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Calotipo o Callotipo, sperimentato a partire dal 1835 e brevettato nel 1841 con un nome significativo (dal greco kalós, “bello”, e typos, “segno”, “impronta”), consiste in una stampa fotografica positiva, ottenuta attraverso il procedimento della calotipia (o callotipia), messo a punto da William Henry Fox Talbot. Venne utilizzato, soprattutto in Gran Bretagna, fino ai primi anni Cinquanta, insieme al dagherrotipo.
Il processo della calotipia prevede la realizzazione di un negativo fotografico, dal quale possono venire stampati più positivi. Il negativo si ottiene da un foglio di ordinaria carta da scrivere, resa fotosensibile attraverso successive spennellature e bagni in soluzioni di nitrato d’argento, ioduro di potassio e acido gallico. Una volta asciutto, il supporto così preparato viene posto entro una semplice fotocamera con obiettivo, pronta per la ripresa fotografica. La carta trattata, esposta alla luce solare per un tempo variabile (di solito tra i 10 e i 60 secondi), rimane impressa, producendo il negativo; seguono lo sviluppo, con acido gallico e nitrato d’argento, e il fissaggio in sodio tiosolfato.
Il processo di stampa, con cui si ricava il positivo, è detto “a contatto”: il negativo viene appoggiato a faccia in giù sopra un foglio di uguale carta fotosensibile ed esposto alla luce solare. I raggi luminosi passano attraverso le zone traslucide (chiare) del negativo, imprimendo sul foglio sottostante l’immagine al positivo: il risultato è il calotipo.
Il calotipo presentava pregi e difetti: caratterizzato dall’effetto sfumato prodotto dalla grana della carta del negativo, venne preferito dagli amanti della fotografia espressiva e rifiutato da chi apprezzava la nitidezza superiore del dagherrotipo; la possibilità di ricavare da un solo negativo numerosi positivi costituiva un grande pregio (la dagherrotipia produceva un unico positivo), come pure la facoltà di sperimentare, sempre in fase di stampa, una grande ricchezza di variazioni, nel tono, nei chiaroscuri, nel tipo di carta. Le stesse caratteristiche spiegano il suo affermarsi nel genere della fotografia di paesaggio e dello scorcio architettonico, mentre per il ritratto non resse mai la concorrenza del dagherrotipo.
Dopo il 1850 il calotipo scomparve progressivamente, sostituito dai vari processi fotografici all’albumina e al collodio.