In questo luogo, nell’antichità, si praticava un culto pagano, come attesta una pietra che doveva far parte di un tempietto; su di essa, infatti, vi é un’iscrizione latina, secondo la quale “Sestilia Accepa (o Accepta) un’ara alla dea Bona a sue spese curò che fosse costruita e vi appose il suo nome.
La dea Bona, detta anche Faunia, era la divinità della pastorizia e dei boschi, e prediceva anche l’avvenire. Rivelava l’oracolo, però, soltanto alle donne e, quando proprio era costretta a rivelarsi agli uomini, assumeva le sembianze di un serpente.
La sua festa si celebrava il 1° maggio, di notte, nella casa di un magistrato, la cui moglie presiedeva al rito e nella cui casa convenivano le matrone devote alla dea. Come vittima, veniva offerta ed immolata una scrofa e le sale venivano ornate con tralci di vite.
A Roma, al culto della dea era dedicato un apposito tempio, che si trovava ai piedi del colle Aventino.
Anche sulla nostra “ripa alta” dell’Ofanto il culto era, dunque, praticato dalla devota Sestilia e, verosimilmente, da altre matrone delle ville romane che nei primi secoli dopo Cristo erano presenti in quell’area.