Un disegno ad inchiostro, che risale agli inizi del 1700, sul quale è anche possibile
leggere alcune annotazioni di carattere toponomastico, ci dice che i frati volevano
ampliare alcune strutture del convento. Al disegno è allegata una lettera datata 30
ottobre 1719, che conferma in forma più discorsiva le annotazioni già citate: ad un piccolo
umido locale, dove gli arredi sacri si rovinavano, si voleva sostituire una sagrestia (dal
disegno: "la sagrestia da costruire è di un palmo e mezzo, quindi restano 13 palmi");
era necessario costruire un nuovo campanile, un piccolo coro, allargare la scalinata interna, creare un
atrio prima della porta della chiesa e ingrandire l'orto.
Questo progetto di ampliamento fu ostacolato dai cittadini gioiesi, come si desume da
una lettera del 23 marzo 1720, perchè avrebbe impedito il transito sulla pubblica via.
Ma nel 1727, sotto Papa Benedetto XIII, il convento fu sottratto alla giurisdizione
ordinaria, riacquistò indipendenza e importanza e fu quindi "liberamente" restaurato.
Il padre guardiano Donato Antonio Alberico da Gioia provvide a restaurare la Chiesa,
ma demolì molte parti compreso il piccolo campanile e riutilizzò il materiale litico
in altri contesti.
La Chiesa che oggi possiamo vedere quindi, è databile intorno alla prima metà del '700.