Cenni storici
 


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Il primo documento che parla dell'esistenza delle fosse granarie a Cerignola risale al 1225, ma è solo nel 1581 che si fa esplicito riferimento al Piano delle Fosse prospiciente il lato Nord ed il lato Ovest della chiesa di San Domenico e San Rocco.
Le fosse acquisirono sempre maggiore importanza con la Dogana delle Pecore in quanto, ad una fiorente pastorizia, si affiancò una estesa coltivazione di cereali.
È pensabile che dette fosse siano in gran parte di epoca romana, perché perfettamente uguali alle altre, trovate nel territorio della Capitanata, per forma, rivestimento interno e per ubicazione (tutte a Sud rispetto agli abitati, come a Cerignola).
Infatti una lapide, ora conservata nel palazzo Cirillo Farrusi, ritrovata a Cerignola, parla di un certo Curator rei publicae (Curatore della cosa pubblica), carica che comportava l'invio a Roma di grossi quantitativi di grano e di altre vettovaglie dal luogo di produzione, di conservazione e di deposito, dietro singole richieste che provenivano dalla Capitale; "richieste", parola che nel nostro dialetto ancora oggi trova il suo corrispettivo nella espressione “a requestue”. Che senso avrebbe la accertata presenza a Cerignola di un Curator, se non per sovrintendere alla spedizione del grano a Roma?
Nel 1840 furono regolamentate le attività lavorative e commerciali del Piano con il "Regolamento del Piano delle Fosse di Cerignola" approvato dal Decurionato.
Nel 1902 si contavano ben 1100 fosse ma successivamente, in particolare nell'ultimo cinquantennio, è iniziato il declino delle fosse, sostituite da più pratici silos fuoriterra metallici.