RELAZIONE STORICA

 

 

Alla distanza di circa sette chilometri da Bari si trova la frazione di Ceglie del Campo, piccolo centro agricolo,dove nulla rileva l’esistenza di un importante centro antico.
Non sappiamo quandoe come nacque l’antica “Caelia”.La presenza di alcune grotticelle permette di pensare all’esistenza di qualche agglomerato umano della prima età del ferro. Le prime sicure testimonianze di occupazione di almeno una parte dell’area (poi appartenuta alla città nel periodo del suo massimo sviluppo) risalgono invece al VI sec. A.C..

 

Queste sono anche le conclusioni di diversi studiosi tra cui si citano il Roppo, la Baldassarre
la M. Miroslav Marin, che sono concordi nel ritenere che l’importante città peuceta di Kelia, sorta nell’attuale territorio di Ceglie del Campo, abbia avuto almeno fino al III a.C. un ruolo di primo piano rispetto all’insediamento costiero che diede origine alla città di Bari, essendo ubicata sulla via Appia Traiana che, allora era un’importante arteria stradale a pochi chilometri dal mare. Possiamo quindi dire che le radici di Bari sono a Ceglie (l’antica Kelia) essendo quest’ultima una delle sedi principali della fiorente cultura che i Peuceti svilupparono sotto l’influsso greco a partire del IX-VII sec. a.C. Come tutte le città peucete fu presto circondata da mura, innalzate tra VIII e VI sec. a.C., in direzione di Barion (Bari), giungendo fino a metà strada, tra la Ceglie e la Carbonara d’oggi.

La dimostrazione oggettiva dell’importanza e della ricchezza del sito peuceta è attestato sia dalle autorevoli fonti storiche del tempo come Tolomeo, Stradone, Plinio, Tito Livio, sia dai più recenti Mommsen e Mola, sia dall’enorme quantità di tombe ritrovate in quest’ultimi secoli nel territorio di Ceglie del Campo. Col mutare delle condizioni storiche e sociali, l’insediamento peuceta, durante le guerre sannitiche prima citate, divenne importante Municipium romano, com’è comprovato dall’epigrafe, che parla delle importanti cariche pubbliche possedute da un suo magistrato di nome Caio Bebio. In seguito l’importanza del sito decadde fino ad essere distrutto probabilmente, intorno al IV seocolo d.C., durante le invasioni barbariche.Nel 1348 una nuova distruzione incolse la piccola terra di Ceglie: essa parteggiò coi bitontini alleati degli ungheresi qui discesi a vendicare il delitto compiuto dalla regina Giovanna il 17 settembre 1347. La regina, infatti, aveva massacrato il giovane sposo Andrea, fratello di Lodovico, re degli Ungheresi, onde sposare in secondo nozze Luigi di Taranto.Ceglie, con Carbonara, Balsignano, Buteritto portò assedio contro Rutigliano e Bari, e da quest’ultima, verso l’antico luogo dove nacque e prosperò, venne rasa al suolo. Dopo detta distruzione l’antichissima città di Ceglie, venne nuovamente saccheggiata, martoriata e distrutta così nel 1348 e nel 1799.

Quando nella notte del medioevo si affermarono gli ordini monastici basiliani e benedettini, rappresentanti nelle Puglie del monachismo orientale e occidentale, sul piano deserto della distrutta Ceglie sorsero e prosperarono le due storiche badie di Sant’Angelo Cilearum oggetto di studio e S. Nicola d’Altoselice.
Oggi purtroppo sono pochi i rinvenimenti dei due monumenti, che in nulla furono da meno per ricchezza di possedimenti, privilegi ecclesiastici ed importanza politica rispetto ad altre Badie più celebrate. Dell’abbazia di S. Angelo, detta anche Syriis, si ammirano dei ruderi e dell’accenno di qualche archetto come quello antistante il portale, c’e da desumere che la costruzione dell’Abbazia esterna risale al XIV o XV secolo.

Ceglie del campo ebbe, come abbiamo scritto precedentemente, due monasteri di rito basiliano e benedettino: Sant’Angelo Cilearum, inizialmente sede di monaci basiliani, e S. Nicola d’Altoselice, sede celebrata di benedettini. La nostra attenzione si fermerà maggiormente sulla badia di Sant’angelo oggetto del rilievo , anche perché non esistono più resti della badia di S.Nicola.
Si ignora l’origine di detta badia, nata sotto il nome di Sant’angelo in Syriis. Secondo il Garruba gli abati, che nel tempo si occuparono della badia, presero parte ai concilii provinciali celebrati da vari arcivescovi. Dai Basiliani passò ai benedettini sotto la dipendenza di un solo abate commendatario. La badia di Sant’Angelo è delimitata ad est da una fabbrica, la cui struttura fatta di pietra è caratterizzata dalla presenza di qualche arco incastrato nel muro e fa risalire detta opera esterna tra XIV e XV secolo. Degno di riguardo è il portale d’ingresso basso e largo, il cui arco è costituito da sezioni di pietra tutte perpendicolari alla tangente dell’asse principale. Al disopra di detto arco, sporge fuori simmetricamente un elegante archetto sostenuto da due lesene, sotto cui doveva esserci un icona rappresentante madonne bizantine venerate dai basiliani.
La badia era delimitata da alte mura quadrangolari, sia per la clausura che per difenderla dalle frequenti incursioni barbariche.Dal portale coperto ad arco lunato con cornici tosate alle imposte si entrava nel cortile antistante la badia destinato al passeggio e alla preghiera dei monaci: e pensabile, quindi l’esistenza di un portico coperto sostenuto da colonnine, come si vede in altre badie dell’epoca.

Rivolta al cortile era la chiesa; essa secondo il rito basiliano era rivolta ad occidente poiché il padre officiante all’altare avesse lo sguardo a oriente. La chiesa di Sant’Angelo resta ad est del monastero, ma ormai quasi tutto è distrutto; l’interno della chiesa rappresenta oggi una vegetazione spontanea. Dall’età delle piante cresciutevi si può dedurre, che la manomissione del luogo deve risalire a circa un secolo. Nell’interno dell’atrio dell’abbazia si vede un arco basso lunato, che probabilmente dava accesso alla chiesa.
Nell’interno di essa notasi delle colonne marmoree distrutte, e possiamo dire che dalle ricerche storiche effettuate vi erano delle pitture murali. La chiesa doveva avere la forma di doppia croce greca, con archi poggianti su due colonne centrali, dietro di cui doveva esservi l’abside ed il coro monastico. L’aspetto della chiesa induce a credere, che il tempio doveva essere di forma perfetta e che esso deve risalire ad epoca anteriore al 1000. Adiacente alla chiesa vi era il monastero, utilizzato fino a poco tempo come masseria e a ricovero di ovini e bovini.