A partire dai primi decenni del XII sec., la baronia di S. Nicandro incrementa la propria
importanza politica diventando, con Guglielmo De Tot, feudo demaniale di prim’ordine.
La terza fase, dunque, consiste in un ragguardevole ampliamento e miglioramento della qualità
architettonica del Castello; fase, tuttavia, non caratterizzata da un unico momento costruttivo
ben definito, ma da un’organica evoluzione del recinto turrito, quasi a dimostrare una sorta di
costante adeguamento della dimora alla crescente rilevanza politica del proprietario.
Le inclusioni e i rifacimenti, che trasformarono il recinto turrito in principesca e munita
residenza di un potente feudatario, consistettero nell’ampliamento del corpo di fabbrica
connesso con la cortina Nord, prospiciente la corte interna; nella costruzione di una nuova
cortina muraria concentrica al primo recinto, e di un grande corpo di fabbrica, compreso fra
due nuove torri, connesso alla faccia esterna della cortina Nord; infine, nella ristrutturazione
delle due torri appartenenti alla cortina Ovest del vecchio recinto.
Il primo intervento, in ordine di tempo, è rappresentato dal rifacimento dei due saloni al
primo piano (situati all’interno del recinto di seconda fase), coperti da una grande volta a
botte ogivale e il cui accesso è permesso dal terrazzamento X, ricavato sulla sommità del corpo
di fabbrica, di nuova costruzione, che si eleva per un solo piano.
La scalinata che permetteva l’accesso al terrazzamento, è andata distrutta, ed è sostituita,
oggi, da una nuova scala di fattura relativamente più recente, con andamento diverso da quello
originario.
Si può supporre, considerando le rilevanti analogie, che la costruzione della seconda cinta
muraria venne effettuata a breve distanza, o addirittura contemporaneamente ai lavori di
ampliamento realizzati all’interno.
Oltre all’evidente analogia tra le apparecchiature murarie, è degna di particolare attenzione
la similarità tra il portale esterno, incastonato nella nuova cinta muraria, e quello interno
che permette l’accesso ai saloni del primo piano.
Gli archi ogivali dei due portali in questione hanno un andamento, sia in intradosso sia in
estradosso, praticamente identico; uguale è anche la forma dei conci, compreso il concio unico
che va dal piano d’imposta alle reni, sul quale è soltanto scolpito il disegno di tre conci.
L’unica differenza consiste nel trattamento dei conci: nel portale esterno sono lavorati a
bauletto, in quello interno a faccia piana.
L’arco del portale esterno è completato da un sottoarco formato da piccoli conci a faccia liscia;
il piano d'imposta, inoltre, è formato da due conci sporgenti dalla particolare lavorazione,
praticamente simile alla modanatura continua, presente nei due saloni, all’imposta delle volte
a botte.
Tra i due portali si percepisce chiaramente il rapporto di complanarità esistente tra portale
principale e secondario; la situazione è analoga a quella presente nel castello di Gioia del
Colle, dove, sia il portale principale sia alcuni dei portali secondari, posti all’interno
della corte, presentano parecchie analogie con i corrispondenti portali del Castello di
Sannicandro.