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il recupero secondo la tradizione Nella fornace di De Rensis Fortunato &figli venivano inseriti 42.000 mattoni. In cima si chiudevano i "ricce" con mattoni disposti a spina di pesce "a ncuccètture". Il carico e scarico si effettuava da un'apertura chiamata "a purtélle" che si trovava dalla parte opposta del "cùpille", la piccola bocca della forance dove si alimentava il fuoco. Quando "ce mmennéve fòche", ininterrottamente per 30 ore circa, il forno inghiottiva voracemente manciate e manciate di combustibile. Per ogni cottura bisognava trasportare 50 carrettoni (chèrrettune) di paglia. "A fuchéte" finiva nel momento in cui le fiamme assumevano un colore bluastro. Era il segno che i mattoni erano cotti. Il materiale restava a riposo per il raffreddamento graduale dieci o quindici giorni. Poi arrivavano i carrettieri (trèinere), caricavano sui carretti il prodotto finito e lo trasportavano ai cantieri edili del paese ed anche "fòre tèrre". La richiesta era talmente alta che il materiale non bastava mai. Venivano prodotti "mètunacce", mattonacci , il classico mattone utilizzato per le abitazioni tradizionali, "sbrigliòzze", sbrigliozzi , quadroni per pavimento (cotto) , mattoni "Santa Croce" pianelle , (si usavano per coprire l'intelaiatura in legno del tetto "a cupertine" tetto "a cupertine" prima di mettere le tegole), "pince" (coppi). Prima che i De Rensis, avendo subito la concorrenza dell'industria, chiudessero l'attività (a Lucera, a Casalnuovo e a Casalvecchio, invece, i rudimentali cantieri artigianali sono stati trasformati in moderne industrie di laterizi), l'infaticabile Guglielmo, ultimo mattonaio della famiglia, con le ultime sfornate, da solo, mattone su mattone, si è costruita la casa dove abita con la sua famiglia. | |||||
Politecnico di bari - C.d.L. in Ingegeria Edile - corso di Rilevamento fotogrammetrico dell'architettura |
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