"La storia del Conservatorio della Pieta' di S. Croce di Altamura và unita a quella del benemerito sodalizio, che gli dette origine, e ne curò l'esistenza per lungo volgere di anni: riguardo a quest'ultimo però, dopo le devastazioni, gl'incendi e le rapine compiute in questa Città dalle orde di Fabrizio Ruffo nel 1799, torna assai malagevole, anzi impossibile giungere a cognizione di tutto, e tutto precisare. Come di altre istituzioni altamurane nobilissime, così è a deplorare ben anche la pochezza di notizie e documenti della Confraternita della Pietà di S. Croce, le cui carte, nella massima parte furono preda delle fiamme, e disperse in quell'epoca miseranda. Tutto quello che ne rimane si riduce a cinque registri, che il caso o la pietà avea messo in salvo, e che nel 1801 si rinvenivano presso il Priore di essa Confraternita. Fortunatamente per altro questi soli registri, e qualche lapide tutt'ora esistente nei muri della Chiesa del Conservatorio, racchiudono preziosi documenti, che non permettono il minimo dubbio intorno all'epoca in cui fu istituito il pio luogo, ed al suo scopo, e norme fondamentali.
Uno dei detti registri specialmente (giacché gli altri quattro non contengono, che atti di amministrazione dal 1700 al 1800, e piante di fondo rustici) è un complesso di dispacci, decreti della Real Giurisdizione, bolle Pontificie, titoli dei beni della Confraternita e sue conclusioni autenticate dal 1611 al 1778. Con tali scorte si stende la notizia Storica presente, nella persuasione, che esse siano le sole fonti, cui ai sottoscritti era dato di attingere sicuramente.
Senza potersene precisare l'epoca remota, che pare dovesse rimontare alla prima metà del XV secolo, sorgeva in Altamura una fratellanza laicale col titolo di Real Congrega della Pietà di S. Croce composta di quaranta individui del Ceto nobile, e medio con iscopo di promuovere e sostenere opere di carità e beneficenza, come attestano i suoi fatti. Gli atti religiosi di tale associazione venivano adempiti nella piccola Chiesa di S. Croce, da cui deve ritenersi, che abbia preso il nome, e sulla quale le venne riconosciuto, per mezzo di Bolla Pontificia, il diritto di padronato. Non appena quella Confraternita, dopo molti anni di vita, poté giungere a possedere un assieme di case contigue alla sua Chiesa, fu suo nobilissimo pensiero destinarle a pio luogo, in cui la onestà di povere ed orfane donzelle trovasse sicura guarentigia contro le prevaricazioni del mondo. Ciò avveniva nell'anno 1610, come rilevasi da una lapide del Conservatorio.
Sorta quest'opera, essa non si sarebbe potuta reggere senza mezzi, e senza stabilire apposite leggi, che la regolassero. Al primo bisogno pare siasi provveduto dalla Fratellanza, mercé la carità pubblica, che raccoglievasi per la Città: per l'altro, con atto deliberativo del 9 maggio 1611 fu stabilito quanto dovesse attuarsi per l'ammissione delle donzelle, e per la loro educazione e cura proporzionata alle risorse, fissandosi pure di darsele in dote, allorché le entrate fossero cresciute.
Per lungo tempo le giovanette raccolte nel pio luogo furono sostenute coi proventi della pubblica carità, fino a che la fratellanza con lasciti e acquisti non ebbe una rendita propria. Tutto assicura che l'andamento interno del Conservatorio, e l'Amministrazione delle sue rendite menata innanzi dalla fratellanza, non subirono variazione alcuna fino al 1818, quando il governo dell'epoca sottopose tutte le corporazioni di beneficenza all'obbligo di formare annui bilanci da presentarsi alla superiore approvazione. Da quell'epoca la Confraternita nel giorno della Croce, oltre a deliberare il bilancio, introdusse l'usanza di scegliere pel nuovo anno tra i fratelli una commissione amministratrice composta del Priore, dei Visitatori e Razionali, cui giusta l'antica consuetudine fu fatta facoltà di nominare la Priora del Conservatorio, la Sotto Priora, la Maestra, il Confessore, il Cappellano, il Sacrestano e le domestiche. Pubblicate le istruzioni ministeriali dell'Interno del 20 maggio 1820, ed il Regolamento del 17 novembre 1824, sul regime interno dei Conservatori, la nostra Congrega ed il Conservatorio di sua dipendenza passarono sotto la tutela del Consiglio degli Ospizii il quale dispone, che il P.L. dovesse reggersi internamente a base del detto regolamento amministrativo, il che non alterò per nulla le leggi fondamentali di esso Stabilimento.
Nel 1838 il medesimo Consiglio degli Ospizi sollecitò il Priore della Fratellanza a trasmettergli lo statuto scritto delle regole di essa. Non essendosi a ciò adempito (per essere impossibile a causa dei dolorosi eventi del 1799) con Ministeriale dell'Interno del 1840 fu stabilito che la Fratellanza restasse sospesa fino alla esibizione delle richieste regole, e che nel frattempo, una Commissione Temporanea scelta dal Comune ne compisse le veci amministrando il Conservatorio. Venute a tale stato le cose, nel 1841 poche fratelli superstiti formarono uno statuto di regole a base di quanto si era praticato per più secoli dalla fratellanza. Tale statuto però inviato per la Sanzione, non poté mai venir ratificato, e così la Commissione temporanea Municipale Amministratrice del pio luogo continuò come tutt'ora continua in tale incombenza, senza che il limitato numero dei fratelli, e delle famiglie tutt'ora esistenti, che avrebbero potuto aver diritto al sodalizio, avesse perciò fatta alcuna doglianza e premura pel ripristinamento di esso.
Detto così tutto quello, che si poteva sul Conservatorio della Pietà di Santa Croce dalla sua origine fin oggi, vuosi solamente aggiungere, che per effetto di poca osservanza delle antichissime norme dello stabilimento verificatesi negli ultimi anni della Fratellanza, ed anche per arbitrio del potere Ecclesiastico, che a tempo degli ultimi Borboni di Napoli, non aveva limiti, furono ammesse nel pio luogo donne nubili, che avevano di molto oltrepassato la giovinezza, e fu permesso ad altre di menarvi la vita fino al loro decesso. Questi fatti che certo si oppongono allo scopo di rendere temporaneamente comuni a tutte le più infelici donzelle della Città i benefici del Conservatorio, han dato causa agli articoli 1, 2, 28 e 29 dello Statuto dai sottoscritti compilato, e da questo Consiglio Municipale ritenuto.
Altamura, 31 gennaio 1866
Gli Amministratori
Candido Turco, Lorenzo Recchia, Gennaro de' Conti Viti"