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Membro del clero, e dunque persona cui è demandata la celebrazione dell'ufficio divino e il governo spirituale dei fedeli, in contrapposizione a laico.
Sono chierici sia coloro che si sono sottoposti semplicemente al taglio rituale dei capelli (tonsura*), sia coloro che hanno ricevuto gli ordini minori (ostiario, lettore, esorcista, accolito), sia coloro che hanno ricevuto gli ordini maggiori (suddiacono, diacono, sacerdote).
Nel Medioevo, diversamente da oggi, i sacerdoti erano solo una piccola minoranza dei chierici, molto numerosi sia per il gran numero e il rilievo politico ed economico degli enti ecclesiastici, sia perché l'appartenenza al clero permetteva di ricorrere alla giustizia episcopale, sfuggendo a quella civile, ed era dunque un privilegio ricercato anche da persone che per il resto vivevano in tutto e per tutto come dei laici; non bisogna dimenticare che fra i chierici solo quelli che avevano ricevuto gli ordini maggiori non potevano sposarsi, e anche questo divieto rimase sulla carta, senza trovare reale applicazione, per gran parte del Medioevo.
Il chierico è sovente litteratus, cioè conosce il latino, visto che si cominciava ad imparare a leggere esercitandosi sui salmi; il laico invece è sovente illitteratus, cioè non sa il latino e per estensione, almeno fino a quando anche il volgare non assunse una dignità scritta, non sa leggere. Il termine «chierico» designa perciò, genericamente, il sapiente; tutti gli uomini di legge, ad esempio, sono considerati chierici, e con la formazione delle università nel corso del Duecento lo statuto clericale è automaticamente esteso a professori e studenti. Per molto tempo, soprattutto fuori d'Italia, anche le amministrazioni civili impiegano soprattutto chierici, i soli che sappiano leggere e scrivere; di qui l'inglese clerk, «impiegato».Alessandro Barbero e Chiara Frugoni, Dizionario del Medioevo
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Ultimo aggiornamento: 10 Marzo 2003 |