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CRONACA DELLA PROVINCIA SERAFICA DI S.CHIARA D'ASSISI

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Il P. Francesco Bartoli, che visse in S. Damiano nei primi anni del 1300 e dice di aver saputo la cosa dai frati del luogo, è un buon testimonio di questa tradizione. Inoltre, quasi tutti i primi .storici dell'Ordine parlano, sebbene con diversità di dettagli, d'un certo nascondiglio che dette rifugio a S. Francesco, perseguitato dall'ira del padre. Le diverse versioni del fatto non distruggono la tradizione, ma la completano. Dietro l'abside della chiesa doveva esserci un nascondiglio, una specie di vano, o grotta, praticata dal giovine Francesco nei primi tempi della sua conversione: quivi egli si rifugiò quando il padre faceva di lui ansiosa ricerca in S. Damiano. Questa circostanza fu conosciuta da S. Chiara, la quale fece praticare e dipingere nel luogo dove aveva trovato scampo S. Francesco un ricordo ad modum ostioli, ad mensuram sui corpuscoli. E a quella nicchia, già sin dal secolo XIV &laqno;tam cives quam peregrini frequenter.... cum devotione permaxima.... reverenter intuentur ». La nicchia - come si è detto - si conserva ancora dietro l'abside della chiesa di S. Damiano: una figura nell'interno che rappresenta un giovane in abiti medioevali, e lì presso un curioso quadretto (sec. XIII?) dove si vede il giovine Francesco entro il suo nascondiglio mentre il vecchio Bernardone va in cerca di lui col bastone alzato, illustrano ingenuamente il fatto e confermano la tradizione.
Tornando sui nostri passi verso la sacrestia, da una porta abbastanza spaziosa si entra nella chiesa, o piuttosto nel Coro dei frati. La porta non è molto antica: un indizio di porticina appartenente al primitivo disegno della chiesetta di S. Damiano, si potrebbe vedere sul fianco sinistro dell'abside. Ma la vista di questa parte così importante del Santuario è quasi del tutto nascosta dal coro, ora praticato dai religiosi, la cui costruzione rimonta, come abbiamo già detto, all'anno 1504. Ciò che si può rilevare al giorno d'oggi - oltre la vetusta decorazione della volta consistente in un cielo stellato ormai quasi svanito - è un mezzo tondo occupante tutta la parte superiore dell'abside, ove è dipinta una grande figura di Madonna col Bambino in braccio, fra due santi, il cui nome, in parte obrasato, si legge appena: S. Damianus S. Rufinus Eps M. É un affresco rimasto forse per secoli sotto uno strato di calce, dal quale fu liberato nel 1910. I caratteri lineari di questa pittura e il panneggio farebbero credere che noi ci troviamo di fronte a un esemplare bizantino; ma altri particolari e specialmente l'espressione delle figure indicherebbero un'epoca meno arretrata; tanto più che il nome della Santissima Vergine non si trova unito al nome di S. Damiano anteriormente al sec. XIII: Sancta Maria de Sancto Damiano è un titolo che apparisce nei documenti che si riferiscono alla storia di S. Chiara, e precisamente in quelli attinenti alla consacrazione dell'Oratorio, cui seguì verosimilmente la consacrazione della chiesa e la dedica del monastero.
In relazione allo stile bizantino ci sembra piuttosto quella nicchietta pentagonale, un po' a sinistra dell'abside, che fa ricordare il diaconicon e la prostesis, dove, secondo la liturgia greca, si conserva il pane e il vino consacrati; ciò che del resto è confermato nella sottoposta iscrizione: HIC EST LOCUS CORPS. Se l'ostruzione del coro non lo impedisse, si potrebbero esaminare due specie di banchi che s'intravvedono anch'essi a lato dell'abside, i quali possono essere nient'altro che appoggi o sedili pei ministri del culto: altro particolare che si nota presso gli altari di rito greco. Tutti questi indizi sarebbero una conferma dell'opinione già espressa circa la grande antichità della chiesa, la cui costruzione potrebbe risalire alla prima epoca bizantina, cioè al sec. VIII.
Intorno al coro si notano varie finestre: una grande, aperta a sinistra, che corrisponde al giardinetto di S. Chiara; altre due si vedono ostruite; l'una, nel mezzo dell'abside, è quella che corrisponde al coro delle monache per la quale esse ricevevano la Santa Comunione. L'altra finestra, più piccola, si vede murata nella parete, un po' in alto, tra la porta della sacrestia e l'altar maggiore. Al lato opposto, in corrispondenza al secondo stallo del coro, è un'apertura per cui si mostra il refettorio di S. Chiara: si vuole che al tempo della Santa quivi si trovasse la Ruota, per la quale le monache si mettevano in comunicazione coll'esterno. Un giorno che il frate addetto al monastero aveva riportato vuoto dalla questua il vaso dell'olio, questo si trovò miracolosamente ripieno, a un segno di croce fattovi sopra da S. Chiara.
Il coro dei religiosi non presenta altro di notevole, se non la data di costruzione e la poetica esortazione scritta in caratteri gotici sulla cornice superiore: "non vox sed votum, non clamor sed amor, non cordula sed cor psallit in aure Dei ". Sopra il Salterio, si vede un foro quadrangolare che era in corrispondenza colla posizione dell'antico altare, e si ritiene possa indicare il luogo dove era fissato il Crocifisso che parlò a S. Francesco. Di questo miracoloso Crocifisso, tanto illustrato nella storia e nella iconografia francescana, diremo soltanto che al giudizio dei competenti si rivela per un'opera d'arte del sec. XI, e attualmente si venera nel convento di S. Chiara d'Assisi, nella cappella del Sacramento.
A destra del coro è la porta d'ingresso, per la quale i religiosi discendono dal convento alla chiesa. Fuori della porta è una specie di vestibolo, ove spiccano due dipinti della scuola umbra, rappresentanti l'Annunziazione della Vergine e la impressione delle Stimmate di S. Francesco, discretamente conservati. Un'iscrizione rivela l'autore: Eusebio da S. Giorgio, 1507
Sembra evidente che all'epoca in cui venne inserito nell'abside il coro dei frati (an. 1504) sia stato trasportato l'altar maggiore nel luogo dove si trova attualmente. A quanto ne assicura la Cronaca conventuale, l'altare antico era formato da una grossa e bellissima pietra di travertino, d'un sol pezzo, utilizzata per il nuovo altare, sul quale fu collocata nel sec. XVI una preziosa tavola di Giovanni Spagna, rappresentante la Vergine col Bambino, in mezzo a una corona di angeli e di santi: fra questi era il B. Antonio da Stroncone. Tutte le memorie concordano nel dire che il quadro era bellissimo. Un certo duca Camillo di Costanzo, ricordato come benefattore singolarissimo, fece sostituire quella tavola, ormai vecchia, con un quadro di mediocrissima fattura: &laqno;ed io sono terribilmente tentato di sospettare - dice il Cristofani - che il singolarissimo benefattore, traendo partito dalla semplicità di quei buoni frati, giungesse a carpire la tavola dello Spagna, creduta ormai troppo vecchia, come a un di presso facevano i compagni di Colombo cogli abitanti del nuovo mondo cavando loro di mano, coll'esca d'uno specchietto o di un coltellino, verghe di solido oro». Il barocchissimo dossale succeduto nel 1792 all'altare cinquecentesco, fu sostituito da un altro a disegno gotico (an. I849), e questo pure essendo stato riconosciuto troppo lussuoso, cinquant'anni appresso dette luogo a un terzo più modesto; finchè è sorto nel 1920 l'altare degno del Santuario. É un monumentino rappresentante il disegno classico dell'altare antico; e consiste in un semplice cippo quadrato, che è la base o il fulcro sopra cui è poggiata la mensa rettangolare, spoglia di ornamenti, all' infuori di quelli indispensabili per il culto, come le cartaglorie e i candelierini di ferro battuto. e un piccolo ciborio di marmo. Il disegno di questo altare si può ritrovare tra gli affreschi di Giotto nella chiesa superiore di S. Francesco di Assisi, e anche qui a S. Damiano, in fondo alla chiesa, nel dipinto presso alla finestra del danaro; dove si vede S. Francesco in figura di orante dinanzi all'altare del Crocifisso, dal quale parte un raggio di luce che illumina queste parole: "vade Francisce, repara domum meam quae labitur". Anche al di sopra del nuovo altare pende l'immagine del Crocifisso di S. Damiano, una buona copia dell'antico, dipinta dal religioso francescano P. Leone Bracaloni, l'anno 1912. Due altre pitture si vedono pure a destra e a sinistra dell'altare. La prima è un quadro in tela della scuola dell'Overbek, ove spicca la figura di S. Chiara, in piedi, che benedice la mensa alla presenza del Papa Gregorio IX: n'è autore Guglielmo Alborn, berlinese, che vestì l'abito di terziario in S. Damiano nel I850. L'altra pittura è un quadro ad olio, dipinto sulla parete, rappresentante la morte o piuttosto il trasporto del corpo di S. Chiara, discreto lavoro di un certo Francesco Rondoni di Assisi, eseguito l'anno 1836.
La Cappella del Crocifisso, liberata ultimamente dalle molteplici decorazioni di voti, di lapidi e quadretti, ha ripreso la sua forma severa in corrispondenza allo stile della chiesa; ed è stata fornita anch'essa di un nuovo altare, formato da un blocco monolite poggiante su archetti ogivali, tutto di pietra rossa del Subasio. La cappella appare ora nettamente separata dalla chiesa, a causa di una cancellata di ferro battuto a disegni geometrici, costruita nell'anno 1920. Il lato destro della chiesa non presenta altro di notevole, se non alcune decorazioni attorno alla finestra del danaro. Della storica finestra abbiamo accennato altrove; e basterà qui ricordare che si trova verso il fondo della parete, accanto alla porta della chiesa, e consiste in un'apertura quasi quadrata inserita nello spessore del muro, misurante metri 0,62 x 0,65, con elevazione dal terreno di metri 1,70, Sotto la finestra si leggono queste parole: In hanc fenestram iniecit divus Franciscus crumenam nummis in huius templi reparationem. La decorazione è un avanzo di affresco della scuola di Giotto e rappresenta il fatto storico che deve essersi svolto qui dinanzi. Vi si scorge Bernardone, in atto ostile, e S. Francesco che fa il gesto di buttare nel vano della finestra la borsa di danaro, mentre il prete attonito assiste alla scena. La città d'Assisi si vede o s'indovina al disopra delle tre figure storiche; ed è rimarchevole una porta, che doveva essere in quel tempo in corrispondenza colla strada di S. Damiano. Si crede la più antica pittura, in cui si veda rappresentata la città di Assisi. Lì presso, a sinistra di chi guarda, è l'altra pittura rappresentante S . Francesco inginocchiato avanti il Crocifisso, della quale abbiamo parlato poco innanzi. La figura di S. Agnese Martire, lì accanto, e alcuni frammenti posti sulla parete di fronte (S. Francesco e S. Luigi re di Francia) sembrano immagini votive, di epoca posteriore. Al lato sinistro della chiesa vi sono da segnalare due leggieri sfondati che raccolgono sotto piccoli archi due altarini, rimessi anche questi recentemente all'antico: quello più vicino alla porta della chiesa era altre volte una nicchia dove si conservavano le preziose reliquie di S. Chiara, ora trasferite nell'Oratorio; nell'altro altare, sotto il presbiterio, era l'urna contenente il corpo del B. Antonio da Stroncone quivi conservato sino all'anno 1809, quando venne violentemente asportato al convento di Stroncone. Sopra la finestra del danaro, all'altezza di metri 3,50 dal pavimento, si vede un'altra finestra, che in passato doveva aprirsi sulla loggia esterna, sostituita - come si disse - nel 1821 dall'appartamento della Curia: a tale finestra doveva corrispondere, nella stessa direzione, un'altra almeno al posto di quella posteriormente ingrandita, di fianco all'altar maggiore. Al giorno d'oggi la chiesa è illuminata da questa finestra e da rosoncino di remota costruzione, il quale, forse alquanto modificato, si crede possa provenire dalla primitiva facciata: il rosoncino, sito nel centro dell'attuale facciata, è munito di artistica vetrata policroma, che piove entro il santuario una luce discreta, eseguita nel 1912 dal celebre professor Moretti di Perugia.
E ora uno sguardo al di fuori della chiesa. Si è parlato più volte di quelle aggiunte o sovrapposizioni che si vedono sul fianco dell'edificio (a destra di chi entra), le quali presentemente formano le due cappelle di S. Girolamo e del Crocifisso e la sacrestia. L'opinione più probabile intorno alla loro origine si è che siano sorte piuttosto per necessità tecnica che per esigenze di uso. Da questo lato il fabbricato è costruito in declivio; e il fianco della chiesa viene a trovare in esse, cioè nelle due cappelle e nella sacrestia, le sua base o il suo appoggio. Se così non fosse, non si comprenderebbe come mai il muro esterno solidamente piantato in basso, tanto da sostenere lo sforzo e la spinta di nuove e poderose costruzioni, fosse originariamente lasciato a mezza altezza (come si rileva facilmente dal suo aspetto e dalla qualità del suo materiale), all'altezza cioè corrispondente a soli metri 3,50 dal livello della chiesa, che poteva essere il limite delle nominate costruzioni e di quel fabbricato, che a nostro avviso esisteva, a modo di nàrtece o porticato, sul dinanzi della chiesa. Con l'esistenza di queste fabbriche al tempo della chiesa primitiva è in rapporto la finestra del danaro, la quale non è fatta per recar luce alla chiesa, ma piuttosto per riceverne, o era una semplice apertura di comunicazione. Circa l'uso o la destinazione di tali edifici, non abbiamo se non vaghe indicazioni. É probabile che ai tempi delle monache fossero destinati ad abitazione delle persone di servizio o di quelle monache inservienti delle quali parla il Celano, ovvero di quei frati che facevano l'ufficio di questuanti del monastero: la tradizione mette in corrispondenza colla finestra del danaro l'abitazione di quel sacerdote, che si trovava a S. Damiano ai primi tempi della conversione di S. Francesco. Oggi questi ambienti sono cangiati in cappelle e sacrestia. La Cappella di S. Girolamo, che dà sulla facciata della chiesa ed è attigua a quella del Crocifisso, sembra sia stata adattata a uso di culto o almeno fatta dipingere da un tal Galeotto dei Bistochi, secondo un'iscrizione che si legge sotto una grande pittura: &laqno;Hoc opus fieri fecit Galeotus de Bistochiis de Assisio A. D. MDXVII». É un pregevole affresco della scuola perugina, che occupa quasi tutta la parete di sfondo della cappella: fra due colline verdeggianti si apre un incantevole paesaggio, e una grande figura di Madonna siede, col Bambino in braccio, appoggiata a un frammento di colonna che s'inalza sullo sfondo della scena, popolata di angeli e di santi, tra i quali S. Girolamo, S. Francesco, S. Chiara ecc. ecc. Autore della pittura è Tiberio di Assisi. Altra pittura della stessa scuola umbra è sulla parete a sinistra, e rappresenta S. Sebastiano e S. Rocco, a piè de' quali è l'iscrizione votiva in italiano: &laqno;Facte fare Santi de Santorillo de Campello MDXXII».
Al lato opposto della cappella di S. Girolamo è situata la porta d'ingresso al convento e, nel mezzo, quella della chiesa. Sul dinanzi corre un piccolo porticato ad archetti umili e bassi, che era rettangolare in origine (sec. XVI), ma in seguito il lato destro dette luogo, prima a una cappella intitolata a S. Carlo (1616) e poscia al grosso fabbricato, che ha nel piano superiore la biblioteca del convento e nell'inferiore una bella foresteria, di recente costruzione. Il lato sinistro del porticato è un lungo andito, coperto, terminante in un tabernacolo, ornato di discrete pitture di scuola giottesca.
Il convento di S. Damiano ha una grande facciata, ma questa non è l'antica: la svelta sagoma della facciatella primitiva rimane per così dire assorbita da un'ala di muro, che forma tutto un insieme largo e pesante. Al sommo della facciata, campeggia uno stemma a foggia di scudo, che è l'emblema gentilizio dei Marchesi Ripon, insigni benefattori del convento. Dell'antica costruzione non si vede che un indizio nel rosoncino centrale che dà luce alla chiesa, e in quella porta, in alto, che corrisponde al dormitorio di S. Chiara e conserva il ricordo dei Saraceni.
Dinanzi alla facciata della chiesa e del convento si stende una piazzetta, sulla quale in epoca recente sono stati eseguiti lavori importanti. L'anno 1912, ricorrendo il VII Centenario della fondazione del secondo Ordine, ossia delle Clarisse, il Santuario di S. Damiano vide accorrere alle sue mura in devoto e affettuoso pellegrinaggio quanto di più eletto ha l'Italia nel laicato e nel clero fra i seguaci e ammiratori dell'Ordine francescano. In questa circostanza s'aggrandì la piazzetta, liberandola da un muro e cancellata che ne limitavano i confini dal lato di ponente, e nel mezzo vi fu eretto un monumento, la statua in bronzo di S. Chiara, opera dell'illustre scultore romano Cesare Aureli. Le feste centenarie ebbero luogo in S. Damiano nei giorni 22-25 settembre, coll'intervento del Ministro Generale dell'Ordine, di vari prelati fra i quali il cardinal Sebastiano Martinelli: questi il giorno 22 benedisse e inaugurò il monumento, alla presenza di numeroso popolo devoto e plaudente. La statua, poggiante sopra artistico piedestallo, rappresenta S. Chiara che sorge in difesa del suo monastero, in quell'attitudine in cui Ella - col tabernacolo in mano - si affacciò dal balcone, visione sublime e sfolgorante contro i Saraceni, i quali esterrefatti si diedero alla fuga. L'anno 1920, essendosi manifestate alcune lesioni alla base del monumento, si rinnovò il piedestallo, apponendovi quattro bassorilievi in bronzo relativi alla storia di S. Damiano.
Nel primo bassorilievo, in faccia alla porta della chiesa, si rappresenta il restauro di S. Damiano, colla scritta: Vade Francisce repara ecc. ecc. Fervet opus: il prete custode, da un canto, guarda attonito il giovine Francesco, che dà valida mano ai lavori. Al lato opposto, sul fronte della statua, si assiste all storica benedizione della mensa, avvenuta nel refettorio di S. Damiano: il quadro rappresenta S. Chiara umilmente inginocchiata nell'atto di benedire la mensa, per ordine del Pontefice Gregorio IX, ivi presente; e si vedono sopra le tavole i pani crocesignati, per effetto della benedizione della Santa. Sul fianco destro, si scorge S. Francesco presso le mura di S.Damiano in atteggiamento ispirato verso il sole, che spunta radioso sopra il Subasio; e pare che il Santo abbia ancora sulle labbra la celebre strofa del suo canto: &laqno;Laudato sii Mio Signore per messer lo frate Sole». Il quadro opposto riproduce in mirabili dettagli la commovente istoria del &laqno;transito di S. Chiara» Le quattro scene, disegnate con rara precisione storica e topografica, rappresentano - a giudizio dei competenti - quanto v'ha ora di più fine nell'arte del bassorilievo in Italia. L'autore, il quale ha saputo in quest'opera mostrarsi storico, poeta e artista valente, è il prof. Giovannetti di Firenze.
Il grandioso monumento a S. Chiara e tanti altri recenti lavori di abbellimento e di restauro, che siamo venuti via via numerando, nonchè una bella raccolta di volumi e di documenti relativi alla storia dell'Ordine - i quali costituiscono ormai una completa biblioteca francescana, che sarà in avvenire un'altra gloria di S. Damiano - stanno a dimostrare l'attaccamento e l'amore dei religiosi della Provincia di S. Chiara per il loro primo convento, che è insieme uno dei principali Santuari francescani, e forse il più venerando, per la sua preziosa conservazione.