L'evento che si vuole narrare è ambientato nell'anno 1503 quando Barletta era governata da Spagna, sebbene nelle vicinanze vi fossero insediamenti francesi, noti per la loro gallica arroganza.  Quella che oggi viene tramandata ai posteri come "Cantina della sfida" era nota come la locanda dell'oste Veleno, dove ebbe luogo la sfida tra cavalieri italiani, francesi e spagnoli, che poi diede vita alla famosa Disfida. Nella famosa locanda tutto ebbe inizio allorché il francese la Motte mise in dubbio il valore militare degli italiani ingenerando uno scontro che poi si trasferirà sul campo di battaglia. I francesi, mai sopita la solita arroganza, sfidarono un drappello di italiani a confrontarsi con la cavalleria francese. Tale sfida fu accettata da italiani e spagnoli, con il patto che tra gli italiani non dovesse mancare Fieramosca, giudicato il più valoroso degli italiani. Il passo successivo fu quello della preparazione dell’evento, con la preparazione del campo di Battaglia, della postazione dei giudici, dei limiti del campo di sfida. Il tutto avvenne all’interno di un campo  situato tra contrafforti del borgo di Quarato e il venato d'argento del mar Adriatico. All’interno di questo scenario quanti vi accorsero per assistere  attesero il sorgere del sole, momento deputato a dar inizio alla contesa. Una volta incontratisi sul campo, i drappelli tirarono a sorte i nomi di chi avrebbe dovuto giudicare il rispetto delle regole del gioco, una delle quali fissava in cento ducati la somma sufficiente a poter riscattare se stessi e il proprio cavallo ove mai persi in battaglia o catturati. A tal proposito la lealtà ed il rispetto degli italiani portò questi ultimi a lasciare il denaro necessario; non così fu per i francesi che, convinti della loro superiorità e sospinti dalla loro presunzione, ben pensarono che lo scontro non li avrebbe mai costretti  a dover riscattare un patriota. Tra loro, in questo momento echeggiarono le parole che Prospero Colonna, padrino della squadra italiana, rivolse ai suoi uomini : "Signori! Non crediate ch'io voglia dirvi parola per eccitarvi a combatter da uomini pari vostri: vedo fra voi Lombardi, Napoletani, Romani, Siciliani. Non siete forse tutti figli d'Italia ugualmente? Non sarà ugualmente diviso fra voi l'onore della vittoria? Non siete voi a fronte di stranieri che gridan gl'Italiani codardi?". La tromba che diede il via allo scontro creò la corsa dei due reggimenti ed immediatamente il gran polverone che ne scaturì rese la visuale degli spettatori proibitiva.


 

I Cavalieri Italiani e Francesi

 


 Subito si creò un primo gran duello tra il francese Martellin de Lambris e l’italiano Fanfulla da Lodi. Ma subito si assistette al nodo cruciale della sfida: il duello tra Ettore Fieramosca e La Motte. Lo stesso duello non ebbe storia e La Motte venne subito dopo dichiarato prigioniero da un intervento di uno dei giudici.  In questo momento gli italiani sferrarono l'ultimo e decisivo attacco allo sparuto manipolo francese sospingendo gli spettatori a stringersi attorno alla cavalleria italiana. Alle grida di: "prigioni, prigioni", i cavalieri francesi non si arresero e furono salvati dalla morte solo dalla galanteria del pubblico italiano. La disfida si concluse ed i cavalieri italiani ebbero vendicato l'onore italiano. A questo punto è doveroso ricordare le parole che Fieramosca rivolse ai francesi sconfitti: "Non vi dirò di rispettar d'or innanzi il valore italiano: dopo simili fatti le mie parole sarebbero superflue. Vi dirò bensì che impariate d'or innanzi ad onorare il valore e l'ardire ovunque si trova; ricordandovi che Dio l'ha distribuito tra gli uomini, e non l'ha accordato come un privilegio alla vostra nazione; e che il vero coraggio è ornato dalla modestia, e vituperato dalla millanteria".

 

Lo scrittore che fece rivivere la famosa Disfida di Barletta fu Massimo D'Azeglio che ci ha donato un romanzo che sottolinea la grandezza eroica degli italiani, come prova dell'amor patrio risorgimentale e del più grande evento storico del tardo Medioevo-alto Risorgimento di Puglia.