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Le case del borgo di Bari > L'edilizia ottocentesca

Il volto tipico dell'edilizia murattiana ottocentesca.

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"In Bari i cittadini di tutte le classi abitano angustamente".
La casa urbana per l'architetto Gimma: dalla prima idea ad un tipico contratto di appalto.
La casa urbana: si affinano le tecniche di costruzione.
Architetti e ingegneri pugliesi contro i maestri muratori.

Top"In Bari i cittadini di tutte le classi abitano angustamente".
Con il secolo XIX anche a Bari esplodono tutti i problemi di sovraffollamento, di ordine pubblico, di igiene urbana che si sono aggravati anno dopo anno all'interno della città murata durante i due secoli precedenti. Sono proprio gli amministratori locali i primi testimoni di una situazione divenuta insostenibile, al punto che nel 1808 l'intendente Canzano riferisce al ministro dell'Interno che "in Bari i cittadini di tutte le classi abitano angustamente". È necessario abbandonare la città intra muros, ma affinché si proceda alla realizzazione del nuovo borgo fuori le mura si deve portare a termine un profondo cambiamento nella cultura della città.
Lo sviluppo di tali avvenimenti si può cogliere seguendo le vicende (politiche, culturali, amministrative, sociali ed economiche) dei piani per il borgo di Bari dal 1790 al 1859, vicende che fanno emergere un vero modello (pratico) di espansione urbana che riguarda l'intera Terra di Bari.

TopLa casa urbana per l'architetto Gimma: dalla prima idea ad un tipico contratto di appalto.
L'architetto direttore del borgo, Giuseppe Gimma, già nel 1812 indica con chiarezza che nello sviluppo della città fuori le mura si devono seguire le leggi naturali di accrescimento geometrico piuttosto che aderire alla realtà topografica dei luoghi. Tant'è che le sue indicazioni per i primi sedici isolati prevedono, sulla base di una precisa metrologia, 2500 abitazioni: i casamenti sono disposti ai bordi delle isole, le case si compongono ciascuna di due locali da realizzare al solo pianterreno, "uno di essi al fronte della strada e l'altro dietro, corrispondente ai giardini di sufficiente espansione, che ciascuna isola conterrà dietro ai casamenti stessi". È la prima risposta a "li ricorsi di molti cittadini" che chiedono di "poter fabbricare fuori le mura".
Nelle successive redazioni del piano Gimma si chiariscono da un lato le condizioni che promuovono l'espansione della residenza urbana (attraverso l'impiego dei capitali privati e il regime pubblico dei suoli), dall'altro il ruolo della mano pubblica nella realizzazione si strade, piazze ed edifici pubblici. Tuttavia le vicende storiche della dialettica pubblico-privato porteranno a pensare e a realizzare un borgo diverso da quello ideato dall'architetto Gimma.
Dal contratto d'appalto per la costruzione della casa di Giuseppe Avvantaggiati (appaltatore Nicola Leonardo Sciruicchio, maestro muratore; I isola, III linea, Bari 3 settembre 1825; architetto progettista Giuseppe Gimma; contratto conservato presso l'Archivio di Stato di Bari, Atti notarili, notaio Francesco Paolo Altieri, 1825) risulta che l'abitazione si compone di tre volte a botte sovrapposte: un piano terra, un quarto matto ed un primo piano. Ad ogni livello un locale si affaccia sulla strada ed un altro sul giardino interno all'isolato. È effettivamente una variante del tipo di residenza urbana già proposto da Gimma anni addietro e che ben si adatta alle particolari esigenze dei cittadini trasferitisi nel borgo.
In molti altri contratti di appalto è invece prevista la costruzione dei soli piano terra e primo piano, anche con più di un locale sia dal lato della strada pubblica sia da quello retrostante del giardino. Nei primi due decenni di costruzione del borgo la realizzazione del secondo piano è rimandata a tempi migliori, come attestato dagli statuti murattiani.
La flessibilità e la specificità del rapporto che si instaura fra proprietari, costruttori ed architetto direttore del borgo si ripropone in tanti contratti di appalto, in cui le esigenze delle famiglie borghesi si traducono nella richiesta di una casa "secondo disegno dato dal direttore del Borgo Sig. Don Giuseppe Gimma ma secondo il piacere del proprietario", piacere naturalmente legato al suo stato sociale e alle sue possibilità economiche. A tal proposito è esemplare la vicenda della costruzione della casa dell'avvocato Maggi.

TopLa casa urbana: si affinano le tecniche di costruzione.
Nell'enorme cantiere che si stabilisce nel borgo di Bari dalla sua fondazione fino all'Unità d'Italia, le difficoltà di crescita iniziale (dovute alle resistenze dei proprietari a censire i loro suoli) non impediscono l'affinamento delle tecniche edilizie. Con il passare degli anni i materiali e le regole di una buona costruzione sono sempre più puntualmente descritti sia per le strutture murarie sia per i partiti decorativi che concorrono a definire le aspirazioni rappresentative della casa borghese.
Dalle indicazioni approssimative fornite nel 1820 parlando di fondazioni:
"Li fondamenti della anzidetta casa dovranno essere formati dalla grossezza e larghezza che richiede l'arte, e scondo il disegno che potrà come sopra essere dato dal detto direttore del borgo Sig. Gimma, come al farsi la grossezza e la larghezza del lamione, e di tutte le stanze di essa casa"
si passa alle puntuali prescrizioni di un contratto di appalto del 1840 (Appalto a cottimo n.148 del repertorio del notaio Pietro Cavalieri; proprietario Nicola Lagattolla, negoziante; architetto progettista Nicola Carelli, anno 1840; costruzione di casa palazziata al corso Ferdinandeo, in attacco della casa del signor Scianatico; contratto conservato presso l'Archivio di Stato di Bari, Atti notarili, notaio Pietro Cavaliere, 1840):
"Le fondamenta dovranno poggiare sullo strato di pietra ben saldo, e nel cavamento di esso saranno tolte le spoglie ed ogni altra pietra capace al rassetto. E prima della proiezione sarà fatto un saggio sulla resistenza che si presenterà, dall'architetto Direttore."
Le fabbriche per le fondamenta devono essere costruite in tufi scorzi o tenaci lavorati a perfetto squadro e posti in opera "due di lungo, ed uno di testa per la regolare concatenazione". Anche nel caso si opti per i più poveri muri a sacco, gli articoli del contratto definiscono sempre qualità dei materiali e modalità di corretta posa in opera. Analizzando i particolari costruttivi si legge che i gradini devono essere di un sol pezzo, ornati con toro e listello e "lavorati alla martellina alle sedici denti"; si precisano poi dimensioni e materiali delle mensole per gli sporti: "modiglioni o gattoni [...] saranno di palmi 5 e della grossezza proporzionata al modulo che caccierà l'Architetto Direttore. La pietra sarà quella detta di martello, e non la sfogliosa".
L'assenza di un disegno esecutivo forse non è nemmeno avvertita all'atto del contratto di appalto, in virtù della aderenza delle descrizioni ad una tradizione costruttiva in pietra ormai consolidata.

TopArchitetti e ingegneri pugliesi contro i maestri muratori.

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Ultimo aggiornamento:
18 Giugno 2001