TORRE PINTA
Anni
or sono a Torre Pinta fu scoperto un ipogeo, ma nessuno è riuscito a spiegare
come e quando questa città dei morti sia stata scavata nel tufo. Il Salento
è ricco di memorie scavate nel tufo. Dalla dimora sospesa dove l'uomo
primitivo si rifugiava alla notte, dopo aver ritirato la scala d'accesso,
alla chiesa rupestre, prodigiosamente ricavata da un solo volume con tutte
le colonne, le balaustre e gli altari, alle tombe isolate fino alle intere
necropoli, questo mondo sotterraneo è stato studiato in modo sufficiente
per inquadrarne epoca e origine. Ma dell'ipogeo che si apre a Torre Pinta,
a sud di Otranto, non si è ancora riusciti a ricostruire una storia veramente
attendibile. L'ipogeo della Valle delle Memorie, posto alla periferia
meridionale di Otranto, fu scoperto nel 1976 dall'architetto milanese
Antonio Susini sotto una torre, detta la Torre Pinta (il nome viene dal
boccale, non dai colori), che ancora oggi rappresenta l'unico riferimento
per chi ricerca questi meravigliosi resti nella campagna. La torre è di
costruzione relativamente recente: risale al secolo XVIII e nasconde,
nelle fondamenta, cinque file di cellette. Nel disegno qui accanto sembra
che esse appartengono allo stesso contesto dell'ipogeo, così fittamente
crivellato da altre nicchie, la cui più probabile destinazione sarebbe
stata di conservare le urne cinerarie dei defunti. Invece, unica cosa
certa tra i mille interrogativi di questo sotterraneo, le cellette ospitavano
piccioni, allevati dai proprietari della vicina masseria. La posizione
strategica della torre suggerirebbe l'ipotesi che si trattasse di piccioni
viaggiatori, al servizio del comando militare borbonico di presidio in
terra d'Otranto, "Avessimo trovato un vaso, una moneta, un'incisione",
diceva Antonio Susini, l'architetto che scoprì l'ipogeo nell'agosto del
1976. "Invece nulla. Un fatto incredibile, tanto più se si pensa che le
centinaia di nicchie scavate in ordini sovrapposti lungo tutte le pareti
e nella volta debbono aver custodito altrettante urne cinerarie". Nella
totale assenza di reperti, non resta che confrontare le caratteristiche
di Torre Pinta con quelle di altri ipogei più o meno simili. Secondo alcuni
studiosi potrebbe trattarsi di un ambiente pre-cristiano adibito a culto
funerario, trasformato poi in luogo liturgico dalle primitive comunità
cristiane, forse in età costantiniana. Una curiosità è costituita dal
fatto che le nicchie originarie arrivano fino alla volta. Poi se ne aprono
altre, recentissime: ma queste erano destinate ai piccioni viaggiatori
alloggiati nella torre. Un indizio sui possibili costruttori potrebbe
celarsi nell'alto gradino che corre lungo tutte le pareti dell'ipogeo:
un elemento estraneo alla tradizione cristiana ma ricorrente nelle tombe
dei Messapi, dove il defunto era seduto e non adagiato. I Messapi , un
altro mistero. Un popolo che arrivò nel Salento mille anni prima di Cristo,
non si sa da dove, che ha lasciato tracce di una civiltà superiore e di
una lingua tuttora indecifrabile: nella magica luce che filtra dalla volta
sfondata, tra le foglie di un fico gigantesco al centro dell'ipogeo, adesso
sembra di vedere i nobili Messapi seduti uno accanto all'altro nella grande
nave in viaggio per l'Aldilà.
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