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Centro storico e la sua storia
 
 1
L'ordito urbano
 
(sec. XI - XVI)
1.1
Pittagio Castel Veteris
1.2
Pittagio S. Angelo
1.3
Pittagio S. Paolo
1.4
Pittagio S. Salvatore
 2.
Appendice
 3.
Bibliografia
 
   
 

L’ORDITO URBANO DI NARDO’

  

Delineare i momenti di crescita della città per il periodo altomedioevale, allo stato delle cose, risulta assolutamente impossibile, sia per la mancanza di fonti scritte, sia per le profonde alterazioni e sovrapposizioni operatesi nel corso dei secoli successivi. L'immagine della città bizantina fu destinata a scomparire del tutto per una perifericità geografica e politica che fini col privarla di quegli interventi pubblici capaci di caratterizzarne la fisionomia con opere di rilevante interesse. La semplicità dei sistemi costruttivi nonchè la povertà dei materiali usati costituirono in partenza le cause del rapido declino .

Il secolo XI, con l'avanzata normanna nell'estremo meridione d'Italia, e' pensabile abbia segnato per Nardò, come per larga parte del paese, l'inizio di un cambiamento, le cui tracce d'avvio sarebbero da individuarsi anche nell'insediamento dei Benedettini nell'Abbazia di S. Maria de Nerito. In mancanza dell'indispensabile documentazione che consenta di ricostruire, sia pur parzialmente, l'immagine della città d'epoca normanna, si può solo arguire l'accentuarsi dei caratteri di fortifica­zione data l'evoluzione della situazione storica e politica dell'Europa settentrionale e dei paesi mediterranei. In epoca successiva, vale a dire al tempo della monarchia sveva, il castrum potrebbe esser sorto sull'area attualmente occupata dal palazzo padr6nale della famiglia Del Prete. L'impianto di fortezza apparirebbe quasi inalterato, conservando la parte abitativa il proprio sviluppo sui quattro lati delimitanti la corte interna, così come si può vedere meglio in aereofotogrammetria. Inoltre, uno dei quattro quartieri (o Pittagi) in cui si suddivideva il territorio urbano prendeva il nome di Pittacium Castelli Veteris. La documentazione d'archivio proveniente dal fondo del Convento di S. Chiara e da quello della Curia Vescovile, e risalente ai secoli XIV e XV, ci dice insistere in tale quartiere l'Abbazia benedettina e l'annessa Chiesa Abbaziale, oltre all'Ecclesia Sancti Francisci accorpata al Convento servito dal rispettivo Ordine. Ulteriore conforto a posteriori all'ipotesi avanzata sulla primitiva ubicazione del castrum viene dalla cartografia, anche se tarda, del Blaeu-Mortier, che indica la Porta Castelli tra Settentrione e Occidente, nelle immediate vicinanze del Convento dei Frati Francescani. Gli Annales Minorum riportano sotto l'anno 1271 la cessione alla comunità dei Minori Conventuali del castello svevo da parte di Filippo di Tuzziaco . Le esigenze di ordine strategico che avrebbero potuto indurre gli Svevi a ubicare il castrum nell'area già indicata sono (la individuare nella necessità di difendere la città dal lato nord nord-ovest più esposta ai possibili attacchi provenienti da quella direzione, nonche' da eventuali sbarchi a sorpresa sulla costa jonica dove Taranto ha sempre costituito una delle porte di accesso più importanti.

Se giustificate erano queste preoccupazioni per lo stato svevo, maggiormente lo erano per i Normanni, i quali, nei primi anni della loro penetrazione nelle regioni meridionali, dovettero far fronte ad una situazione di continua conflittualità col mondo bizantino, che favoriva i dissidi all'interno di una organizzazione politica ancora molto precaria.

Gli avvenimenti del 1129, che videro la Puglia in rivolta dalla Terra d'Otranto sino al Gargano, sembrano legittimare l'ipotesi sulla localizzazione del Castello a protezione degli attacchi provenienti da nord e da ovest. Romualdo Salernitano comprende Nardo' tra le piazzeforti strappate dalle truppe ducali, guidate da Ruggero 11, a Tancredi.

Le vicende storiche dell'età normanna non forniscono ulteriori elementi utili alla ricostruzione del tessuto urbano, al di fuori di queste significative espressioni del castrum e dell'organizzazione abbaziale benedettina, polo di sviluppo della città, e primitivo nucleo di aggregazione del Pittagio Castelli Veteris.

Un'economia fortemente agricola, nonostante la naturale vocazione di tutta la regione agli scambi commerciali con il vicino medio-oriente, nonche' con le coste dell'Africa settentrionale, spiega certi complessi urbani, certi moduli e tipologie. Lo sviluppo di tali nuclei e forme intorno all'architettura emergente si giustifica in ragione di un sistema sociale per ordini, nettamente contrapposto alla struttura dei centri urbani dell’Italia centro-settentrionale, caratterizzati, al contrario, da un economia più spiccatamente imprenditoriale, e, quindi, da una rilevante presenza artigiana che incise notevolmente nell'uso degli spazi, sfruttati più in senso pubblico, che non privato, in funzione di un'economia presupponente organizzazioni corporative. Le autonomie politiche che scandirono il processo di sviluppo nell'Italia centro-settentrionale, spiegano un tipo di organizzazione urbana rispondente di più ad una programmazione edilizia, di contro alle esigenze e alle spinte individualistiche proprie di un'economia, e, quindi, di un ordinamento sociale signorile . Agli inizi del secolo XIII anche Nardo' entra a far parte del Regno di Federico Il, la cui autorità imperiale nella città fu rappresentata dalla famiglia Gentile. Il primo esponente di; questa famiglia, che resse la città di Nardo' in nome di Federico II, sembra sia stato Simone, cui successe Bernardo, definito in un discusso documento del 1217 «comes Neretinus capitaneus et magister iustitie Apulie». Alla sua morte il governo della città passo' al fratello Tommaso. E’ in questo periodo che le mura furono restaurate per volontà di Manfredi; allorche' nel 1256 domò la rivolta esplosa in alcune città del Salento, fra cui Brindisi, Mesagne, Lecce e Oria . Alla morte di Tommaso successe il fratello Simone con il quale si esaurisce il periodo della dominazione sveva. Con la dominazione angioma, intorno al 1273, la Città fu data da Carlo d'Angio' a Filippo di Tuzziaco . Sino all'avvento della famiglia Acquaviva, investita dell’autorità ducale al tempo della dominazione aragonese, al governo della città successero la famiglia Cotignì , lo stesso figlio di Carlo II d'Angiò, Filippo principe di Taranto, Roberto, figlio di quest'ultimo e il fratello di questi Filippo successivamente si alternarono la famiglia Del Balzo, che con Angilberto nel 1485 prese parte alla «congiura dei baroni»;e i Sanseverino. Per quel che si riferisce più direttamente all'aspetto demografico ed edilizio della città sveva non si può aggiungere molto, essendo assolutamente scarsa (se non inesistente) la documentazione.

La dimensione della città incomincia a delinearsi a partire dalla seconda metà del secolo XIV, quando cioè le fonti consentono di ricostruire la suddivisione in quattro quartieri, delimitati nella loro area dai tracciati del decumanus malor (le attuali vie: Corso Garibaldi - Piazza Salandra - Via Sambiasi - Via Zuccaro) e del Cardo (Corso Vittorio Emanuele - Via Matteotti - Via Don Minzoni).

I quartieri, detti Pittagi, si definiscono come aree urbanisticamente organizzate intorno all'espressione di maggior rilievo - chiese o castrum - da cui derivavano la denominazione. Oltre al già menzionato Pittagio Castelli Veteris, vi erano, quindi, il Pittagio S. Angelo, il Pittagio S. Paolo, il Pittagio S. Salvatore. Questi si suddividevano ulteriormente in vicinio e ramo. Le tipologie edilizie presenti sono:

la domus terranea, la domus semipalaciata,  la domus palaciata cum intercolumnio la domus cum curte, la domus cum furno, l'hospicium (= palacium). Gli hopicia erano espressione del potere economico detenuto da famiglie come quelle degli Arcudi, Granafei, De Santo Blasio, Hugot, Teotino, De Nestore, De Pantaleonibus, Corigliano, Massa, Marzano, De Amicis, De Nuccio, Pampiliani, De Ventura, Nociglia', Pecoraro, Dell'Abate, Chiodo, Boncore, Manien, Cafari, De Falconibus, Pugliese, De Personibus. Ancora oggi, inoltrandosi per le strette vie che hanno mantenuto inalterato l'impianto medioevale ci si imbatte nelle tipologie descritte. In Via Lata, ai numeri 40, 42 e 44, risponde un esempio di hospicium con elegante portale angioino - durazzesco e corte. Analoghi esempi si possono osservare: in via Angelo delle Masse nel Palazzo Dell'Abate ristrutturato, evidentemente in epoca barocca, in via Nicola Ingusci, in via Don Minzoni, iii via Carmeliti, in via Osanna, in via Cairoli, in via S. Angelo, Piazzetta Elia. Nel Catasto Onciario della Citta di Nardo' del secolo XVIII lo spéssore economico emerge ancora più definito con i Palazzi delle famiglie Coriolano, in «loco S. Gregorio Papa», Manieri «in loco detto lo Seminario), Coluccia «in loco detto di Coluccia», dell'Abate «in loco detto delle Masse», Sambiasi «in loco detto Via Lata» .Ad alcune di queste famiglie, che in epoca medievale avevano costituito la direzione politica della città, si affiancavano i De Pandi, i Delfini, i Biscozzi, i Tafuri, i Giulio, gli Zuccaro, gli Arachi, i Pagano, i Pignatelli, ecc. Esempi di domus terranea, di domus cum curte., di domus cum curte, puteo et pila si possono notare in via Campanile, in via Rosario, in via Tafurelle, in via Sanfelice, in via lazzi, in via Fratelli Bandiera, in via Santa Lucia, in via Fuor di Mano, in Piazza S. Pietro, in via Santa Maria Cantone ecc. Le tipologie descritte si articolano, come sarà detto in seguito, anche nei moduli della corte unifamiliare e della corte plurifamiliare.

Tra gli elementi architettonici che contribuiscono ad arricchire l'edilizia è da sottolineare il «mignano», o loggia che sovrasta l'ingresso alla corte. «Dal latino 'maenianum' prende non le da Gaio Menio, censore nel 318 a.C., il quale per primo avrebbe fatto sporgere travi sopra le 'tabernae veteres' del Foro, per creare palchi sospesi o logge, in occasione di spettacoli... E appena il caso di osservare che la presenza del "mignano" nei centri più importanti può essere giustificata anche dal fatto che la vita in questi centri doveva offrire uno stimolo ad uscire, anche se in rare occasioni, dalla riservatezza della vita della "corte"». Menzione se ne trova nel Libro delle Fabbriche fatte dal Monistero di S. Chiara di Nardò  principiate a 14 aprile 1713, dove si legge “A 30 luglio 1716. Fu comprata la Casa con sala, Palazzo tondato, Camera, due Camerini a tetto superiori, Camera inferiore lamiata col suo Palazzo, Cocina, Orto con Palazzo, e meta' del  Cortiglio chiuso col Megnano intiero sopra del Portone, et altri membri ... per ducati cinquecento …”

 

 

 
 
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