1867, NODO FERROVIARIO E SVILUPPO URBANO: L'ING.TROTTI
A causa della poca importanza che fino a quegli anni
era stata data allo sviluppo urbano della città e persa l'antica pianta del
Borgo, si assisteva ad una crescita non regolamentata del centro abitato che si
estendeva a guisa di ventaglio.
In particolare il sito prescelto per la costruzione
della nuova stazione ferroviaria, già raggiunta in quegli anni dalla
costruzione di primi edifici, polarizzò a se un gran numero di opifici e
stabilimenti, che s'installarono lungo la via di circonvallazione tangenziale
alla linea ferroviaria. Si sentì così l'urgente esigenza di regolamentare in
qualche modo lo sviluppo della città e l'amministrazione affidò all'Ing. Trotti
il compito di eseguire una pianta di ampliamento esposto nei concetti
dall'Assessore Alessio Petroni nella tornata 5/2/1867.
Fu proprio l'Ing. Trotti, appena due anni dopo la
costruzione della stazione,
a criticare la posizione, poiché non era possibile
permettere un’ulteriore estensione della città verso mezzogiorno; infatti, la
linea ferroviaria aveva limitato da quel lato l'espansione della città la quale
doveva quindi formarsi tra la ferrovia ed il vecchio rione verso i lati est ed
ovest.
Il consiglio approvò unanime il progetto; esso però
non aveva tutti i pregi che in quel momento si credeva di vedere: infatti, sin
dal 1875 (a soli dieci anni dalla costruzione della stazione) un gruppo di
commercianti aveva esposto reclami a causa dei limiti provocati dal passaggio a
livello di via Cavour alla viabilità ed ai traffici cittadini.
Divenne subito chiaro che proprio l'ubicazione a sud
della sede ferroviaria era stata un grave errore, giacché la lontananza dal
porto, aggravata dalla mancanza di vie dirette di collegamento, non solo era
fonte di gravi disagi ma anche di un notevole aggravio economico. A
testimonianza di quanto detto riportiamo le osservazioni del consigliere
comunale Giuseppe Capaldi:
"Vi è una cosa in cui dovremmo essere tutti
d'accordo, ed è che fu un errore l'impianto della stazione dove realmente si
trova, poiché una città commerciale deve avere la stazione sul porto. Questo
fatale errore ha posto il commercio barese in una condizione di inferiorità
rispetto alle altre piazze per le enormi spese alle quali va incontro. La
semplice lettura delle tariffe per le merci dovute alla carovana dei facchini
doganali, per la quale un quintale di farina dal porto nel recinto della città
per carico, scarico e trasporto costa cent.30, e fino all'estramurale cent.35 lascia
un senso di sconforto. Se ai diritti dei facchini doganali e di commercio si
aggiunge per talune merci quello che si paga per diritti di transito, si ha che
un quintale di merce costa meno per trasporto da Venezia a Bari che dal porto
alla stazione, e viceversa. Quale danno ciò procuri al commercio non vi può essere che nol vegga, oggi, che per la
generale concorrenza si lotta per il centesimo... "( "L ' uovo di Colombo"; a. I°, n.8, 26/6/1898).
Nonostante questo stato di emergenza la politica del
Capruzzi suscitò perplessità e timori nell'opinione pubblica. Costretto ad
abbandonare la direttrice occidentale di espansione e dovendo constatare che lo
sviluppo verso Levante non era il più consono a causa dell'eccessiva umidità
dell’aria provocata dalla vicinanza del mare, tendeva ad optare per
l'espansione della città verso mezzogiorno, limitandosi a superare l'ostacolo
della ferrovia con la sola creazione di un cavalcavia. Nel 1889 fu stipulato
con l'amministrazione ferroviaria una convenzione per la costruzione di una
passerella pedonale in via Cavour e lo spostamento del passaggio a livello
nella parallela via De Giosa. Sia l'Associazione Commerciale, sia un gruppo di
proprietari frontisti di via Cavour ritennero tale decisione lesiva agli
interessi della popolazione, e presentarono ricorso alla giunta comunale che
accolse tale ricorso decretando l'annullamento della convenzione.