SALENTO: i luoghi e la storia
       

Storia di Alezio

Scheda di Alezio

Storia del Salento

STORIA DEL SALENTO: Era preistorica

Reperti rinvenuti nella Grotta delle Veneri

Cunicolo di ingresso alla Grotta delle Veneri

ERA PREISTORICA

TESTIMONIANZE PREISTORICHE

CIVILTA' MICENEA

CIVILTA' MESSAPICA

TORRE PINTA

MAGNA GRECIA

VILLAGGI RUPESTRI

GROTTE DI DIO

IL MITO DI EGNAZIA

MUSEO DI TARANTO

ERA PREISTORICA

Negli ultimi anni si è sempre più consolidata la convinzione dell'importanza che riveste il territorio di Parabita, in provincia di Lecce, per essere stato sede di stanziamenti umani in epoche preistoriche. Ce ne dà conferma una serie di significativi ritrovamenti ed evidenti testimonianze che accertano la presenza dell'uomo nella zona sin dal Paleolitico medio, con una frequentazione quasi senza soluzione di continuità. La coscienza dell'importanza che riveste questa zona nel contesto preistorico salentino si è andata delineando e precisando nelle sue giuste dimensioni solo nell'ultimo ventennio, cioè in seguito alla scoperta e allo studio della "Grotta delle Veneri". I successivi rinvenimenti degli ultimi anni ad opera dei ricercatori dell'Archeoclub locale hanno contribuito a chiarire l'entità e l'importanza della frequentazione umana in epoca protostorica (età del Bronzo ed età del Ferro). Sicuramente maggior importanza in tutto il territorio è da riferire alla grotta denominata delle "Veneri", denominazione originatale dal rinvenimento al suo interno di due statuine in osso levigato raffiguranti sembianze femminili: più precisamente la donna-madre nell'ultimo stadio di gravidanza. Si tratta di una particolare e tipica espressione artistica del Paleolitico Superiore, estremamente rara ed importante, che si collega ai pochissimi esempi del genere ritrovati in Italia e a quelli orientali (in Russia). Comunque, la fase più antica della presenza dell'uomo nella Grotta è da far risalire al Paleolitico Medio. Si sono infatti ritrovate tracce di uno stanziamento umano nel primo ambiente della grotta, oggi in parte crollato, da attribuire al musteriano. La Grotta delle Veneri è un antichissimo letto di un fiume sotterraneo che ha scavato ampi cunicoli nel calcare e può essere distinta descrittivamente in due parti, una più esterna e l'altra interna, in cui le serie stratigrafiche sono diverse e in un certo senso complementari tra loro. Purtroppo la storia che si può ricavare da questa Grotta è in parte lacunosa, con interruzioni dovute alla mancanza di resti in sequenza continua, causata sia dall'abbandono della Grotta da parte dell'uomo per alcuni periodi, sia dall'azione delle acque che di quando in quando sono penetrate nella cavità, sempre per fenomeni di carsismo, ed hanno asportato i sedimenti e la documentazione che essi custodivano. Sempre nella grotta esterna, oltre alle già menzionate tracce d'epoca musteriana, sono stati recuperati reperti attribuiti alla cultura "Uluziana", tipica di un'epoca di transizione tra il Musteriano e il Paleolitico Superiore, circa 31.000 anni fa. Per quanto riguarda il Paleolitico Superiore, invece, sono stati fatti importanti rinvenimenti nella seconda parte, più interna, della grotta. Questo secondo ambiente vide la presenza dell'Homo Sapiens del tipo di "Cro-Magnon" a cui sono riferite due sepolture ritrovate nel corso della campagna di scavi effettuata a cura degli archeologi dell'istituto di Antropologia dell'Università di Pisa. Si tratta di una sepoltura bisoma in una fossa a contorno ellissoidale scavata nei depositi appartenenti al Gravettiano a dorsi troncati, era inoltre riempita e ricoperta dai livelli dello stesso orizzonte e ad esso riferibile (circa 18.000 anni fa). Purtroppo gli uomini che in epoca successiva, durante il Neolitico, frequentarono la stessa Grotta per scopi rituali, scavarono alcune profonde buche nel terreno, una delle quali intaccò questa sepoltura asportandone tutta la parte superiore, i crani e le braccia e forse una parte del corredo dei due inumati. Questi erano stati deposti distesi, l'uno leggermente al di sotto e alla sinistra dell'altro e in una posizione particolare per cui una gamba dei due andava ad incrociare anche quelle dell'altro individuo. Si trattava probabilmente di un uomo e di una donna morti ad un'età stimabile tra i 30-35 anni. Del loro corredo funerario fu ritrovato ben poco: un ciottolo tinto con ocra, una scheggia di selce e ventinove canini di cervo forati. Probabilmente alla stessa cultura cui appartenevano i due Cro-Magnon ritrovati e da attribuire la realizzazione delle due "Veneri", la più grande di 9 centimetri, l'altra di circa 6 centimetri. Esse furono ritrovate, per la verità, nello strato più superficiale della grotta, perciò in giacitura secondaria, forse in seguito ai numerosi scavi clandestini che hanno sconvolto la stratigrafia in alcuni punti. Nei livelli epiromanelliani della grotta esterna sono poi stati ritrovati oltre 400 tra pietre e frammenti di osso decorati con incisioni geometriche. Si pensa che in origine tutti questi reperti dovevano essere colorati con ocra rossa dal momento che alcuni di essi ancora oggi ne conservano traccia: questo probabilmente con l'intento di far risaltare il bianco della pietra incisa rispetto al rosso della superficie dipinta. Infine sia le pietre che le ossa furono rotte intenzionalmente, dagli stessi uomini che le avevano realizzate, forse con finalità rituali. Negli ultimi anni ulteriori testimonianze d'epoca preistorica sono state evidenziate grazie all'opera di esplorazione del territorio effettuata dalla sede di Parabita dell'Archeoclub d'Italia. Importante fu la scoperta di una piccola grotta situata sulla Serra di Parabita. Anche questa grotta è scavata nel calcare e si compone di un atrio centrale e due stretti cunicoli laterali nei quali sono stati fatti finora i ritrovamenti. Una moltitudine di stalattiti rende l'interno della grotta particolarmente suggestivo. Il sito archeologico non è stato ancora oggetto di un saggio di scavo, e praticamente l'esplorazione fatta dai giovani dell'Archeoclub si è limitata ad un esame dello strato superficiale, per non alterare la stratigrafia del terreno con scavi inopportuni e non autorizzati. Comunque proprio in superficie sono stati recuperati numerosi resti ossei pertinenti ad un individuo (o forse a due) lì inumato circa 3.000 anni fa: si tratta quindi di una grotta sepolcro. C'è inoltre da evidenziare la consistenza numerica dei frammenti ceramici appartenenti al corredo funerario. Purtroppo l'intero ritrovamento risulta essere molto danneggiato e sia le ossa che i vasi sono in frantuni. Ciò probabilmente è dovuto al fatto che sicuramente la grotta è servita per secoli come tana di volpi e altri animali (ne sono testimonianza i resti delle loro prede) che hanno causato lo sconvolgimento dello strato superficiale. Finora solo un vaso monoansato in terracotta è stato ritrovato perfettamente conservato. Grazie all'esame dei reperti si è potuta attribuire la sepoltura alla fine dell'età del Bronzo (circa XI secoli a. C.) Ovviamente tutto ciò che è stato recuperato è stato consegnato alla Soprintendenza competente. Infine un terzo insediamento è stato segnalato dai soci dell'Archeoclub parabitano su un'altura a pochi chilometri dall'abitato. Nel corso della campagna di scavo, ad opera della Soprintendenza Archeologica di Taranto, che ha interessato un'ampia area, sono venute alla luce testimonianze evidentissime di un villaggio risalente alla tarda età del Bronzo - inizi età del Ferro (circa X secolo a. C.). Lo scavo effettuato può dare un'idea di quella che doveva essere la struttura dell'insediamento: alcuni muretti forse di fondazione o di contenimento, due focolari, una moltitudine di fori nella roccia, evidenti testimonianze di capanne, è quanto finora è stato osservato. Una ricostruzione ipotetica del villaggio ha fatto notare delle strutture di 20-30 metri in legno, accanto ad una capanna a pianta circolare, ben individuabile grazie al canaletto di scolo delle acque realizzato intorno al suo perimetro. E' stata rinvenuta ceramica ad impasto con decorazione a cordonatura databile al Bronzo finale. Per la prima volta in un insediamento dell'entroterra è stata anche recuperata della ceramica d'epoca micenea, a testimonianza dei contatti e degli scambi commerciali che i locali intrattenevano con gli antichi abitanti del Peloponneso. Purtroppo ciò che oggi possiamo osservare e studiare di questo antico villaggio protostorico è solo una parte di quello che doveva essere il complesso dell'insediamento, ormai largamente distrutto da una cava: solo il tempestivo intervento della Soprintendenza ha potuto assicurare il recupero delle ultime testimonianze risparmiate dai lavori del cantiere. Il rimpianto è motivato ancor più dal fatto che l'insediamento distrutto avrebbe potuto fornirci utili e significative informazioni sulle abitudini, l'economia e i modi di vita dei nostri progenitori di più di 3.000 anni fa, data la rilevanza e l'estensione del villaggio, probabilmente uno dei maggiori della zona.

Il lavoro sviluppato in questo sito è frutto, oltre che dell'entusiasmo per questa mia prima esperienza in rete e dell'interesse per l'oggetto della ricerca, della preziosa, chiara e paziente collaborazione del Prof. Antonio DADDABBO. A lui vanno i miei più sentiti ringraziamenti per avermi insegnato a scoprire una nuova dimensione e per avermi rimandato all'importanza dell'apprendimento diretto ... a quella "scuola-bottega" di cui spesso ignoriamo il significato.
LA BOTTEGA DEL RILIEVO
Rilevamento Fotogrammetrico dell'Architettura
Prof. Antonio DADDABBO

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Ultima revisione sito:
14 Febbraio 2001