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storico e la sua storia
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PITTAGIO CASTEL VETERIS
Il Pittagio Castelli Veteris, delimitato dalle attuali Corso Garibaldi, Via Seminario, Via Tripoli Italiana, Via Lata, Via Matteotti, Piazza Salandra, Via De Michele, Via Fratelli Gaballone, Via Sorelle Marinaci, Via Settembrini, forisce l'immagine di quella parte della città riservata a sede dei pubblici servizi con gli spazi destinati a sagrato e ad area cimiteriale nel perimetro delle chiese, con l'organizzazione dei servizi commerciali nella platea puplica, con la presenza di tre hospitali intitolati a S. Salvatore, S. Antonio della Pietà, e a S. Nicola. Queste istituzioni caritative furono generalmente luoghi di asilo, come sembra, per pellegrini, forestieri in genere (specie di xenodochia), nonche' per bisognosi. L'Hospitale di S. Antonio della Pietà fu trasformato in Seminario da mons. Brancaccio nel 1674, mentre la sua sede fu trasferita in un abitazione, donata dal fisico Mega, nei pressi delle carceri, allora ubicate ove attualmente sorge il Conservatorio voluto dal Sanfelice, del quale è visibile tutt'ora lo stemma alla prima rampa dello scalone. Uno strumento notarile del 1403, rogato dal notaio Joannes de Rocicio su istanza del notaio Guido Ioleo di Nardò, procuratore della Abbadessa di S. Chiara, attesta il possesso dell' hospitale da parte dello stesso Ente . Inoltre, nel documento viene addotta come prova il testo di una epigrafe scolpita sopra l'arco dell'ingresso principale dell' hospitale. Si viene così a sapere che la costruzione fù voluta da un Matteo Cantore nella prima metà del secolo XIV. La fondazione dell'ospitale di S. Salvatore, secondo la Cronaca dell'abate Stefano di S. Maria dell'Alto, risalirebbe al 1107, e sarebbe stata voluta da un Ruggero diLongavilla . La prima menzione sicura e storicamente fondata la si trova pero' nel documento del fondo archivistico di S. Chiara datato 12 maggio 1363. Disposte normalmente al piano terra, le apothecae e i cellaria costituivano nel loro insieme la struttura commerciale della città. Accantò a queste domus negutiantum le altre tipologie edilizie che completano l'aspetto urbano del quartiere sono rappresentate dagli hospicia e da un'edilizia intensiva minore, a ridosso, in particolar modo, della Chiesa Abbaziale. Quest'ultimo tipo di edilizia si sviluppava in verticale oppure al piano terra con le domus terranee; vi erano poi le domus cum camera et curti et strictula oppure le domus cum curticella communi. I servizi erano, ovviamente, ridotti al minimo, quando perfino l'approvvigionamento idrico era garantito solo da un pozzo o da una cisterna. Dalla documentazione del secolo XV, il Pittagio Castelli Veteris risulta essere suddiviso in quattro vicinia: di S. Nicola, S. Nicola degli Alamanni, S. Domenica e Matris Ecclesiae Neritoni. Per il sec. XIV si trova menzione di un solo vicinio, quello di S. Francesco . Che tale agglomerato con la relativa titolazione sia sopravvissuto nel sec. XV, pur non facendone menzione i documenti, risulta dall'onomastica dei vicinia del sec. XVI: vicinio di S. Francesco, quello di S. Domenica, S. Nicola degli Alamanni, S. Nicola, S. Strato, S. Zaccaria, e quello di S. Salvatore. Questo quartiere conserva la funzione di centro direzionale della intera città, anche quando, nella seconda metà del 1400, la dimora dei duchi Acquaviva costituirà il nuovo castrum civitatis nell'area del Pictagio Santi Angeli. La diversa ubicazione (direzione sud-sud-est) rispetto al castello di epoca federiciana avrà potuto rispondere a mutate esigenze di carattere strategico, di moduli architettonici in linea con i nuovi orientamenti in materia di edilzia militare, conseguenti all'impiego della polvere da sparo. Accanto alla residenza abbaziale, divenuta "Palacium episcopale" nel primo ventennio del sec.XV, e alla "platea puplica" , il tessuto edilizio e sociale di questo quartiere risulta articolato in spazi destinati ad uso pubblico per le attività commerciali, e in spazi destinati alla edilizia privata. Un atto di vendita del 22 luglio 1489 viene stilato, alla presenza di Antonio de Epifani iudex annalis della città, e di Guglielmo Gaballone notaio,"ante theatrum ipsìus civitatis" "stante in platea puplica Neritoni". Nella, piazza pubblica, oltre al theatrum, ossia il luogo dove si svolgevano i pubblici affari, avevano sede le apothecae e i cellaria, magazzena, "apothecae deputae pro spezarie". In questo quartiere, nel chiostro del palazzo vescovile, si riuniva anche la curia come si ricava da un documento del 16 marzo 1423, riguardante una sentenza pronunciata dall'abate Bartolomeo Sabbatino, vicario generale di Nardò, per incarico del reggente di Terra d'Otranto Berardo Paladini. E' detto infatti: "intus in claustro, episcopalis pa'latii dicte Maioris Ecclesie Neritonensis ubi curia regi solet pro tribunali sedentes… ". Per quel che si riferisce all'edilizia maggiore nel sec. XIV, nel pittagio si registra la presenza di tre hospicia, di proprietà, rispettivamente, del giudice Francesco di Serrano e di Monti Sambiasi, e di Nicola de Iohanna, cosi come risulta da un atto di esecuzione testamentaria dei beni del medesimo Francesco di Serrano redatto il 9 giugno 1376 . La povertà della documentazione impedisce di ricostruire la densità edilizia del pittagio, e, quindi, la sua composizione sociale. Differente si presenta la situazione per il sec. XV. Infatti si possono censire undici domus e due hospicia, di proprietà, questi ultimi, di Filippo Sambiasi e di Filippo Teotino, come rispettivamente informano il testamento dello stesso Sambiasi redatto il 15 febbraio 1428 , ed un atto di vendita fatto dal Monastero di S. Chiara a Francesco Spinello il 18 gennaio 1434. Quattro apothecae, due cellaria, due curtes, un locum vacuum, quattro chiese (S. Francesco, Spirito Santo, S. Stefano Martilogio, Chiesa Cattedrale) completano la fisionomia offerta dalla documentazione. Le più consistenti proporzioni riscontrabili nel secolo XVI rispondono alla forte ripresa edilizia di questo periodo, conseguenza diretta del mutato clima politico fra le potenze che si affacciavano sul Mediterraneo. Il quartiere, quindi, risulta popolato da sessanta domus, di cui alcune fornite di forno, di portale, di giardino, di corte. Contiguo alla chiesa Cattedrale, nei pressi del giardino vescovile, si trovava un "trappetum" di proprietà di Scipione Corigliano ; nei pressi dell'episcopio vi era anche un casile, vale a dire un "portico", "costruzione coperta da adibire a legnaia, o pagliaio", oppure, ancora, "suolo edificabile, di proprietà di Marco Antonio Sambiasi. La Visita Pastorale di mons. Bovio del 1578 informa ancora della ricostruzione del Monastero dei Carmelitani, e dell'esistenza di tredici chiese (S. Paolo, S. Salvatore, S. Giovanni Calavita, S. Perpetua, S. Zaccaria, S. Angelo, S. Maria dell'Annunziata, S. Nicola dell'Ospedale, S. Margherita, S. Sofia, S. Lorenzo, S. Nicola Stamirra, S. Cataldo), di nove apothecae, di cui una con casa sopraelevata di proprietà del barbiere Vincenzo de Florio, due cellaria e un giardino. |
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