IL PROBLEMA FERROVIARIO ATTRAVERSO I PIANI VECCIA, PETRUCCI E PIACENTINI-CALZABINI


Nel 1906 a Bari convergevano quattro tronchi ferroviari; quello della rete adriatica, che era l’arteria principale della vita economica del capoluogo, il tronco Bari-Taranto, che collegava. Bari con la Calabria, Bari-Altamura-Minervino, per traffici in direzione della Basilicata ed il tronco Bari-Locorotondo fino al 1915 sia il numero delle merci, che il numero dei passeggeri era cresciuto notevolmente; infatti da 10.000 viaggiatori in partenza da Bari del 1906, nel 1915 si sorpassavano gli 85.000 arrivavano e partivano 30 treni viaggiatori, 5 treni merci, senza contare i facoltativi che spesso superavano la quindicina. Questi numeri erano destinati a salire nei periodi della raccolta dei principali prodotti pugliesi.

In questi anni più che mai si sentì il bisogno di risolvere il problema del nodo ferroviario ormai l’antica stazione non era più sufficiente agli accresciuti bisogni della città. Si tentò di dare delle soluzioni momentanee come l’ampliamento del piazzale e la creazione di una zona di smistamento, che fecero in modo che si dovette riaffrontare il problema negli anni '30.

In quell'epoca la città era praticamente priva di un piano regolatore, dato che l'ultimo P.R.G. approvato, quello dell'Ing. Veccia risaliva al 1926, non affrontava in maniera particolareggiata la questione ferroviaria, tralasciando le considerevoli mutazioni urbanistiche derivate da questa problematica.

Nel 1934 l'Ing. Petrucci preparò un nuovo piano regolatore per Bari, sottolineando come lo spostamento della stazione sarebbe stato occasione per ricostituire un certo ordine urbanistico nella città. L'ipotesi avanzata dal Petrucci, anche se aveva colto in pieno il problema, non fu così geniale poiché proponeva lo spostamento della sede ferroviaria ancora più a sud, definendo una sorta di ricucitura dei binari mediante un anello che lambisse i confini della città di quegli anni. Come già detto in precedenza, tale soluzione era vista come un momentaneo rinvio della questione di qualche anno data la continua estensione del centro abitato in quella direzione.

Le Ferrovie dello Stato, inoltre, istigate anche da quella parte dei commercianti che non erano intenzionati a perdere i privilegi delle aree centrali, si opposero vivamente facendo in modo che il piano Petrucci non fosse approvato. La bocciatura del piano Petrucci ripropose con forza, nel 1947 sotto l'amministrazione Di Cagno, l'esigenza di ridisegnare la città. Si attuò, quindi, l'idea di affidare questo compito agli Ingg. Piacentini e Calzabini , professionisti molto conosciuti ed in qualche modo legati al passato regime fascista. Il loro P.R.G. aveva volutamente ignorato la proposta del Petrucci decretando l'inamovibilità della ferrovia e prevedendo soluzioni alternative che non furono mai realizzate. In sostanza il piano Piacentini-Calzabini in relazione alla ferrovia attestava:



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