Il particolare carattere, anche di questo progetto, è appunto la massima elasticità possibile fra sistema ad accesso libero (con luoghi di lettura adiacenti al deposito) e sistema ad accesso chiuso (con distribuzione centralizzata e sala di lettura separata). Il deposito si trova cioè collocato fra i due sistemi d'uso e la porzione di esso da destinare all'uno o all'altro sistema può essere facilmente modificata spostando la linea di separazione nel deposito stesso.

Questa scelta ha portato a un impianto distributivo con i libri al centro e gli spazi per la lettura posti intorno e al piede di questi.

Un altro importante obiettivo perseguito anche da questo secondo progetto è che la biblioteca sia immediatamente riconoscibile nella sua specifica qualità, cioè che l'elemento architettonicamente dominante della biblioteca siano i libri stessi, cioè la loro quantità resa apprezzabile, messa in mostra. Di qui appunto la scelta di porre al centro della composizione architettonica il deposito dei libri. E al centro di questo, a tutta altezza, l'atrio, la sala degli schedari, ecc., cioè l'elemento principale di distribuzione delle diverse parti, in modo che sia immediatamente percepibile sia la destinazione particolare dell'edificio sia proprio la quantità (che qui diventa sinonimo di qualità) di ciò che esso è destinato a custodire. Quindi un edificio a pianta centrale sviluppato intorno a un atrio a tutta altezza, letteralmente tappezzato di libri e circondato, in particolare sui lati lunghi, dal deposito vero e proprio. Il quale deposito è a sua volta a diretto contatto delle sale di lettura e consultazione disposte su tre piani.

Mentre la sua parte mediana è collegata meccanicamente con la sala comune di lettura che si trova sotto l'atrio. Nei due lati corti di quest'ultimo si trovano i collegamenti verticali e orizzontali, per il pubblico da un lato e per gli addetti dall'altro.

Anche qui, come nel progetto milanese, l'edificio della biblioteca si trova all'estremità di una lunga prospettiva architettonica. Ed è separato dagli altri blocchi edilizi da una vasta piazza pavimentata in pietra e piantumata a intervalli regolari ad aranceto ornamentale (secondo una radicata tradizione: si veda il patio della Lonja di Valencia). L'edificio della biblioteca vera e propria, interamente in mattoni a vista, si innalza su un grande zoccolo in pietra rustica che lo circonda da ogni lato e che ha circa le stesse misure della piazza antistante. Questo zoccolo è destinato a contenere tutti i principali servizi tecnici oltre che un grande parcheggio coperto. Esso fa sì che in prospettiva il volume della biblioteca appaia per intero al di sopra dell'aranceto di cui si è detto.

In questo caso l'edificio è meno compatto che nel progetto milanese, è più articolato e vi acquistano maggior rilievo i volumi secondari. Lo stretto corpo dei collegamenti verticali per il pubblico sul lato posteriore, le due basse torri che fiancheggiano la facciata principale e soprattutto il grande zoccolo di pietra viva di cui si è detto che, essendo separato dal volume della biblioteca vera e propria da una specie di fossato, diventa quasi un elemento di protezione e di isolamento rispetto al complesso degli edifici che stanno intorno.

 

Progettista Capogruppo: Giorgio Grassi

Gruppo di progettazione: Juan José Estellés, Nunzio Dego, Juan Añon, Gemma Martì