Nel 1832 l’Europa occidentale fu flagellata dal morbo del colera e non si salvò dal morbo il Regno delle Due Sicilie di cui faceva parte la Puglia. In quel periodo venne attuata la separazione e la sepoltura in luoghi diversi dei morti di colera. Infatti i cadaveri dei morti di colera furono messi in fosse che venivano colmate di molto terreno, livellate con calce ed altro materiale gettato sopra, in modo da formare un lastrico che ricoprisse e rinserrasse tutto il posto dove erano seppelliti i colerici trapassati. Tale lastricato non doveva essere mai smosso per non mettere a rischio la pubblica incolumità e inoltre tutto il luogo doveva essere circoscritto di cartelli lapidei ad indicarne la inviolabilità perpetua. Al contrario, i trapassati per malattie ordinarie venivano seppelliti nel camposanto. Negli anni successivi l’intendente Cav. Lotti inviò alcune circolari ai sindaci dei comuni della Capitanata sottolineando la volontà di S.M. il Re di attenersi alla norma di legge che regolava il seppellimento dei cadaveri. Veniva sottolineato che, col Real Rescritto del 28 Settembre 1839, non venivano revocati gli ordini precedenti di S.M. e che, quindi, non si doveva permettere più il seppellimento dei cadaveri nelle sepolture dell’abitato e che nessuna tomba già chiusa a gesso venisse riaperta per qualunque pretesto e per qualunque causa. Veniva fatta eccezione per i Vescovi e per le Claustrali di perfetta clausura, i quali potevano essere seppelliti nelle chiese.
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