NOTE

LA RAPPRESENTAZIONE

Rappresentare, dal latino repraesentare, significa presentare di nuovo.
La rappresentazione iconografica è stata all'inizio rappresentazione di oggetti naturali tramite altri oggetti naturali. In seguito è divenuta rappresentazione di oggetti lontani tramite oggetti naturali, prima nello spazio, poi nel tempo. Ci ha condotti, grazie ai perfezionamenti tecnologici, alla rappresentazione assistita da elaboratore: ma esso non è che un altro mezzo di rappresentazione, la sua novità è il grado di "integralità" della rappresentazione che consente di raggiungere e l'uso che noi possiamo farne.
La progettazione assistita, ad esempio, ci consente di disegnare e rappresentare in tre dimensioni oggetti che ancora non esistono: se per mezzo dell'analisi di tale rappresentazione si constata la "bontà" dell'oggetto (o, nel nostro caso, dell'architettura), allora si può deciderne la costruzione. Questa costruzione costituisce il "ritorno al reale" della creazione del modello virtuale.
Ma tale "modellizzazione", che ci consente di invertire il processo di rappresentazione - è la realtà che rappresenta il fittizio! - non è sostanzialmente diversa dalla creazione dei modelli in legno che già nel '500 gli architetti - Michelangelo, in particolare - presentavano alla committenza, o ai fotomontaggi che Piacentini realizzò negli anni '30, per illustrare gli sventramenti di via della Conciliazione, e verificarne l'impatto.
Ciò che crea una sostanziale differenza è la possibilità di interagire con il modello, di arrivare a una "modellizzazione attiva": grazie al software Quicktime VR, ad esempio, possiamo realizzare filmati interattivi, con cui muoverci all'interno dell'edificio, o girarci intorno.
Se dunque la rappresentazione, tramite la modellizzazione è di per sè un modo per acquisire una nuova forma di conoscenza, la rappresentazione multimediale , tramite l'uso combinato di molteplici linguaggi di comunicazione - testi, grafica, foto, realtà virtuale - fornisce una conoscenza notevolmente maggiore non solo quantitativamente, ma qualitativamente.
LIMITI DELLA RAPPRESENTAZIONE

Partendo dal presupposto che il restauro, intervenendo a modificare l'esistente, è sempre, comunque, progetto, e come tale non può essere 'neutrale' - come non può essere meramente 'imparziale' la scrittura - ma è espressione della sensibilità, delle conoscenze, nonchè ovviamente del know how del progettista - è fondamentale che questi aquisisca il maggior numero di informazioni possibili sull'oggetto del proprio intervento.

In effetti, nell'accingersi a rilevare, e dunque rappresentare, un oggetto -e un oggetto architettonico, nel nostro caso- ci si trova di fronte ad una quantità enorme di informazioni potenzialmente acquisibili, e archiviabili: informazioni sulle caratteristiche geometriche, fisiche, chimiche dell'oggetto, sulla sua storia, sulla sua collocazione in un contesto fisico-geografico, storico, sulla funzione dell'oggetto oggi e nel tempo, su quelli che il Riegl ha chiamato "valore dell'antico", "valore storico" e "valore intenzionale" dei monumenti in un territorio, in quanto testimonianza della cultura di una popolazione.
E ancora: sul valore contemporaneo (che comprende il valore d'uso e il valore artistico), la cui importanza è ovvia, se si pensa che un progetto di restauro si articola in tre fasi e che le prime due: rilievo e intervento, devono - dovrebbero! - essere finalizzate alla terza: il riuso, perchè solo esso consente una piena riappropriazione dell'oggetto architettonico da parte della popolazione, e, di più, ne garantisce la tutela.

Non c'è, d'altra parte, una forma di conoscenza "assoluta", e di conseguenza, un modo di modellizzare la realtà che sia il migliore, l'ultimo, il definitivo.
Per fare un esempio concreto: è più opportuno, o utile, spingere sempre più nei particolari la rappresentazione grafica (la modellazione virtuale), oppure utilizzarla come "scheletro" del monumento, come schema destinato a richiamare immagini fotografiche cliccandoci su?
Per un verso la potenza del mezzo (il programma di modellazione), che consente di lavorare in scala 1:1, induce alla sfida della "rappresentazione integrale"; per l'altro, "la sola rappresentazione assoluta di un oggetto è l'oggetto medesimo" ammonisce Cadoz nel suo 'le realtà virtuali'. E prosegue ponendo il problema dell'inopportunità di quella che chiama "rappresentazione integrale" fine a se stessa, che non sia finalizzata, cioè, al "ritorno al reale".
Tanto più che tale rappresentazione sarebbe sempre e comunque soggettiva, scaturita dall'interpretazione che il progettista dà dell'oggetto in questione.