Il “tallone di Achille” della didattica a distanza pare sia la valutazione.
La nota n. 279 dell’8 marzo 2020, in merito alla valutazione degli apprendimenti “a distanza” afferma quanto segue: “Si ricorda, peraltro che la normativa vigente (Dpr 122/2009, D.lgs 62/2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa”.
Indubbiamente, se anche nel 1200 si fosse fatto ricorso alla teledidattica, Giotto non avrebbe mai potuto dipingere la mosca sul quadro di Cimabue,
ma la scuola di oggi è diversa. Nella scuola-bottega il discepolo lavorava, sforzandosi di imitare il Maestro e confrontandosi con lui: entrambi producevano per la sopravvivenza della bottega.
Nella scuola di oggi il docente si limita, quasi sempre, a “raccontare” ciò che hanno fatto altri e l’ascolto può avvenire anche a distanza, mentre per quanto riguarda il laboratorio, se si tratta solo di osservare, la visione di un video, senza distrazioni, è senz’altro preferibile. Se invece si tratta di operare, la scuola è sempre accessibile.
Per quanto riguarda la verifica, sarebbe opportuno tornare alla produzione, che, messa in rete, potrebbe essere valutata anche da personale esterno alla scuola. In tal modo lo studente sarebbe più motivato, oltre ad abituarsi ad avere un rapporto con il mondo esterno alla scuola.
Se poi si cambia il punto di vista e si scopre che l’obiettivo non è l’apprendimento sincrono, ma la socializzazione, i mezzi sono tanti, a cominciare dallo sport: è questione di avere il coraggio di chiarirsi le idee.