avuto degli antefatti a cui ispirarsi, anche se, ed ovviamene, permangono immutate le specifiche difficoltà, che in parte furono risolte,
quando si trattò di instaurare le aggregazioni tra trulli, ossia tra forme
cilindriche, ellissoidali, tronco-coniche, tronco-piramidali, sormontate
da coni.