Se la "
camera obscura", da noi realizzata con i suggerimenti di
Leonardo da Vinci e di
Giovan Battista Della Porta, ci ha soddistatti, sicuramente siamo stati tentati di stendere sullo schermo una superficie sensibile per
fissare l'immagine.
Di certo ci saremo resi conto che la realizzazione del
"piccolo spiraculo retondo", come tutte le cose semplici, richiede il massimo impegno del nostro cervello.
La
foto riportata a sinistra è stata realizzata, negli anni '70, da uno studente del corso di
"tecniche fotogrammetriche applicate all'urbanistica e all'architettura", fissando l'immagine su pellicola Kodalith con svilpuppo normale. Il tempo di esposizione è stato di circa 5 minuti. In questo caso, il foro non è stato realizzato con una
"tauletta di piombo, ovvero di rame, della grossezza d'un cartone, nel cui mezo farai un buco rotondo della grossezza del dito piccolo della mano", ma con quattro pezzi di lametta da barba, disposti in modo che le parti taglienti formassero un quadrato con il lato di circa 1 mm. Prima di procedere oltre, prendiamo nota della deformazione della ringhiera, posta in primo piano (dovuta alla non perfetta planeità della superficie sensibile), che dimostra la grande
profondità di fuoco della camera realizzata.
Cerchiamo ora di capire perché lo studente ha fatto ricorso alla lametta da barba per realizzare il foro.
Accettiamo per buona l'ipotesi secondo cui un
oggetto può essere fotografato perché ogni punto della sua superficie emette raggi di luce (propria o riflessa); infatti
Leonardo parla di
"faccia d'uno edifizio o altra piazza o campagna che sia illuminata dal sole".
Consideriamo un punto
P ed una superficie
S, appartenente al fondo di una cassa in legno: il punto
P, facente parte della superficie di un oggetto, è il
centro di un fascio di raggi che saranno intercettati dalla superficie S.
Se
interponiamo, tra il punto e la superficie, una tavola in legno con un foro circolare, notiamo che:
- i raggi di colore verde vengono bloccati dall'ostacolo interposto;
- i raggi di colore blu attraversano il foro, rappresentando il punto
P con un cerchio, detto
cerchio di confusione;
- i raggi di colore rosso raggiungono anch'essi la superficie
S, ma solo dopo essere stati riflessi dalla superficie cilindrica del foro, creando solo confusione nella rappresentazione sulla superficie
S.
Nel caso in cui il bordo del foro è a spigolo vivo, cioè la sua superficie interna è di forma conica e non cilindrica, avremo eliminato la confusione creata dai raggi riflessi, ma rimane ancora la confusione creata dall'eventuale intersezione dei cerchi
c e
c' rappresentanti quei punti
P e
P' che sono molto vicini. L'idea di realizzare un foro stenopeico con due lamette per barba, spezzandole e disponendo i bordi taglienti in modo da ottenere un foro quadrato del lato non superiore al millimetro, è risultata abbastanza efficace, ma si potrebbe
deformare una lamina di rame a forma di sfera e limarla in modo da ottenere una serie di diaframmi di diametro differente, da poter tarare ed utilizzare secondo le necessità.
Prima di abbandonare questo argomento, prendiamo nota delle seguenti definizione:
1)
distanza di ripresa è la distanza
d del centro del foro
O dall'oggetto fotografato
AB. Prendiamo nota che con l'aumentare di questa distanza, a parità di superficie
S, aumenta il campo di ripresa e, quindi, la grandezza dell'oggetto
AB che si può fotografare;
2)
distanza principale è la distanza
c del centro del foro
O dalla superficie
S, su cui viene registrata l'immagine
A'B';
3)
scala immagine è il rapporto tra una distanza
A'B' misurata sull'immagine e la corrispondente distanza
AB misurata sull'oggetto ripreso. In presenza di oggetti piani e paralleli alla superficie
S, possiamo dire che la scala dell'immagine è data dal rapporto
c/d tra la distanza principale e la distanza di ripresa (equivalenza tra i triangoli AOB e A'OB');
4)
cerchio di confusione è l'insieme dei punti intersezione, con la superficie
S, dei raggi proiettanti un punto
P. Rimane evidente che la nitidezza di un'immagine è tanto maggiore quanto minore è il diametro del
cerchio di confusione, il quale diametro risulta direttamente proporzionale al diametro del foro ed inversamente proporzionale alla distanza dell'oggetto fotografato;
5)
profondità di campo è la distanza tra il punto più vicino alla camera e quello più lontano per i quali il diametro del cerchio di confusione risulta uguale o inferiore al valore massimo ritenuto accettabile;
6)
profondità di fuoco è la distanza tra il posizione dello schermo più vicina al foro e quella più lontana, per le quali il valore massimo del diametro del cerchio di confusione dei punti proiettati risulta uguale o inferiore al valore massimo ritenuto accettabile. Nel caso del foro stenopeico non esiste un
piano focale come nel caso di una lente, per cui non sarebbe logico parlare di
profondità di fuoco, ma in questa sede ne parliamo per sottolineare la
profondità di fuoco infinita del foro stenopeico.
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